L’incerto perimetro della violenza sessuale di gruppo di cui all’art. 609 octies c.p.

L’incerto perimetro della violenza sessuale di gruppo di cui all’art. 609 octies c.p.

Sommario: 1. La violenza sessuale di gruppo: premessa – 2. Il fatto tipico – 3. Questioni applicative e il labile discrimen tra la violenza sessuale di gruppo e il concorso ex art. 110 c.p. nel delitto di violenza sessuale individuale – 4. Concorso di persone nella violenza sessuale di gruppo – 5. La circostanza attenuante del contributo di minima importanza – 6. Pluralità di atti e continuazione – 7. Il trattamento sanzionatorio. Considerazioni conclusive

 

1. La violenza sessuale di gruppo: premessa

La fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p., rubricata “violenza sessuale di gruppo”, punisce la “partecipazione” – da parte di “più persone” “riunite” – ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p.

L’introduzione della disposizione de qua ha costituito una delle novità più significative della legge di riforma dei reati contro la violenza sessuale (L. 15/02/1996, n. 66).

La ratio perseguita dal Legislatore si rinviene nella volontà di sottoporre ad un trattamento sanzionatorio estremamente severo un fenomeno particolarmente odioso, ovverosia la violenza sessuale commessa da una pluralità di agenti ai danni di un’unica vittima. In simili ipotesi il rigore della risposta punitiva si giustifica, da un lato, per le condizioni di minorata difesa in cui viene a trovarsi la vittima rispetto alla condotta tenuta dal “gruppo” (la quale, consapevole di essere in balìa di più soggetti, avrà minori possibilità di difendersi e di resistere alla violenza) e, dall’altro, per la maggiore pericolosità sociale e capacità a delinquere degli autori del reato.

L’art. 609 octies c.p. configura una fattispecie di reato plurisoggettiva a carattere necessario che sembra distinguersi da quella monosoggettiva per il diverso impulso che spinge il reo ad agire: le indagini empirico-criminologiche rivelano che la violenza sessuale di gruppo non è determinata da una mancata inibizione della pulsione libidica, quanto piuttosto dalla carica di aggressività extrassesuale o dalla motivazione ludica insita nel soggetto attivo[1].

L’obiettivo preso di mira dal Legislatore del 1996 è stato sostanzialmente confermato dalla L. del 19.07.2019, n. 69, con la quale è stato, in primo luogo, inasprito il trattamento sanzionatorio («da sei a dodici anni» si è passati ad una pena che oscilla tra un minimo di otto e un massimo di quattordici anni) e, in secondo luogo, modificato il terzo comma della disposizione, prevedendo l’applicabilità delle circostanze aggravanti di cui all’art. 609 ter c.p.

2. Il fatto tipico

Dal punto di vista del soggetto attivo, la norma richiede necessariamente una pluralità di agenti affinché possa dirsi integrata la disposizione; da ciò discende che si è in presenza di una fattispecie a concorso necessario.

La peculiarità dell’art. 609 octies c.p. risiede nel concetto di “gruppo”, una nozione in grado di trasformare in autonomo titolo di reato l’ipotesi più diffusa e consueta di concorso di persone materiale nel reato, quale è data dalla presenza simultanea di almeno due soggetti alla fase esecutiva.

La giurisprudenza maggioritaria è sul punto praticamente unanime nel ritenere che ai fini della configurabilità della fattispecie sia sufficiente la simultanea presenza di due soli soggetti[2].

Sebbene la tesi appaia maggiormente in linea con le istanze general-preventive che animano la disposizione, devono tuttavia sottolinearsi le evidenti frizioni che possono sorgere, così ragionando, sul piano letterale e sistematico. Se il Legislatore ha richiesto la presenza di “più persone” per la configurabilità del concorso di cui all’art. 110 c.p. – rispetto al quale è sufficiente la presenza di due soli soggetti – non si comprende per quale ragione la medesima espressione non sia stata utilizzata con riguardo all’art. 609 octies c.p.

Il concetto di “gruppo” sembra piuttosto alludere alla necessaria compresenza di almeno tre persone riunite, il che sarebbe capace, da un lato, di offrire una maggiore proporzionalità tra la condotta tenuta e l’offesa arrecata in punto di dosimetria della pena e, dall’altro, consentirebbe di distinguere più agevolmente la fattispecie plurisoggettiva dal concorso di persone nel reato monosoggettivo di cui all’art. 609 bis c.p[3].

Resta ferma, comunque, l’idea che il cuore della disposizione non risieda tanto nel dato quantitativo dei soggetti coinvolti, quanto piuttosto nel sintomatico agire collettivo del gruppo.

Sicché, anche sul terreno della colpevolezza, il dolo dei partecipi richiede un quid pluris rispetto alla mera coscienza e volontà di compiere la violenza sessuale, ovverosia il fatto che ogni singolo componente del gruppo deve avere la consapevolezza dell’interazione di tutte le condotte finalisticamente orientate alla violenza.

Per quanto concerne la descrizione della condotta materiale, essa orbita attorno a tre concetti chiave: “partecipazione”, “di più persone riunite”, “agli atti di violenza sessuale”.

Con riferimento al requisito della “partecipazione” esso non richiede che tutti i componenti del gruppo compiano degli atti sessuali in danno della vittima, ma è sufficiente che il compartecipe fornisca un contributo causale alla commissione del delitto ovvero che egli realizzi anche soltanto una frazione della condotta tipica.

In altri termini, affinché ricorra il disposto di cui all’art. 609 octies c.p. non è necessario che l’atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, atteso che esso può piuttosto essere commesso a turno ovvero da uno solo dei responsabili, purché al cospetto di tutte le persone (“più persone riunite”)[4].

Di talché, l’elemento caratterizzante la disposizione in esame sarebbe costituito dalla contemporanea presenza – nel luogo ove viene consumato il reato – di almeno due soggetti, tale da produrre effetti fisici e psicologici nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione.

Preme a tal riguardo precisare che l’art. 609 octies c.p. non colpisce il semplice fatto della presenza intimamente adesiva ad atti di violenza sessuale: non basta che le persone siano “riunite”, ma occorre che i diversi soggetti realizzino una “partecipazione ad atti di violenza”. Il perno dell’incriminazione autonoma e qualificata, perciò, ruota attorno alla necessaria cooperazione dei concorrenti nell’immediata esecuzione degli atti sessuali, tale da far sì che la condotta di ciascun componente del gruppo – oltre a fornire un contributo oggettivamente rilevante all’esecuzione – si estrinsechi in forme comportamentali distinte e ulteriori rispetto al partecipare quale mero spettatore ad atti sessuali materialmente realizzati da un solo correo.

Ulteriori questioni, infine, sono sorte con riguardo agli “atti di violenza sessuale”. Sebbene l’orientamento dominante sia dell’opinione secondo cui il requisito andrebbe individuato con riferimento a tutte le ipotesi di reato di cui all’art. 609 bisc.p. (tanto nella condotta costrittiva, commessa con violenza, minaccia o abuso di autorità, quanto in quella induttiva[5]), non sono mancate interpretazioni di segno opposto[6] tese a circoscrivere la portata della disposizione ai soli atti violenti[7], al precipuo scopo di destinare un trattamento punitivo tanto elevato alle sole condotte violente (al contempo espressive di una pregnante carica di aggressività tale da giustificare il carico sanzionatorio).

3. Questioni applicative e il labile discrimen tra la violenza sessuale di gruppo e il concorso ex art. 110 c.p. nel delitto di violenza sessuale individuale

Sebbene la disposizione di cui all’art. 609 octies c.p. appaia prima facie sprovvista di criticità sul piano teorico, a diverse e opposte conclusioni si perviene avendo precipuo riguardo al piano strettamente applicativo.

Si assiste ad una svariata casistica giurisprudenziale densa di contraddizioni e aporie che rendono scarsamente determinata la disposizione in esame, al punto da dubitare di quale sia l’esatto contenuto del fatto tipizzato prima e dell’effettiva proporzionalità tra la sanzione prevista e l’offesa arrecata dopo.

Il vero punctum dolens della norma – idoneo a ridondare sul delicato discrimen tra la violenza sessuale di gruppo e il concorso di persone nella fattispecie monosoggettiva – attiene all’esatto inquadramento della condotta del compartecipe che, non compiendo materialmente l’atto sessuale in danno della vittima, sia comunque presente sul luogo del delitto.

L’orientamento della Corte di Cassazione è ormai granitico nell’asserire che «la violenza sessuale di gruppo si distingue dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale perché non è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, l’accordo della volontà dei compartecipi, ma è necessaria la simultanea, effettiva presenza dei correi nel luogo e nel momento della consumazione del reato, in un rapporto causale inequivocabile»[8].

Ed allora, il nocciolo della questione risiede proprio nel modo in cui deve essere inteso il rapporto causale rilevante ex art. 609 octies c.p.

Un primo orientamento[9] ritiene che il rapporto causale de quo non deve essere necessariamente considerato quale causalità in senso strettamente materiale, ben potendo apprezzarsi un contributo in termini di concorso morale, a condizione che sia rispettato l’ulteriore requisito della contestualità spaziale (“più persone riunite”).

Così ragionando, mentre l’art. 609 octies sarebbe integrato laddove il concorrente, materiale o morale, sia presente sul luogo del delitto, il concorso ex artt. 110 e 609 bis sarebbe configurabile solo nelle forme dell’istigazione o del consiglio da parte di chi non partecipi materialmente all’esecuzione del reato e neppure sia presente nel momento e nel luogo della perpetrazione della violenza.

Da ciò discende che sarà punibile a titolo di violenza sessuale di gruppo la mera presenza fisica di un soggetto, nel luogo e nel momento in cui gli atti sessuali sono compiuti (anche da un solo compartecipe), atteso che da detta presenza deriverebbe tout court il rafforzamento – in termini di rilevanza causale – della volontà criminosa dell’autore dei comportamenti tipici.

Purtuttavia, appare davvero sproporzionato, soprattutto alla luce della severa risposta punitiva che ne deriverebbe, configurare la violenza sessuale di gruppo allorquando uno solo dei membri compie l’atto e il compartecipe si limita ad assistere[10].

La possibilità di colpire – mediante l’incriminazione de qua – meri spettatori compiaciuti o solo parzialmente, o implicitamente, o apparentemente consenzienti all’evolversi del rituale sessuale realizzato materialmente da un terzo o da altri costituirebbe un’eventualità destituita di fondamento giuridico[11].

L’aspetto centrale del differenziato disvalore d’azione atto a trasformare il semplice concorso eventuale nella fattispecie autonoma della violenza sessuale di gruppo è costituito dal fatto che il contributo alla violenza si intensifica e si aggrava per effetto della simultanea presenza e interazione delle condotte[12].

Sicchè, per una soluzione più aderente al principio di offensività, la condotta del soggetto rimasto inerte – in assenza di qualsivoglia interazione causalmente rilevante – dovrebbe semmai essere ricondotta nell’alveo del concorso morale del partecipe che assiste al reato di violenza individuale commesso dall’autore[13].

Una siffatta ricostruzione consentirebbe, da un lato, di ritenere perfezionato l’art. 609 octies c.p. solo ove la condotta del reo assuma la forma del concorso materiale e, di converso, di circoscrivere la violenza sessuale monosoggettiva alle sole ipotesi di concorso morale (sia esse avvenute sul luogo e nel momento del delitto sia esse estranee alla condizione della contestualità spaziale)[14].

Più in particolare, appare meritevole di accoglimento la tesi secondo cui, a fronte dell’intervenuta tipizzazione della violenza sessuale di gruppo, l’area del concorso di persone nel reato di cui all’art. 609 bis c.p. va ricavata “per sottrazione”, ricomprendendovi tutte le ipotesi non sussumibili nella fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p. In tal modo sarebbe, altresì, rispettata la ratio sottesa all’istituto del concorso di persone eventuale il quale – al precipuo scopo di estendere la punibilità a condotte non riconducibili alla figura di reato individuale – richiede al contempo che la condotta di partecipazione non sia già tipica ai sensi di una specifica disposizione di parte speciale.

4. Concorso di persone nella violenza sessuale di gruppo

La giurisprudenza è pacifica nel riconoscere l’ammissibilità del concorso eventuale nella violenza sessuale di gruppo.

In particolare, detta ipotesi – sebbene di dubbia correttezza – si perfezionerebbe tutte le volte in cui il soggetto, pur non presente nel medesimo contesto spazio-temporale ove viene perpetrata la violenza, abbia fornito al gruppo un contributo causale alla realizzazione del fatto tipico[15].

Si tratterebbe di un soggetto che, estraneo alle modalità violente dell’esecuzione, partecipi ex art. 110 c.p. alla violenza di gruppo fornendo un ausilio nella fase preparatoria od esecutiva, ma senza che tale condotta abbia la capacità di intensificare l’offesa della libertà sessuale[16] (per es. svolgendo, senza essere percepito dalla vittima, funzioni di mero “palo”).

Sicché, qualora risulti che il contributo sia stato fornito da un soggetto “assente” al momento della consumazione del delitto, costui sarà responsabile ex artt. 110 e 609 octies c.p. in ragione dell’efficacia eziologica della sua condotta rispetto all’azione violenta compiuta dal gruppo riunito.

Risulta evidente come la configurabilità del concorso eventuale nella violenza sessuale di gruppo si leghi a doppio filo con le questioni che concernono, da un lato, l’esatto perimetro della fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p. e, dall’altro, il discrimen della stessa rispetto al concorso nella violenza sessuale individuale, contribuendo a renderne ancor più complessa la corretta ricostruzione e applicazione.

5. La circostanza attenuante del contributo di minima importanza

Il quarto comma dell’art. 609 octies c.p. prevede che la pena sia diminuita per il partecipe la cui opera abbia avuto una “minima importanza” nella preparazione o nell’esecuzione del reato, nonché qualora concorrano le condizioni di cui al primo comma, nn. 1 e 3, e di cui al terzo comma dell’art. 112 c.p.

Sebbene il comma in parola ricalchi pedissequamente l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., esso si distingue per l’applicazione obbligatoria, e non già meramente facoltativa, della circostanza speciale de qua.

Purtuttavia, l’attenuante in esame è destinata ad avere uno spazio di applicazione concreto tanto esiguo – per non dire inesistente – da far dubitare della stessa effettiva utilità della previsione normativa[17]. Tanto più ove si consideri che, a differenza della circostanza di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p., l’attenuante del contributo di minima importanza prevista dall’art. 609 octies c.p. non attiene al «fatto» quanto piuttosto alla sola «opera» del partecipe, rivelando un ambito applicativo ancor più ristretto[18].

La giurisprudenza è incline a riconoscere l’operatività dell’attenuante soltanto allorquando il contributo del partecipe abbia avuto, tanto nella fase preparatoria quanto in quella esecutiva, una «minima, lievissima e marginale» efficacia eziologica nell’economia generale della condotta criminosa[19].

Orbene, intanto ci si chiede come possa dirsi che una correità solidale o un’esecuzione ancorché a condotta frazionata contestuale alla violenza sessuale di gruppo possa dirsi di “minima importanza”.

In altri termini, sussiste un’incompatibilità prima ancora logica che giuridica tra l’attenuante in parola e la fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p., tale da incrinare le stesse peculiarità che connotano una fattispecie tanto grave quale è quella della violenza sessuale di gruppo.

Sotto altro aspetto diviene ictu oculi ancor più complesso inquadrare la condotta del compartecipe che si sia sostanziata nel compimento di un’attività meramente accessoria – preparatoria[20] o esecutiva – rispetto all’atto violento commesso dal gruppo, atteso che in questo caso non sarebbe chiaro se il comportamento rientrerebbe nel concorso esterno nel delitto di violenza sessuale di gruppo o, piuttosto, nella circostanza attenuante del contributo di minima importanza (con notevole abbattimento della pena).

6. Pluralità di atti e continuazione

Ulteriore problematica attiene al caso in cui la vittima sia costretta a subire una pluralità di atti sessuali compiuti in un unico contesto temporale. Ci si chiede se in tal caso debba configurarsi un solo reato di violenza sessuale di gruppo o, piuttosto, una pluralità di reati.

Anzitutto occorre distinguere a seconda che gli atti sessuali commessi sulla vittima siano o meno di pari grado. Ed invero, nel caso in cui si sia al cospetto di una progressione criminosa (ad esempio con un iter che ha inizio con un palpeggiamento, poi un bacio e, infine, una penetrazione sessuale) si configurerà un solo reato di violenza sessuale di gruppo in quanto la condotta più grave assorbe quella minore pregressa.

Diverso il caso in cui gli atti violenti siano di pari grado. Secondo un primo orientamento, anche a fronte di una pluralità di atti libidinosi o di congiunzione carnale, si avrà comunque un unico reato di violenza sessuale di gruppo[21]. Una tesi intermedia ritiene che si darà luogo ad una pluralità di reati solo ove la vittima percepisca di essere stata vittima di molteplici e differenti condotte offensive (così abbracciando la teoria “soggettivistica” tendente ad ancorare la punibilità alle sensazioni della vittima)[22]. Viceversa, la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria ritengono che si avrà un concorso di reati e cioè tanti delitti di violenza sessuale di gruppo quanti sono gli atti sessuali che la vittima è costretta a subire[23].

In quest’ultimo caso è stato, altresì, specificato che allorché gli atti sessuali non vengano posti in essere in un unico contesto temporale, ma intercorra un periodo di tempo apprezzabile tra i vari episodi di abuso, verrebbe a configurarsi una cesura tra i singoli fatti costituenti reato e, quindi, la reiterazione della condotta criminosa, con la conseguente ravvisabilità del vincolo della continuazione di cui all’art. 81 cpv c.p. tra i vari episodi succedutisi nel tempo[24].

Nello stesso senso è stato risolto il rapporto tra la fattispecie di violenza sessuale di gruppo e quella di sequestro di persona: l’orientamento consolidato della giurisprudenza[25] è nel senso di escludere il concorso di reati allorquando la privazione della libertà di movimento delle vittime, effetto proprio del sequestro di persona, non abbia una sua autonoma rilevanza temporale, risultando la stessa eminentemente strumentale alla perpetrazione degli abusi e non essendosi, al contrario, protratta oltre la consumazione degli stessi[26].

7. Il trattamento sanzionatorio. Considerazioni conclusive

In linea con le istanze general preventive della disposizione – fortemente orientate a reprimere a tappeto un fenomeno tanto noto alle cronache – il quadro sanzionatorio dell’art. 609 octies c.p. è stato fortemente incrementato.

A ben vedere si tratta di una pena talmente cospicua da essere perfettamente allineabile a quella prevista per il delitto di associazione di stampo mafioso. Tanto più ove si consideri che la pena base è destinata ad impennarsi sensibilmente qualora il reato sia commesso in danno di un minore di anni diciotto (aumentata di un terzo ex art. 609 ter, co. 1, n. 5, c.p.) o in danno di persona che non ha compiuto i quattordici anni (aumentata della metà) ovvero in danno di chi non ha compiuto i dieci anni (aumentata persino del doppio ex art. 609 ter, co. 2, c.p.).

Non è un caso che non pochi Autori abbiano ritenuto di essere al cospetto di una «fattispecie terroristica»[27].

L’incriminazione di cui all’art. 609 octies c.p. contempla espressamente la possibilità di punire la partecipazione di “minima importanza” di cui al comma 4, senza tuttavia prevedere alcuna diminuente per le condotte libidinose violente ma comunque più esigue. La previsione di un carico sanzionatorio così pesante – non contemperato da strumenti giuridici che consentano di calibrare il trattamento punitivo alle tipologie comportamentali più modeste – rischia seriamente di condurre a sanzioni ingiuste, sproporzionate ed incapaci di assolvere alla funzione rieducativa della pena.

Circoscrivere l’esatto perimetro di demarcazione della fattispecie, anche rispetto all’ipotesi del concorso nella violenza sessuale individuale, risulta pertanto un’operazione di non poco conto e assolutamente doverosa, non potendosi ignorare le irrimediabili conseguenze che possono innescarsi nel rapporto tra la cornice di pena prevista e l’offesa concretamente arrecata al bene giuridico protetto.

 

 

 

 

 


[1] G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, I delitti contro la persona, ed. 5, Zanichelli, Bologna, 2020, 266.
[2] Cass. Pen., Sez. III, 29.01.2004, n. 3348; Cass. Pen., Sez. III, 12.10.2007, in C.E.D. Cass., n. 238151; Cass. Pen., Sez. II, 27.01.2009, n. 7336; Cass. Pen., Sez. III, 2.12.2010, n. 8775; Cass. Pen., Sez. III, 25.03.2010, n. 11560; Cass. Pen., Sez. III, 05.05.2011, n. 23988; Cass. Pen., Sez. III, 7.02.2017, n. 52629; Cass. Pen., Sez. III, 6.02.2018, n. 44835.
[3] Per una pregevole disamina delle argomentazioni a sostegno della tesi che richiede, ai fini del perfezionamento della nozione di “gruppo”, la presenza di almeno tre soggetti si veda A. MANGIONE, La tutela penale del minore da violenze, abusi e sfruttamento a sfondo sessuale, in AA.VV. (a cura di A. Mangione e A. Pulvirenti), La giustizia penale minorile: formazione, devianza, diritto e processo, ed. 3, Giuffrè, Milano, 2020, 323 ss.
[4] Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 27.09.2011, n. 34900, secondo cui – con un’impostazione per il vero poco condivisibile – sarebbe «addirittura esclusa la necessità che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, bastando la loro presenza nel luogo».
[5] Così, Cass. Pen., Sez. III, 19.01.2018, n. 32462, secondo cui «Integra il reato di violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di coloro che inducano la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcooliche, essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole, anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcool e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all’assunzione delle dette sostanze».
[6] A. MANGIONE, La tutela penale del minore, op. cit., 324 ss.
[7] Sul punto risulta strettamente connessa l’annosa questione relativa al concetto di “atti sessuali”, ormai intesa in modo talmente ampio da ricomprendere persino gli atti di “molestia sessuale”. Ebbene, risulta ictu oculi l’assoluta inadeguatezza del carico sanzionatorio previsto dall’art. 609 octies c.p. nel caso in cui un gruppo di soggetti si limitasse a molestare sessualmente la vittima con mero sfioramento non gradito di zone di significato erotico.
[8] Cass. Pen., Sez. III, 06.02.2018, n. 44835.
[9] C. PEDULLA’, Le differenze tra la violenza sessuale di gruppo e il concorso nel delitto di violenza sessuale, Cass. Pen., fasc. 9, 2019, 3274.
[10] Si registrano, sul punto, orientamenti finanche tendenti a ritenere configurata la fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p. laddove il compartecipe non abbia neppure assistito al compimento dell’atto sessuale. Così, Cass. Pen., Sez. III, 21.07.2020, n. 29096 , a tenore del quale «Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo, previsto dall’art. 609 octies c.p. non è richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato, né è necessario che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest’ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo» (nella specie, la parte era risultata essere presente nel luogo della perpetrata violenza sessuale durante tutto il tempo in cui si erano verificati i fatti, realizzando anche un video e manifestando, in ogni caso, una chiara adesione alla violenza di gruppo che ne rafforzava il proposito criminoso).
[11] L. MONACO, Itinerari e prospettive di riforma del diritto penale sessuale, in Studi Urbinati, 1990, 414.
[12]  M. DONINI, sub art. 9, in A. CADOPPI (a cura di), Commentari delle norme contro la violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, CEDAM, Padova 339. L’Autore pone il caso di un soggetto che, avendo istigato o determinato un’altra persona a compiere un atto sessuale violento ai danni di un terzo, intenda comunque semplicemente assistere alla sua consumazione per mero compiacimento erotico, pur essendo percepito e veduto dal soggetto passivo. In questo caso, ai fini della configurabilità della violenza sessuale di gruppo non basterebbe acclarare che la vittima si sia sentita più minacciata dalla presenza inerte di una seconda persona (già compartecipe ex art. 110 c.p.), ma occorrerà dimostrare che l’istigatore abbia in quel modo, cioè presenziando agli atti, contribuito effettivamente alla loro esecuzione da parte del correo e che questi, perciò, se ne sia in qualche modo avvalso.
[13] Così, A. MANGIONE, La tutela penale del minore, op. cit., 328. Nello stesso senso, G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto Penale, Parte speciale, op. cit., 268.
[14] Sul punto si segnala Cass. Pen., Sez. III, 30.04.2015, n. 23272, che ha correttamente affermato che «risponde del reato di violenza sessuale di gruppo di cui all’art. 609 octies c.p. il genitore che, pur non partecipando alla commissione di atti sessuali sul figlio minore, sia presente sul luogo del fatto ed agevoli concretamente l’abuso sessuale posto in essere da parte del correo» (In motivazione la Corte ha precisato che il meno grave reato di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p., materialmente commesso da altri, è configurabile, a titolo di concorso morale, solo quando il genitore sia assente dal luogo del fatto e, pur consapevole dell’abuso ai danni del figlio minore, tenga una condotta meramente passiva in violazione dei doveri inerenti alla potestà genitoriale).
[15] Cass. Pen., Sez. III, 2.12.2010, n. 8775, con nota di G. PANUCCI, Dal delitto di violenza sessuale monosoggettiva a quello di violenza sessuale di gruppo: note minime sull’elemento della “partecipazione da parte di più persone riunite” e sull’ammissibilità del concorso eventuale, in Cass. pen., 2012, 988, con la quale la Corte ha confermato la condanna a titoli di concorrente esterno nella violenza sessuale di gruppo (fattispecie nella quale il reo aveva indotto il figlio della propria convivente a rientrare in casa per condurlo in una stanza ove già, grazie al suo apporto, si erano introdotti all’interno dell’abitazione gli ignoti autori degli abusi sessuali, per poi allontanarsi e non essere presente al momento della consumazione della violenza).
[16] F. MANTOVANI, Diritto penale. I delitti contro la libertà e l’intangibilità sessuale, Appendice ai delitti contro la persona, CEDAM, Padova, 1998, 71.
[17] L’innovazione recepisce le medesime critiche storicamente mosse nei confronti dell’art. 114 c.p.: una norma di scarso impatto processuale limitata a forme di partecipazione di mero pericolo, passive ovvero di adesione emotiva alle condotte poste in essere da altri soggetti.
[18] T. PADOVANI, Sub. art. 1, in A. CADOPPI (a cura di), Commentari, op. cit., 14.
[19] Così, Cass. Pen., Sez. III, 12.06.2020, n. 19987; Ex multis Cass. Pen., Sez. III, 16.04.2013, n. 32928; Cass. Pen., Sez. III, 22.10.2014, n. 4913, Cass. Pen, Sez. III, 10.04.2017, n. 38616.
[20] Il richiamo al concorso nella “preparazione del reato”, peraltro, rende ancor più complessa l’operatività dell’attenuante atteso che esso deve essere inteso quale contributo che si è esplicato solo nella fase preparatoria, a dispetto della fase esecutiva in cui si verifica la realizzazione del fatto da parte di almeno due persone riunite (e in aggiunta al partecipe che abbia agito esclusivamente nella fase precedente).
[21] M. DONINI, sub art. 9, in A. CADOPPI (a cura di), Commentari, op. cit., 356.
[22] B. ROMANO, La tutela penale della sfera sessuale. Indagine alla luce delle recenti norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, Giuffrè, Milano, 2000, 99.
[23] P. PISA, Le nuove norme contro la violenza sessuale. Il commento, in Dir. Pen. Proc., 1996, 287.
[24] Così, Cass. Pen., Sez. III, 9.11.2005., n. 45970.
[25] Così, Cass. Pen., Sez. III, 10.03.2016, n. 9937, secondo cui «nel caso di perfetta contestualità tra violenza sessuale e limitazione della libertà personale, vale a dire nell’ipotesi in cui la menomazione della sfera di autodeterminazione della vittima discenda proprio dallo stato di coartazione tipico della violenza sessuale e dalla conseguente incapacità della vittima di sottrarsi all’atto riprendendo il governo di sé, è evidente che l’agente andrà condannato esclusivamente per quest’ultimo delitto, restando il sequestro di persona in esso assorbito poiché “degradante” ad elemento strutturale del delitto sessuale»; viceversa, «nel caso di limitazione della libertà personale, preesistente alla violenza sessuale e funzionale a generare le condizioni per commettere il successivo stupro, i due delitti concorrono, in quanto la privazione della libertà non è strettamente necessaria alla consumazione del delitto ex art. 609 bis c.p., protraendosi oltre il tempo occorrente per compierlo», anche in considerazione della «diversità dei beni giuridici coinvolti, libertà di movimento per quanto attiene al sequestro di persona, libertà in ambito sessuale con riferimento alla violenza sessuale».
[26] C. PEDULLA’, Le differenze, op. cit, 3274.
[27] M. BERTOLINO, La riforma dei reati di violenza sessuale, in Studium Iuris, 1996, 408.

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Avv. Claudia Zannelli

Avv. Claudia Zannelli, abilitata all’esercizio della professione forense e iscritta nell’Albo degli Avvocati presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo. Cultore nelle discipline di Diritto penale (parte generale e parte speciale) e di Diritto penale dell’economia presso Università “LUMSA”, Dipartimento di Giurisprudenza di Palermo.

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