L’impugnazione del testamento olografo

L’impugnazione del testamento olografo

Quando si parla di successione testamentaria, una delle questioni da sempre più insidiose e dibattute riguarda senz’altro quella della modalità con la quale impugnare il testamento olografo.

Al fine di meglio affrontare il problema in questione è preliminarmente necessario eseguire un breve excursus in merito al concetto stesso di testamento e alle varie forme che tale atto può rivestire.

Come noto, ai sensi dell’art. 587 c.c. il testamento rappresenta un atto a mezzo del quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o parte di esse.

Il testamento tipico presenta un contenuto di natura patrimoniale, atteso che con lo stesso il de cuius potrà istituire uno o più eredi a titolo universale che subentreranno in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, e legatari, che succederanno al testatore, invece, solo in un determinato rapporto giuridico o comunque saranno destinatari di singoli beni a carico dell’eredità.

Il testamento rappresenta l’ultimo atto con il quale il testatore avrà la possibilità di far valere le proprie volontà anche post mortem, a condizione che quest’ultimo sia stato redatto in una delle forme prescritte dalla legge.

A tale riguardo, il nostro ordinamento prevede tre diversi tipi di testamento: olografo, pubblico e segreto.

Il primo tra questi, ai sensi dell’art. 602 c.c. è redatto, datato e sottoscritto di pugno dal testatore.

Il testamento pubblico, invece, è redatto con le richieste formalità da un notaio che raccoglie le ultime volontà del soggetto davanti a due testimoni.

Infine, il testamento segreto è quello contenuto in una busta sigillata che il testatore consegna al notaio alla presenza di due testimoni.

Ebbene, il testamento olografo ha, a differenza delle altre forme testamentarie, l’indiscutibile vantaggio di potersi confezionare in modo semplice e non costoso e di garantire la riservatezza circa le ultime volontà del testatore; il risvolto della medaglia, tuttavia, è che con altrettanta semplicità è possibile che tale atto venga smarrito, alterato, sottratto o falsificato rappresentando pertanto lo strumento meno sicuro per disporre le proprie ultime volontà.

Il problema dunque, nasce proprio nel caso in cui, al momento della pubblicazione del testamento (necessaria per consentirne l’esecuzione) l’erede, o presunto tale, intenda contestarne la validità perché, ad esempio, ritenga che tale atto sia stato in qualche modo alterato da un soggetto diverso dal testatore.

Sebbene non sia revocabile in dubbio che avverso il testamento olografo sia generalmente ammessa la possibilità in capo all’interessato che si assume essere stato danneggiato nei propri diritti, di impugnarne il contenuto, fortemente dibattuto è stato il problema di individuare il giusto strumento con cui poterlo fare.

A tal proposito, nel tempo si sono succeduti diversi orientamenti giurisprudenziali.

Nel silenzio del legislatore un primo orientamento partiva dall’assunto che, nonostante i requisiti di forma previsti dall’art. 602 c.c., il testamento olografo dovesse comunque configurarsi come scrittura privata sicché, per renderlo inefficace, sarebbe stato sufficiente che il soggetto contro il quale era stato prodotto, non lo avesse riconosciuto conformemente alla disciplina prevista dall’art. 214 c.p.c. in materia di disconoscimento della scrittura.

Un secondo orientamento, invece, pur senza iscrivere il testamento olografo nella categoria degli atti pubblici, ne evidenziava la rilevanza sostanziale e processuale di talché la contestazione della sua autenticità si doveva risolvere esclusivamente in un’eccezione di falso e doveva, pertanto, essere sollevata solo con i rimedi previsti dagli artt. 221 e s.s. c.p.c., con il conseguente onere probatorio a carico della parte che ne contestava la genuinità.

Orbene, in tale contesto, al fine di risolvere l’annosa querelle tra quale dei due orientamenti dovesse prevalere, le Sezioni Unite con la sentenza n. 12307/2015 decideva di optare per una terza via rappresentata dall’accertamento negativo.

In tal modo, infatti, il testamento olografo rimaneva correttamente circoscritto nell’ambito delle scritture private; si evitava l’incombenza di rinvenire i criteri che consentissero di individuare delle particolari categorie di scritture private, la cui valenza probatoria e sostanziale fosse tale da richiedere la querela di falso in luogo del disconoscimento; infine con ciò si evitava l’instaurazione di un procedimento incidentale quale quello per querela di falso, consentendo di pervenire più rapidamente ad una soluzione interna al processo.

Orbene, le Sezioni Unite parrebbero aver definitivamente scritto la parola fine all’annosa diatriba, risolvendo uno dei tanti interrogativi che hanno contribuito a rendere ostica la materia successoria.


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