L’incidenza delle norme comunitarie e della CEDU nell’ordinamento interno

L’incidenza delle norme comunitarie e della CEDU nell’ordinamento interno

L’incidenza delle norme comunitarie e della CEDU nell’ordinamento interno, con particolare riguardo alle sorti del provvedimento amministrativo in contrasto con il diritto europeo

 

Sommario: Premessa – 1. I rapporti tra l’ordinamento interno e l’ordinamento comunitario – 2. Il provvedimento amministrativo anticomunitario – 3. La rilevanza delle norme CEDU nell’ordinamento interno e il contrasto tra il provvedimento amministrativo e le norme convenzionali

  

Premessa

Uno degli argomenti più dibattuti negli ultimi anni ha riguardato il regime di invalidità dei provvedimenti amministrativi che presentano profili di contrasto con il diritto europeo. Tale dibattito va analizzato alla luce dei rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario.

1. I rapporti tra l’ordinamento interno e l’ordinamento comunitario

L’incidenza del diritto comunitario sull’ordinamento interno trova il suo fondamento nella Costituzione, ovvero negli art. 11 e 117 cost. in particolare, l’art. 117 cost. al primo comma stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

Invero, occorre rilevare che i rapporti tra diritto interno e diritto europeo sono frutto di un processo evolutivo piuttosto lungo e che ha portato al riconoscimento del primato del diritto comunitario. A questa conclusione si è giunti dopo un lungo dialogo tra Corte di Giustizia e Corte Costituzionale.

Invero, il percorso giurisprudenziale che ha portato la Corte Costituzionale a riconoscere tale primato può essere articolato in quattro fasi. Nella prima fase la Consulta[1] , equiparando le fonti interne a quelle comunitarie, asseriva che, in caso di contrasto tra norma interna e norma comunitaria, dovevano applicarsi le regole della successione delle leggi nel tempo, per cui la norma successiva abroga quella precedente.

Nella seconda fase la Corte Costituzionale[2] riconosceva il primato del diritto comunitario sul diritto interno e affermava che, in caso di contrasto tra la norma interna e la norma comunitaria, occorreva una pronuncia dichiarativa di illegittimità costituzionale della norma interna confliggente ai sensi dell’art. 11 Cost.

Nella terza fase, la Corte Costituzionale[3], recependo l’orientamento della Corte di Giustizia della Comunità europea, affermava il primato del diritto comunitario sul diritto interno, fatti salvi i principi costituzionali e il dovere del giudice interno di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma comunitaria.

Occorre rilevare che la Consulta arriva alla stessa conclusione della Corte di Giustizia mantenendo però una posizione differente con riguardo alla visione dei due ordinamenti.

Invero, mentre per la Corte di Giustizia i due ordinamenti rappresentano un sistema unitario, per la Corte Costituzionale i due ordinamenti sono autonomi e distinti, sebbene coordinati.

Occorre rilevare che, dopo la modifica del titolo V della Costituzione e la costituzionalizzazione espressa della partecipazione dell’Italia al processo di integrazione europeo, si è aperta una quarta fase in cui la Corte Costituzionale, abbandonando la visione dualista degli ordinamenti, sembra orientata verso la teoria dell’unitarietà del sistema[4].

2. Il provvedimento amministrativo anticomunitario

L’incidenza del diritto comunitario pone particolari problemi con riguardo all’atto amministrativo. Invero, un provvedimento amministrativo può porsi in contrasto diretto con il diritto comunitario o può essere conforme alla norma interna ed in contrasto indiretto con il diritto comunitario.

In quest’ultimo caso il giudice dovrà disapplicare la norma interna contrastante con il diritto comunitario e dichiarare il provvedimento amministrativo nullo per difetto di attribuzione di potere.

Nel primo caso, con riguardo alle sorti dell’atto amministrativo anticomunitario sono state prospettate diverse soluzioni.

Secondo una teoria l’atto sarebbe nullo per il vizio particolarmente grave di cui risulta affetto.

Tuttavia, è stato obiettato che l’art. 21 septies della l. 241/1990 disciplina tassativamente i casi di nullità del provvedimento amministrativo e, tra questi, non vi è il contrasto con norme comunitarie.

Altra tesi ritiene che l’atto amministrativo va disapplicato così come accade in caso di contrasto tra norma interna e norma comunitaria.

Un’altra ricostruzione, prevalente, ritiene che l’atto amministrativo in contrasto con il diritto europeo è annullabile per violazione di legge. Questa tesi sembra orientata verso una visione monistica del sistema. Significativa, in tal senso, è la sentenza del 31/03/2011  n. 1983 /2011 del Consiglio di Stato [5] che ha  affermato l’illegittimità – annullabilità degli atti amministrativi non conformi alle norme  comunitarie.

Quindi, l’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario deve essere impugnato per violazione di legge entro il termine di decadenza di 60 giorni. Sul punto si ci è chiesto se questo termine per l’impugnazione sia compatibile con il diritto europeo. In merito la Corte di Giustizia[6] ha affermato che gli Stati Membri sono liberi di scegliere i rimedi processuali più adatti per far rispettare il diritto europeo, purchè siano rispettati il principio dell’equivalenza e il principio dell’effettività. Con riguardo ai termini decadenziali per impugnare il provvedimento amministrativo in contrasto con il diritto europeo, la Corte di Giustizia ha precisato che esso non contrasta con l’ordinamento comunitario atteso che la fissazione di termini ragionevoli per il ricorso sono un’applicazione del principio della certezza del diritto, strettamente collegato al principio di effettività.

Di recente significativa è la pronuncia in tema di concessioni demaniali marittime del TAR Sardegna, sez. II, SENTENZA N. 77 DEL 05/02/2020. Il TAR, dopo aver evidenziato il dovere del giudice interno di disapplicare la norma interna contrastante con il diritto comunitario,  ha precisato come il provvedimento amministrativo adottato in applicazione di una norma nazionale contrastante con l’ordinamento comunitario è annullabile; tuttavia esso deve essere impugnato entro i termini decadenziali previsti dalla legge, pena l’inopugnabilità dello stesso. Pertanto, in assenza di impugnazione e di annullamento, il provvedimento amministrativo adottato in applicazione di una norma interna ma in contrasto con le norme comunitarie mantiene la sua naturale validità ed efficacia.

3. La rilevanza delle norme CEDU nell’ordinamento interno e il contrasto tra provvedimento amministrativo e norme convenzionali

Tra gli obblighi internazionali che vincolano l’esercizio del potere legislativo ai sensi dell’art. 117 Cost. vi sono le norme CEDU, che assumono il valore di norme interposte nel senso che hanno un grado intermedio, nel senso che sono subordinate alla Costituzione e sovraordinate rispetto alla legge ordinaria.

Pertanto, a differenza di quanto accade per il diritto comunitario, in caso di contrasto tra una norma interna e una norma CEDU, il giudice deve prima tentare di dare un’interpretazione costituzionalmente orientata, assegnando alla norma interna il significato che la rende compatibile con la CEDU e la Costituzione.

Qualora tale via non sia percorribile, il giudice deve sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale.

Occorre rilevare che, a seguito della modifica dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea nella parte in cui si afferma che l’Unione europea aderisce alla CEDU, si è discusso sugli effetti di tale modifica ovvero se essa abbia comportato una comunitarizzazione della Convenzione europea.

Secondo un orientamento la modifica ha comportato un ingresso a pieno titolo della CEDU nel diritto comunitario; pertanto, anche per le norme CEDU vale il principio del primato sul diritto interno e il dovere di disapplicazione della norma interna in contrasto con la norma CEDU.

Altra tesi ritiene invece che la modifica non ha inciso sul rango delle norme CEDU. In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 230/2012[7] che ha confermato il rango delle norme CEDU, ovvero sovraordinate alla legge ma subordinate alla Costituzione.

Con riguardo alla problematica relativa al contrasto tra provvedimento amministrativo e norme CEDU, si ritiene che, considerato il rango che le norme convenzionali assumono nel nostro ordinamento, il provvedimento amministrativo contrastante con le predette norme è annullabile per violazione di legge.

 

 


Bibliografia
CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, 2020;
DANIELE L. , Diritto dell’Unione Europea, 2018.
SCOCA F.G, Diritto amministrativo, 2020.
TESAURO G., Diritto dell’Unione Europea, 2012.

[1] Corte Cost. sentenza Costa c. Enel n. 14  del 07/03/1964;
[2] Corte Cost., sentenza Industrie Chimiche n. 232 del 30 /10/1975;
[3] Corte Cost., sentenza Granital n. 170 del 05/06/1984
[4] Corte Cost., ordinanza n. 103 de 15/04/2008.
[5] Si veda anche TAR Puglia, Bari, 11 gennaio 2012, n. 102.
[6] Corte di Giustizia CE, SEZ. VI, sentenza del 27/02/2003, causa C-327 – Santex S.P.A.
[7] Cort. Cost. sentenza del 12 ottobre 2012 n. 230.

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