L’in house providing: quante forme ne esistono?
Senza dubbio, l’istituto dell’in house providing è un argomento fin troppo discusso, sviscerato e studiato in quanto, dalla sua origine giurisprudenziale (quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea), è stato poi via via disciplinato dalla normativa europea e da quella nazionale di recepimento, che, se da un lato, ne hanno meglio definito i requisiti, dall’altro lato, ne hanno parallelamente arricchito – e spesso complicato – la fisionomia.
Appare utile ed interessante, pertanto, per chi volesse avere un quadro sintetico dell’istituto, il Parere n. 1645 del Consiglio di Stato, sez. I, del 26/06/2018 che, interpellato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all’affidamento della concessione autostradale del Brennero, ha ripercorso le origini e le evoluzioni dell’istituto, esaminandone le diverse tipologie e le differenze con altre forme giuridiche con cui oggi la pubblica amministrazione può operare (i cc.dd. accordi di cooperazione tra le pubbliche amministrazioni).
Preliminarmente, infatti, il Consiglio di Stato ricorda come con l’espressione in house providing si faccia riferimento all’affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un ente pubblico in favore di una società controllata dall’ente medesimo, senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, in ragione della peculiare relazione che intercorre tra l’ente pubblico e la società affidataria.
La società in house, infatti, è una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un “ufficio interno” dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus.
Quindi, tra l’ente e la società non sussiste un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, e tali caratteristiche della società in house giustificano e legittimano l’affidamento, senza previa gara, per cui un’amministrazione aggiudicatrice è dispensata dall’avviare una procedura di evidenza pubblica per affidare un appalto o una concessione. Ciò appunto in quanto, nella sostanza, non si tratta di un effettivo “ricorso al mercato” (outsourcing), ma di una forma di “autoproduzione” o, comunque, di erogazione di servizi pubblici “direttamente” ad opera dell’amministrazione, attraverso strumenti “propri” (in house providing), conformemente al principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche di cui all’art. 2 della direttiva 2014/23/Ue del Parlamento europeo e al Consiglio del 26/02/2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.
Ma quando una società può dirsi in house? Quali requisiti deve possedere?
Il Parere in esame ricorda come i requisiti delle società in house siano stati elaborati nel tempo dalla Corte UE, secondo cui le procedure di evidenza pubblica possono escludersi tutte le volte in cui: a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni (requisito strutturale), che richiede una partecipazione pubblica totalitaria e un’influenza determinante rispetto al soggetto affidatario; b) il soggetto affidatario realizza la parte più importante della propria attività a favore dell’amministrazione aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale), che richiede che la diversa attività, eventualmente svolta dal soggetto affidatario, debba risultare accessoria, marginale e residuale rispetto alla prima.
Oggi, però, con l’intervento delle direttive UE 23, 24 e 25/2014 in materia di appalti e concessioni, attuate con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016 (art. 5), per l’individuazione dell’in house sono espressamente richiesti tre requisiti:
controllo analogo: “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi … qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata” (art. 5, comma 1, lett. a, D. Lgs. n. 50/2016).
oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante(art. 5, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 50/2016): per determinare la citata percentuale deve prendersi in considerazione il fatturato totale medio, o altra idonea misura alternativa basata sull’attività quale ad esempio i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore nei settori dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione (art. 5, comma 7, D. Lgs. n. 50/2016). Ove a causa della recente data di costituzione della persona giuridica o dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, i criteri citati non sono utilizzabili “è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile”(art. 5, comma 8, D. Lgs. n. 50/2016).
partecipazione totalitaria: rispetto agli inizi dell’istituto, il requisito della partecipazione pubblica totalitaria è oggi divenuto autonomo rispetto a quello del controllo analogo e sono consentite forme di partecipazione diretta di capitali privati, ma a condizione che la partecipazione dei capitali privati sia prevista dalla legislazione nazionale, in conformità dei Trattati e non consenta l’esercizio di un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
E così, oltre al c.d. in house di tipo tradizionale, dalle direttive UE e dall’art. 5 del codice dei contratti pubblici sono ricavabili anche altre forme di in house, quali: a) l’in house a cascata: si caratterizza per la presenza di un controllo analogo indiretto, “tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo” (art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 50/2016); l’amministrazione aggiudicatrice esercita un controllo analogo su un ente che a propria volta esercita un controllo analogo sull’organismo in house ed anche se tra la l’amministrazione aggiudicatrice e l’organismo in house non sussiste una relazione diretta è comunque ammesso l’affidamento diretto; b) l’in house frazionato o pluripartecipato: ai sensi dell’art. 5, comma 4, D. Lgs. n. 50/2016, l’affidamento diretto è consentito anche in caso di controllo congiunto; le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono congiuntamente soddisfatte tutte le seguenti condizioni: 1) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; 2) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; 3) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti (art. 5, comma 5, D. Lgs. n. 50/2016); c) l’in house verticale “invertito” o “capovolto”: si ha quando il soggetto controllato, essendo a sua volta amministrazione aggiudicatrice, affida un contratto al soggetto controllante senza procedura di evidenza pubblica (per il Codice degli appalti “il presente codice non si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore, aggiudica un appalto o una concessione alla propria amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore controllante …” – art. 5, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016). Si verifica, pertanto, una sorta di bi-direzionalità dell’in house; la giustificazione a tale possibilità di affidamento diretto risiede nel fatto che mancando una relazione di alterità, i rapporti tra i due soggetti sfuggono al principio di concorrenza qualunque sia la “direzione” dell’affidamento; d) l’in house “orizzontale”: implica, invece, l’esistenza di tre soggetti: un soggetto A aggiudica un appalto o una concessione a un soggetto B, e sia A che B sono controllati da un altro soggetto C. Non vi è quindi alcuna relazione diretta tra A e B, ma entrambi sono in relazione di in house con il soggetto C, che controlla sia A che B; l’amministrazione aggiudicatrice esercita un controllo analogo su due operatori economici distinti di cui uno affida un appalto all’altro.
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Gabriella Sparano
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