L’inammissibilità del referendum sull’omicidio del consenziente. Aspettando la sentenza della Consulta

L’inammissibilità del referendum sull’omicidio del consenziente. Aspettando la sentenza della Consulta

Abstract (ITA) Il 15 febbraio 2022 la Corte costituzionale si era riunita in camera di consiglio per discutere sull’ammissibilità del referendum denominato “Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)” sul quesito proposto dall’ Associazione Coscioni sulla depenalizzazione del reato in oggetto. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa ha fatto sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, non sarebbe stata preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.

Abstract (EN) On February 15, 2022, the Constitutional Court met in the council chamber to discuss the admissibility of the referendum called “Partial repeal of article 579 of the Criminal Code (murder of the consenting party)” on the question proposed by the Coscioni Association on the decriminalization of the crime in question. Pending the filing of the sentence, the Communication Office and press reports that the Court has held the referendum question inadmissible because, following the repeal, even if partial, the minimum constitutionally necessary protection of human life would not have been preserved, in general, and with particular reference to weak and vulnerable people.

 

Sommario: 1. Il quesito referendario – 2. Vivere o morire. Quale diritto? – 3. Una breve lettura comparatistica – 4. La latitanza del Legislatore agli inviti della Corte costituzionale – 5. Il ruolo della scienza nel giudizio di legittimità. Una strada percorribile? – 6. Conclusioni

 

1. IL QUESITO REFERENDARIO

Il 15 febbraio i Giudici della Corte costituzionale si sono riuniti in camera di consiglio per pronunciarsi sull’ ammissibilità del quesito referendario avente a oggetto l’abrogazione parziale dell’art. 579 (Omicidio del consenziente) c.p.

Il Giudice delle leggi, dinanzi all’inerzia del Legislatore, decide di interpretare il proprio ruolo: se restare dentro i limiti della propria giurisprudenza, se, invece, dare ad essi una diversa lettura oppure se, perseguire la strada dichiarando l’illegittimità parziale come avvenuto nell’ aiuto al suicidio art. 580 c.p.[1]

Pertanto, la Corte ha ritenuto, con un comunicato stampa[2] e in attesa delle motivazioni della stessa, inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, “non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Ciò significa che l’abrogazione, anche parziale, del reato di omicidio del consenziente avrebbe potuto dare il via ad esiti inaccettabili proprio a carico delle persone più fragili questo perché “l’istituto referendario avrebbe abrogato una parte dell’articolo sull’omicidio del consenziente senza che restassero limitazioni, né garanzie sulla procedura e sulle modalità da seguire per porre fine alla vita di una persona consenziente, né tantomeno indicazioni sul consenso”. (Cesare Mirabelli, Presidente emerito della Corte costituzionale).

“Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del Codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da sei a quindici anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?”. Questo il quesito – volto a introdurre, nelle intenzioni dei proponenti, «una disciplina relativa all’eutanasia attiva in Italia»[3] – che è stato depositato il 20 aprile 20212 dal Comitato promotore per il Referendum presso la Corte di Cassazione. In meno di tre mesi è stato raccolto più di un milione di firme, complice anche la possibilità introdotta con l’approvazione di un emendamento al decreto-legge c.d. «semplificazioni», che consente la sottoscrizione delle richieste referendarie[4]mediante documento informatico e a mezzo di firma elettronica certificata.

L’art. 579 (omicidio del consenziente) del Codice penale, nell’attuale formulazione prevede che «chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. […] Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [volontario] se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». Il testo che deriverebbe dall’accoglimento del quesito referendario sarebbe il seguente: «chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». È indubbio che l’oggetto del quesito referendario sia particolarmente delicato e complesso, anche se si tiene in considerazione il contesto complessivo in cui esso si inserisce[5].

Nella prospettiva dei promotori del referendum il consenso assume un nuovo valore: da elemento che, qualificando la condotta, attenua il trattamento sanzionatorio del [comunque sussistente] omicidio, a presupposto che esclude la condotta dall’area del penalmente rilevante, salve eccezioni costruite sulla condizione delle – residuali – persone offese. Come è stato autorevolmente osservato[6] «l’asse teleologico dell’art. 579 c.p. (e cioè la finalità politico criminale ch’esso è destinato a realizzare) risulterebbe così letteralmente rovesciata: il principio dell’indisponibilità della vita, sancito dal codice Rocco del 1930[7], lascerebbe il posto a quello della disponibilità della propria vita a determinate condizioni, come quelle previste dall’ordinamento e dalla sentenza della Consulta sul caso Cappato. Con questa strada, secondo l’associazione Coscioni, “sarebbe possibile intervenire medicalmente, su richiesta della persona, per assisterla direttamente nel fine vita”. Con l’effetto di “trasformare l’eutanasia clandestina, praticata oggi in Italia, in eutanasia legale”.

La promozione del referendum, com’è noto, ha riscosso un largo consenso dalla società, tanto che, anche per via della contestuale novità della firma digitale, sono state depositate in Cassazione, in supporto, più di un milione di adesioni[8].

È pur vero che molti casi ambigui creano condotte “complesse” o “miste” che non consentono spesso di distinguere con facilità se si tratti di eutanasia mediante azione od omissione e soprattutto pongono il problema di una possibile disparità di trattamento ai danni di pazienti gravi e sofferenti affetti però da patologie che non conducono di per sé alla morte per effetto della semplice interruzione delle cure.

La sentenza 242/2019[9] della Consulta sul Caso Cappato – Antoniani (anche noto come Dj Fabo) pur aprendo a determinate condizioni a una procedura lecita nell’ambito del suicidio assistito, consente alla persona di procurarsi la morte assistita solo in modo autonomo, ma se questa non vuole o non può – a causa di malattia totalmente inabilitante – rimarrà esclusa da questo diritto. Il filo conduttore, preso in esame dalla Corte, è la tutela delle persone, in generale, e in particolare quello di evitare abusi applicativi.

2. VIVERE O MORIRE? QUALE DIRITTO

Il tema del fine vita[10] e dell’assistenza al suicidio[11] è ormai da anni all’ordine del giorno ed evoca non solo categorie giuridiche particolarmente impegnative, ma anche orizzonti di senso sconfinati e non di rado riempiti di contenuti di segno opposto in termini giuridici, filosofici, antropologici, spirituali, politici e culturali[12].

In particolare, la tematica vede da sempre contrapporsi due filosofie: quella laica, fondata sulla teoria della disponibilità della vita e quella religiosa, fondata, invece, sulla teoria della sacralità della vita, considerata un bene indisponibile all’uomo[13]non solo dalle istituzioni private e pubbliche ma, in particolar modo, dallo stesso uomo[14].

L’argomento ha coinvolto anche il diritto che spesso fatica a adeguarsi prontamente ai cambiamenti della società; basti pensare, per citarne alcuni esempi, alla vicenda di Eluana Englaro[15], di Piergiorgio Welby[16], di Alfie Evans[17] e Noa Pothoven[18] dove si evidenzia un vuoto normativo in tal senso. Allora ci si pone un interrogativo: è ammissibile il diritto alla morte[19]?

Sia a livello europeo che nel nostro ordinamento il diritto alla morte viene negato. In particolare, l’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo nega il diritto alla morte e promuove, contestualmente, quello alla vita. Il suddetto articolo dispone che “il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”.

Nel nostro Paese il diritto alla morte è rigettato dall’articolo 2 della Costituzione che costituisce il fondamento del diritto alla vita. La vita, però, non trova un riconoscimento esplicito nella nostra Carta costituzionale, in quanto nessuna disposizione prevede espressamente una tutela del diritto in questione. Il diritto alla vita viene riconosciuto implicitamente dalla Costituzione e la sua tutela costituzionale si rinviene da lettura del combinato disposto degli artt. 2 e 32 Cost., e sarebbe rafforzato, in ambito penale, dallo specifico divieto della pena di morte racchiuso nell’articolo 27, comma 4, della stessa Carta[20].

Tuttavia il tema della morte sul piano filosofico – letterale ha trovato diverse sfaccettature e nel contempo di chiarirne il significato in rapporto all’esistenza dell’uomo nel mondo: chi come Leopardi considerava la morte una liberazione[21], secondo San Tommaso Moro sono due polarità della spiritualità cristiana da non immiserire in affermazioni di principio, intransigenti ed astratte, quali sentiamo risuonare nei nostri tempi, per San Francesco D’Assisi, invece, è una sorella[22].  Il filosofo tedesco Heidegger considera la morte “come fine dell’Esserci, la possibilità dell’Esserci più propria, incondizionata, certa … indeterminata e insuperabile”[23]. Hegel afferma, invece, che la vera vita è quella dopo la morte, e che soltanto in essa è veramente e totalmente in atto, finito e concluso, il fine ultimo per cui siamo creati.

Esiste, però, un orientamento giurisprudenziale europeo che riconosce alla morte la stessa protezione della vita.

È stato rilevato che la morte è un male nella misura in cui ci priva di una parte della vita che avrebbe potuto essere piacevole[24], ma, se ci priva di un futuro di dolore e sofferenze atroci, non può essere ritenuta di per sé un male[25]. Vita e morte sono comunque legate inscindibilmente[26], in quanto beni opposti ma, allo stesso tempo, complementari dell’essere umano[27].

Proseguendo in questa direzione l’eutanasia o il suicidio assistito smetterebbero di essere considerati meri “eventi infelici” divenendo, invece, libertà attinenti non solo alla morale individuale, ma soprattutto, al diritto costituzionale, anche perché la scelta di decidere se vivere o morire è un diritto che appartiene alla persona[28] o per dirla secondo il pensiero di John Stuart Mill “su sé stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano”[29].

Il Giudice delle leggi, in questo senso, ha rimodellato, la concezione della sacralità della vita umana, che viene spogliata del suo carattere assoluto, facendo appello al rispetto della vita privata, in cui comprendere l’importanza dell’autonomia personale.

Autodecisione intesa come quel diritto ad autodeterminarsi, perché se è vero che la morte è un evento ineluttabile, l’unica vera certezza nella vita di ciascun uomo[30], è anche vero che, il morire, con i nuovi strumenti scientifici e tecnologici, è diventato sempre più governabile da parte degli uomini e rientra nell’autonomia delle scelte di ciascun soggetto[31].

Tuttavia, il nucleo fondamentale del concetto di autonomia è costituito dal diritto di fare scelte e di prendere decisioni soprattutto rispetto agli aspetti cruciali della propria esistenza e non solo quando è determinato da comportamenti (dolosi o colposi) altrui[32]. Si parla, in proposito, di recupero del governo sul proprio corpo[33].

L’ ordinamento italiano, nonostante i radicali conflitti ideologico-culturali e le ambiguità lessicali, è stato parzialmente corretto negli ultimi anni. Senza dubbio assume un rilievo particolarmente importante, per la ricostruzione della complessiva regolamentazione della materia, l’approvazione della legge 22 dicembre 2017, n. 219 che costituisce la prima organica disciplina sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento[34], definita anche “una buona legge buona”[35].

Il legislatore italiano, infatti, con l’introduzione di questa legge ha trovato un’apprezzabile composizione tra visioni opposte della vita e della morte[36], disciplinando il profilo del malato che estrinsechi il proprio rifiuto alle cure in forme giuridicamente valutabili (art. 1, comma 4), nonché lo speculare obbligo del medico di rispettarne tale decisione. Ormai non si pongono più dubbi circa la possibilità per il paziente di decidere in piena autonomia, con l’aiuto e il sostegno anche informativo del medico, quali trattamenti accettare o sospendere. Il caso Antoniani-Cappato ha evidenziato una importante lacuna dell’ordinamento, cui il successivo l’intervento della Corte costituzionale ha posto rimedio[37].

Appare chiaro che si è di fronte a un nuovo paradigma interpretativo, si deve convenire che il diritto, sia esso in forma di legge o di sentenza, non può considerarsi qualcosa di slegato dalla realtà. Affermare il diritto di suicidarsi o di essere aiutato, in qualunque tempo e situazione, va al di là delle questioni legate al fine – vita.

3. UNA BREVE LETTURA COMPARATISTICA

Un inquadramento comparatistico della disciplina sul tema del fine – vita appare particolarmente complesso. Tuttavia, possiamo affermare che ad oggi, forme di legalizzazione o depenalizzazione, di una o più forme di morte medicalmente assistita, che vanno dal suicidio assistito all’eutanasia, sono state adottate da diversi Paesi, animati da confronti o contrasti tra la sacralità della vita e l’autodeterminazione della persona.

In una prospettiva diversa da quella italiana, guardando oltre in confini nazionali, il tema del fine – vita coinvolge altri Paesi già alla fine degli anni Novanta. Tra i Paesi europei troviamo la Svizzera (dove la depenalizzazione del suicidio assistito risale al 1942, e dove dal 1982 opera la prima “clinica del suicidio”), il Belgio (dal 2002), l’Olanda (dal 2011, ma preceduto da oltre un decennio di depenalizzazione di fatto), il Lussemburgo (dal 2009), la Germania (dal 2015), Spagna (dal 2021). Nelle Americhe: la Colombia (dal 1997), il Canada (dal 2016); mentre negli Stati Uniti d’America abbiamo: Oregon (il primo a introdurre la legalizzazione nel 1998), California, Washington, Vermont, Colorado, District of Columbia, New Jersey, Hawaii, Maine, New Mexico a cui si può, secondo alcuni osservatori, aggiungere il Montana che ha depenalizzato l’aiuto al suicidio per via giudiziaria nel 2009[38].

Dei Paesi analizzati una buona parte è riconducibile al modello di civil law considerato tradizionale (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svizzera), non mancano ordinamenti nei quali il modello si è sviluppato con contaminazioni derivanti dalla circolazione di soluzioni regionali (Colombia, Uruguay) e soprattutto la rappresentanza del modello di common law non è irrilevante, sia per quanto riguarda i sistemi “puri” (Australia, Regno Unito, Stati Uniti), sia con riferimento ai sistemi che possono definirsi, per un motivo o per l’altro, ibridi (Canada). Tutti ordinamenti da ricondurre alla tradizione giuridica del mondo occidentale.

4. LA LATITANZA DEL LEGISLATORE AGLI INVITI DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Si pensi, inoltre, al ruolo del Legislatore, chiamato come è noto dalla stessa Consulta a ridefinire in modo organico la disciplina del fine – vita, che solo con la legge n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) ha deciso di regolare le disposizioni anticipate di trattamento, recependo i principi costituzionali e le indicazioni della Corte di cassazione e della Corte costituzionale, e che nel 2021 ha iniziato la discussione di un disegno di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita che presenta diversi profili di criticità.

Il Parlamento, peraltro, non ha mai dato seguito alle chiare indicazioni contenute nell’ordinanza n. 207 del 2018, con cui la Corte aveva dato del tempo per legiferare in materia ponendone in rilievo i profili di illegittimità costituzionale[39] individuando le condizioni in cui il paziente deve trovarsi per rendere lecita la condotta del terzo che lo aiuta a realizzare il proprio intento suicidario (sentenza n. 242 del 2019)[40].

Tuttavia, la Corte non ha in ogni caso mancato di fare riferimento al possibile intervento all’ Organo legislativo, con diversi moniti per regolamentare la disciplina. A seguito della sentenza n. 242 del 2019, il Legislatore ha assunto una iniziativa normativa che peraltro presentava molteplici profili di criticità, discostandosi dalle linee guida che la Corte costituzionale[41] aveva stabilito oltre ad evidenti criticità sul piano della tecnica normativa: si tratta del Testo unico recante Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita (che raccoglie i testi dei disegni di legge nn. 2-1418-1586-1655-1875-1888-2982-3101-A), approvato dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera dei deputati il 9 dicembre 2021 e posto in discussione in Assemblea il 13 dicembre.

Questo a dimostrazione come la collaborazione tra Parlamento e Corte costituzionale è sempre stata fragile per quanto riguarda le decisioni monitorie o di incostituzionalità accertata ma non dichiarata: l’inazione durante l’anno intercorso tra l’ord. n. 207/2018 e la sent. n. 242/2019 non fa altro che rafforzare questa constatazione[42].

L’analisi della disciplina e di alcuni profili problematici circa il delicato e complesso rapporto che si è delineato tra il Giudice delle leggi e il Legislatore sul tema del fine – vita, sembra essere stata confermata dalla decisione di inammissibilità del quesito referendario. Questo perché il bilanciamento di interessi in gioco non può essere delegato esclusivamente alle Corti, ma impone un intervento concreto che adegui la legislazione ad una nuova sensibilità sociale[43]. Va tenuto presente, infatti, che né i giudici comuni, né il Giudice delle leggi possono sostituirsi integralmente al Legislatore[44] al momento privo di dare adeguate risposte.

Occorre ricordare che si è trattato di un quesito referendario che si pone nel solco di grandi referendum del passato, dove tematiche maggiormente sensibili (testamento biologico, aborto, divorzio), implicavano scelte di civiltà etica e giuridica. Motivo per cui la legiferazione è sempre stata differita e mai considerata come necessaria creando così un vuoto normativo.

5. IL RUOLO DELLA SCIENZA NEL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ. UNA STRADA PERCORRIBILE?

Nel caso in esame la Consulta è stata costretta ad assumersi un ruolo di supplenza non voluta, alla luce dell’inerzia del Parlamento, e mostra in modo ancora più evidente un problema del processo costituzionale che è chiaro da anni, almeno secondo una parte della dottrina[45].

Sarebbe molto utile coinvolgere direttamente gli scienziati nel processo per una più completa lettura motivazionale soprattutto su temi etici, che coinvolgono la vita delle persone. Se si fosse percorsa questa strada, probabilmente, avremmo avuto la possibilità di farci chiarire quali sono le modalità con cui organizzare eventualmente l’aiuto al suicidio, quali le conseguenze, gli effetti di alternative cure, in casi di estrema sofferenza, quali sono i comitati etici territoriali e la loro effettiva idoneità a dare un parere. Tutti interrogativi che rimangono aperti e che, inevitabilmente, portano confusione e conflitti, lasciando in sospeso una risposta chiara di fronte ai tanti dubbi di una società che chiede, una risposta per l’affermazione della propria idea di vita, e quindi anche di morire.

Il problema della rilevanza dei dati scientifici è cruciale soprattutto nei giudizi di merito, ove la tentazione di delegare alle scienze “certe” ciò che il giudice non ritiene di poter decidere sulla base dei soli strumenti giuridici costituisce ormai un problema di grande rilievo.

Le massime di esperienza, le nozioni di senso comune, la “normalità” dei fatti di natura, non possono più riempire le aree di contenimento in cui sfuma il ragionamento giuridico in senso stretto[46].

In una realtà dove la vita e la morte non sono determinati più soltanto dal percorso naturale, e dove la macchina tecnologica avanza a passi veloci, anche i diritti ormai hanno subito questo atteggiamento che ha influenzato la loro disciplina. I diritti della personalità (l’identità sessuale, la procreazione, gli atti di disposizione del proprio corpo), la privacy, il diritto alla salute, il diritto di proprietà intellettuale, e altri profili dei diritti fondamentali sono stati vincolati dalle acquisizioni della scienza e delle tecnologie.

È un contesto ben noto al giudice civile e penale[47].

Ciò sembrerebbe non riguardare il Giudice delle leggi. Per la Corte costituzionale questo resta un orizzonte lontano.

I dati della scienza fanno capolinea nella giurisprudenza costituzionale soprattutto quando è chiamata ad un’indagine più serrata ogni qual volta gli elementi fattuali e previsionali appaiano prima visu non del tutto immuni da critica e la legge “si palesi in contrasto con quelli che ne dovrebbero essere i sicuri riferimenti scientifici o la forte rispondenza alla realtà[48].

Eppure, nella nostra Carta costituzionale non manca una protezione della libertà di ricerca scientifica, anzi vi sono ben due previsioni: la norma “promozionale” racchiusa nell’ art. 9 (La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica), e quella di segno “negativo” contenuta nell’art. 33 (L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento). Non tutte le costituzioni contengono previsioni specifiche a garanzia della libertà della scienza: di solito essa è prevista solo nelle costituzioni più moderne[49].

Ci sono, infatti, episodi in cui la Corte costituzionale ha pronunciato alcune interessanti sentenze che le hanno consentito di misurarsi con tematiche di spiccata caratura scientifica: si pensi, a titolo semplificativo, alla sent. n. 282/2002 con cui la Consulta ha sancito l’incostituzionalità di una legge regionale marchigiana che vietava in via precauzionale l’utilizzo di terapie, come il c.d. elettroshock, ritenute lesive del diritto all’integrità psicofisica degli individui. Oppure alla sent. n. 162/14, relativa al divieto di fecondazione eterologa contenuto nella l. 40/200464, alla sent. n. 274/14, concernente il trattamento terapeutico c.d. “Stamina”. Il vivace dibattito dottrinale[50] che le ha accompagnate dimostra, si tratta di pronunce importanti sotto diversi profili.

Evidente è la necessità che il Legislatore deve tenere, nel dovuto conto, le acquisizioni scientifiche che riguardano i temi che si trova a legiferare calibrando ogni diritto ed interesse in gioco con la precisione di un buon medico; ma altrettanto chiara sembra risultare l’esigenza di ricavare un’adeguata e tempestiva risposta.

6. CONCLUSIONI

Nel breve spazio di questo contributo possiamo ritenere che anche con l’intervento della Corte e si spera, in un futuro non troppo lontano, del Legislatore, le diverse problematiche che coinvolgono il dibattito pubblico e sociale possano trovare una stabile risoluzione.

In ogni caso, in termini metodologici, emerge la necessità che il diritto che si occupa di disciplinare tematiche così delicate si apra a valutare con estrema attenzione i cambiamenti veloci della società, i progressi delle nuove tecnologie e l’impatto che tali risultati posso avere sul diritto evitando al Legislatore di fuggire.

Pertanto, una delle sfide a cui il costituzionalismo contemporaneo è chiamato a rispondere è quella di porre le basi per costruire una riforma organica di regole, principi, rapporti tra istituzioni, priva di ripercussioni elettorali, che vede come unico destinatario la libertà del cittadino.

 

 

 

 

 


[1] La Corte Costituzionale, con sentenza del 22 novembre 2019, n. 242, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della Legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
[2] https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20220215193553.pdf.
[3] Si veda il sito ufficiale del Referendum abrogativo. Il referendum era stato annunciato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 95 del 21 aprile 2021, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/04/21/95/sg/pdf.
[4] Si tratta del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021, convertito in legge n. 108 del 29 luglio 2021.
[5] M. D’amico – B. Liberali, Il referendum sull’art. 579 c.p.: aspettando la Corte costituzionale. Atti del Convegno del 15 dicembre 2021 su “Il referendum sull’art. 579 c.p.: aspettando la Corte costituzionale” – Università degli Studi di Milano, in La rivista del Gruppo di Pisa, Fascicolo speciale 4°, 1/2022.
[6] T. Padovani, Note circa il referendum sull’art. 579 c.p. e la portata sistematica della sua approvazione, in Giurisprudenza penale, 2021, pp. 7-8. G. Battarino, L’iniziativa referendaria sull’articolo 579 del codice penale: gli scenari possibili, articolo in Questione Giustizia, 1° settembre 2021, https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-referendum-silente-sull-articolo-579-del-codice-penale-note-minime.
[7] G. Marini, voce Omicidio, in Digesto delle discipline penalistiche, VIII,1994, p. 524; Cass., I, sentenza n. 2501 del 7 aprile 1989 – 22 giugno 1990: «La speciale configurazione data all’omicidio del consenziente e la sua sussunzione in un’autonoma e tipica ipotesi di reato, nella quale sono previste pene edittali minori rispetto al comune omicidio volontario, sono fondamentalmente derivate dalla considerazione che, seppure ivi figuri legislativamente consacrata l’indisponibilità del bene della vita pure da parte del titolare del relativo diritto, tuttavia alla configurazione della fattispecie partecipa proprio il consenso della persona offesa che, negli altri casi, scrimina la condotta dell’autore (art. 50 cod. pen.). Ciò trova conferma nella configurazione del terzo comma dell’art. 579 cod. pen., nel quale si ripristina la ravvisabilità delle disposizioni relative all’omicidio (artt. 575 – 577 cod. pen.) ogni qual volta la manifestazione di volontà del consenziente debba ritenersi viziata in conseguenza di presunzione legale o di accertamenti di fatto».
[8] F. Gallo (Ass. Coscioni): “Referendum unico strumento per il diritto all’autodeterminazione”,  https://referendum.eutanasialegale.it/referendum-eutanasia-superato-il-milione-di-firme.
[9] La Consulta, nel vicenda in esame, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. «nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), ovvero quando agevola l’esecuzione del proposito di suicidioautonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». Cfr. Corte cost. n. 242 del 2019.
[10] La “buona morte” è il significato greco di eutanasia, ovvero l’atto che provoca intenzionalmente il decesso di un paziente in accordo con la sua volontà ed a sua volta si suddivide in eutanasia attiva allorché viene somministrato un farmaco letale, ed eutanasia passiva quando viene sospeso un trattamento sanitario salvavita.
[11] Parliamo invece di “suicidio assistito” in tutti quei casi nei quali il medico non assiste direttamente all’ingestione di farmaci letali che il paziente terminale ha chiesto in prescrizione ed autonomamente ha deciso di ingerire.
Ove impossibilitato all’autonoma ingestione, una persona collabora alla realizzazione e compimento dell’assunta decisione di porre fine alle proprie sofferenze.
[12] Si tratta di temi per cui, in questa sede, sarebbe impossibile segnalare, anche in termini del tutto sommari, i principali contributi dottrinali intervenuti solo negli ultimi anni. Per questo motivo, le indicazioni bibliografiche saranno limitate e esemplificative.
[13] A. Bernabale, Recenti sviluppi in tema di fine-vita e assistenza al suicidio nella giurisprudenza costituzionale italiana e tedesca, in Diritto penale della globalizzazione, 26 novembre 2020.
[14] Rappresenta efficacemente la distanza tra visione laica e visione cattolica del tema. La Chiesa Cattolica è schierata nettamente contro l’eutanasia, considerandola equivalente all’omicidio o al suicidio. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (Parte III, Sezione III, Capitolo II, Articolo V) al numero 2277 si legge che “qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, malate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un’azione oppure una omissione che, da sé o intenzionalmente provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo creatore. In tal senso si veda il confronto tra L. Manconi e V. Paglia, in Il senso della vita. Conversazioni tra un religioso e un poco credente, Torino, Einaudi, 2021.
[15] Eluana Englaro inseguito ad un incidente stradale ha vissuto in coma vegetativo per ben 17 anni, inseguito a una travagliata vicenda giudiziaria si è provveduto alla interruzione della nutrizione artificiale, causa di morte naturale. Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 16.10.2007 n. 21748.
[16] Piergiorgio Welby era affetto da distrofia fascioscapolomerale, che lo costrinse per molto tempo a respirare con il respiratore artificiale. Le atroci sofferenze lo spinsero a chiedere la sospensione della respirazione artificiale e la sedazione profonda per non soffrire ulteriormente; la sospensione fu effettuata dal dott. Riccio, a carico del quale si svolse una lunghissima vicenda giudiziaria. Cfr. GUP Trib. Roma, sent. 23. 07.2007 n. 2049.
[17] Alfie era un bambino affetto da una rara encefalopatia epilettica pediatrica, definita dai medici incompatibile con la vita e per tanto i giudici di Liverpool autorizzarono il distacco della ventilazione artificiale nonostante il diniego dei genitori. Cfr. Court Of Appeal (Civil Division). [2018] Ewca 984 (Civ).
[18] Noa era una diciassettenne olandese affetta da disturbi psichici, nella qualità di anoressia e autolesionismo, causati da due stupri. Poiché la sua richiesta di essere aiutata a morire non è stata mai esaudita, si è lasciata morire di fame e di sete.
[19] U. Veronesi, Il diritto di morire: la libertà del laico di fronte alla sofferenza, Mondadori, 2005.
[20] Cfr. Corte cost., n. 54 del 1979 e n. 223 del 1996.
[21] Cfr. il “Dialogo di Tristano e di un amico” di G. VERRI.
[22] M. Bollati, Come può la morte essere sorella? Consultabile in www.sanfrancescopatronoditalia.it
[23] I. Cianciosi, La morte nella letteratura contemporanea- da Kundera a Delillo, 2017.
[24] S. Maffettone, Il valore della vita. Cosa conta davvero e perché, Luiss University Press, 2016.
[25] S. Kagan, Lezioni di filosofia sulla vita e la sua fine, Mondadori, 2019, cit., pag. 284.
[26] Sul rapporto che intercorre tra vita e morte, si veda R. Dworkin, Il dominio della vita, che sottolinea come si viva l’intera vita all’ombra della morte, e si muoia all’ombra della nostra intera vita. S. Maffettone, Il valore della vita, cit., pp. 241 ss. evidenzia la morte come aspetto fondamentale della vita, di converso, S. Kagan, Sul morire, cit., pp. 323 ss sul vivere al cospetto della morte.
[27] Si veda, tra i tanti, il caso Lambert c. Francia (Corte Edu, Grande Chambre, 05.06.2015, n. 46043/14) in C. Casonato, Un diritto difficile. Il caso Lambert fra necessità e rischi, in Nuova giur. civ. comm., 2015.
[28] J. M. Scherer, R. J. Simon, Euthanasia and the right to die: a comparative view, 1999.
[29] J.S. Mill, Saggio sulla libertà, il Saggiatore, Milano, 2009.
[30] Sul carattere ineluttabile della morte insistono S. KAGAN, Sul morire, cit., pp. 303 ss.; P. FLORES D’ARCAIS, Questione di vita e di morte, Einaudi, 2019.
[31] Sul diritto di morire dignitosamente come conseguenza dell’avanzata della tecnica C. TRIPODINA, Diritti alla fine della vita e Costituzione, in  BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto: N. 25 (2019).
[32] P. Cendon, I diritti dei più fragili. Storie per curare e riparare i danni esistenziali, Milano, 2018.
[33] S. Rodotà, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, 2006.
[34] M. D’amico, S. Bissaro, Il referendum sull’art. 579 c.p., tra (presunti) obblighi di penalizzazione ed esigenze di protezione delle persone più fragili, in G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi (a cura di), La via referendaria al fine vita. Ammissibilità e normativa di risulta del quesito sull’art. 579 c.p. in Forum di Quaderni costituzionali, 2022.
[35] S. Canestrari, Una buona legge buona (ddl recante “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”), in Riv. Italiana di Medicina Legale (e del Diritto in campo sanitario), 3/20217.
[36] L. Risicato, Le chiavi della prigione. La Corte costituzionale fissa i nuovi confini dell’autodeterminazione responsabile nell’inerzia del legislatore in G. D’alessandro-O. Di Giovine, La Corte costituzionale e il fine vita. Un confronto interdisciplinare sul caso Cappato-Antoniani, collana Law and Legal Institutions, Giappichelli, 7/2020.
[37] M. D’amico, Aspettando la Corte costituzionale: alcune riflessioni sul referendum sull’art. 579 c.p., in La rivista del Gruppo di Pisa, Fascicolo speciale 4°, 1/2022.
[38] A. D. Colombo, Suicidio assistito ed eutanasia. Lezioni da nove paesi e da trent’anni di applicazione, 9 febbraio 2022, www.cattaneo.org.  Sulla Svizzera si vedano (Bartsch et al., 2019; Bosshard et al., 2016; Lewy, 2010). Su Olanda, Belgio e Usa (Lewy, 2010; Padubidri et al., 2021; Groenewoud et al., 2021; van der Geest and Satalkar, 2021; Norwood, 2018).
[39] M. D’amico – B. Liberali, Il Referendum Sull’art. 579 C.P.: Aspettando La Corte Costituzionale, op. cit.
[40] F. Biondi, L’ordinanza n. 207 del 2018: una nuova soluzione processuale per mediare tra effetti inter-partes ed effetti ordinamentali della pronuncia di incostituzionalità, in Forum di Quaderni costituzionali, 1/2019. P. Carnevale, Sull’esito del rinvio al legislatore e sui suoi possibili riflessi sulla ripresa della trattazione del caso Cappato. Valutazioni prognostiche sul percorso decisionale inaugurato dall’ordinanza n. 207 del 2018 della Corte costituzionale, 1/2019.
[41] B. Liberali, Un’occasione “storica” per la Corte costituzionale (fra giudizio di ammissibilità del referendum sull’omicidio del consenziente e iniziativa legislativa sul suicidio assistito)?  in La rivista del Gruppo di Pisa, Fascicolo speciale 4°, 1/2022.
[42] A. Ridolfi, Il diritto di morire è un diritto costituzionalmente tutelato? (Considerazioni a partire dai casi Cappato-Antoniani e Trentini), in Costituzionalismo.it, 1/2021; S. Talini, Il controverso rapporto tra giurisprudenza costituzionale, scelte parlamentari e decisioni di Strasburgo: considerazioni di sistema a partire dalla nuova udienza “sul caso Cappato”, in Costituzionalismo.it, 2/2019. L’autrice, in questo articolo, sottolinea come il mancato intervento del legislatore al 24 settembre 2019 sia riprova dell’affermarsi di una cultura anticostituzionale nei rapporti tra gli organi tra gli attori (giudici e Parlamento) chiamati a dar concreta attuazione al dettato costituzionale: in questa ottica, la graduale tendenza del Parlamento a relegare pronunce giurisdizionali nel perpetuo limbo dell’ineffettività contribuisce ad alimentare un sempre più pericoloso rapporto oppositivo tra Legislatore e giudici, cui corrisponde un divario progressivamente più accentuato tra agire politico e scelte operate secundum Constitutionem.
[43] P. Bilancia, Dignità umana e fine vita in Europa. Liber amicorum per Pasquale Costanza, in Consulta online, 2020.
[44] Cfr., in tal senso, G. Fornero, Indisponibilità e disponibilità della vita. Una difesa filosofica giuridica del suicidio assistito e dell’eutanasia volontaria, Utet, Milano, 2020. L’autore sottolinea come la Corte costituzionale è chiamata a giudicare le leggi, non crearle: in determinate circostanze, come il caso Cappato-Antoniani, può dettare una disciplina transitoria immediatamente applicabile, ma non può assumere il ruolo di conditor ius al posto del Parlamento. Di conseguenza, prosegue Fornero, la decisione della Corte non può essere considerata un punto di arrivo, ma un punto di partenza per il successivo intervento del legislatore.
[45] V. Marcenò, La solitudine della Corte costituzionale dinanzi alle questioni tecniche, in Quaderni costituzionali, 2019, II, 393 ss.; M. D’amico, Le incertezze dell’istruttoria nel giudizio costituzionale, in Diritto e Società, 3/2019. Si veda inoltre M. D’amico, Il “fine vita” davanti alla Corte costituzionale fra profili processuali, principi penali e dilemmi etici (Considerazioni a margine della sent. n. 242 del 2019), in Osservatorio AIC, 1/2020.
[46] Cfr. M. Taruffo, Senso comune, esperienza e scienza nel ragionamento del giudice, in Riv.trim.dir.proc.civ.,2001.
[47] G. Silvestri, Scienza e coscienza: due premesse per l’indipendenza del giudice, in Dir.pubbl., 2004, 411 ss.
[48] L. Violini, Sui contrasti tra valutazioni giuridiche e valutazioni scientifiche nella qualificazione della fattispecie normativa: la Corte compone il dissidio ma non innova l’approccio, in Giur. Cost., 1998.
[49] R. Bin, La Corte e la scienza. Relazione al Seminario “Bio-tecnologie e valori costituzionali il contributo della giustizia costituzionale”, Parma 19 marzo 2004.
[50] D. Servetti, Riserva di scienza e tutela della salute. L’incidenza delle valutazioni tecnico-scientifiche di ambito sanitario sulle attività legislativa e giurisdizionale, Pacini Giuridica, 2019; G. Rangone, Scienza e diritto nell’argomentazione della Corte costituzionale, in Gruppo di Pisa, 3/2015.

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avv. Gianvito Campeggio

Laurea in Giurisprudenza presso Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano. Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL) – Università del Salento. Specializzazione in Tecniche normative (Corso di "Drafting Legislativo") conseguito presso la Luiss School of Law. Le mie esperienze sono, in qualità di avvocato, collaborazioni presso diversi studi professionali, in campo amministrativo e civile, nonché esperienze di docenza e collaborazioni in ambito accademico, sia presso la Luiss sia presso l'Università del Salento. In Luiss sono assistente di Istituzioni di Diritto Pubblico presso il Dipartimento di Scienze Politiche (cattedra del prof. Guido Meloni) e ho collaborato con il Laboratorio di Tecniche Normative (dott.ssa Elena Griglio - consigliere parlamentare del Senato) e sono stato tutor degli studenti. Presso l'Università del Salento sono collaboratore presso il Centro di Ricerca Euroamericano sulle Politiche Costituzionali (diretto dal Prof. Michele Carducci) e referente per l’area di ricerca relativa alle Tecniche normative e ricercatore nella sezione Ecologia Costituzionale. Sono stato, inoltre, tutor di diversi Istituti giuridici e Scuole di formazione politica, nonché membro di diverse realtà associative (es. Gruppo di Pisa). Sono membro del Consiglio direttivo Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati) – sez. Lecce e componente del Dipartimento Diritti umani a livello nazionale. Ho frequentato diversi corsi di formazione in ambito politico – amministrativo.

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