Linee-guida e responsabilità medica

Linee-guida e responsabilità medica

Con la sentenza n. 37794 del 6 agosto 2018, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio ad altra Sezione Promiscua della Corte di Appello di Lecce la sentenza di condanna di un sanitario in servizio di Pronto Soccorso, per i reati di cui agli artt. 590, primo e secondo comma, in relazione all’ 583, secondo comma, n. 3 c.p., per aver cagionato lesioni personali gravissime consistite in “necrosi testicolare sinistra da pregressa torsione del funicolo spermatico con asportazione del testicolo“, per colpa consistita nell’aver omesso di porre la corretta diagnosi e di assumere una condotta sanitaria conforme alle necessità diagnostiche e terapeutiche che si impongono nel caso di una sospetta torsione del funicolo spermatico del testicolo, limitandosi alla somministrazione di antidolorifici con dimissione del paziente.

A seguito di un successivo esame ecografico, infatti, veniva diagnosticata la torsione del testicolo sinistro ed il paziente, quindi, veniva operato con urgenza per orchiectomia sinistra ed impianto di protesi testicolare a sinistra, con successiva diagnosi di necrosi testicolare sinistra da pregressa torsione del funicolo spermatico con conseguente perdita dell’uso di un organo o il suo indebolimento permanente ma non la perdita della capacità di procreare.

Avverso la sentenza di (conferma della) condanna emessa dalla Corte di Appello di Lecce, interponeva ricorso per cassazione il sanitario lamentando, tra l’altro, l’erroneità della motivazione offerta dalla Corte Territoriale in sede di imputazione soggettiva del fatto, con particolare riferimento all’imperito agire in violazione delle linee-guida adottate ai sensi dell’art. 5 della L. 8 marzo 2017, n. 24.

La Quarta Sezione Penale, ha affermato che non è conforme alle finalità della legge, in tema di responsabilità medica, una motivazione che enunci la regola di comportamento desumibile da linee-guida senza specificare se si tratti di regola cautelare o di regola di giudizio della perizia del sanitario.

Anzitutto, la Corte di Cassazione prende spunto dalla successione delle norme integrative del precetto penale rappresentate, dapprima, dall’introduzione ad opera del D.L. 13 settembre 2012 n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012 n. 189: c.d. decreto-Balduzzi) del parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali e, successivamente, con la più incisiva conferma di tale parametro ad opera della L. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco).

Talché la valutazione del Giudice di merito dovrà necessariamente essere guidata dal criterio contenuto nell’art. 2, comma quarto, c.p., in materia di successione di leggi penali, con applicazione della disposizione (sia pure integrativa) maggiormente ispirata al principio del favor rei.

Il vaglio di rilevanza penale dovrà, pertanto, avere ad oggetto non solo l’accertamento di rispondenza a tali parametri del concreto agire colposo, ma – ancor prima – la conformità del “comportamento alternativo lecito” ai suindicati criteri, in modo da giungere ad un soddisfacente giudizio controfattuale di riferibilità eziologica tra condotta ed evento.

Di conseguenza, una motivazione che tralasci di indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in difetto, da buone pratiche clinico-assistenziali, di valutare il nesso causale tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, o di specificare di quale forma di colpa si tratti, generica o specifica, eventualmente alla luce di regole cautelari racchiuse in linee-guida, se di colpa per imperizia negligenza o imprudenza, ma anche una motivazione in cui non si sia appurato se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostato dalle linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali non può, ad oggi, essere ritenuta satisfattiva ovvero conforme a legge.

Le argomentazioni offerte dalla Quarta Sezione si soffermano, in particolar modo, sul secondo motivo di ricorso, laddove si lamenta un insoddisfacente accertamento dell’elemento soggettivo da parte della Corte Territoriale, poiché la condotta con certezza rimproverabile al medico del Pronto Soccorso sembra si sia concretata, secondo i giudici di merito, nell’avere il sanitario omesso di prospettare al paziente che il ricovero presso una struttura munita di “ecocolordoppler” fosse urgente ed indispensabile.

Condividendo le doglianze in parte qua, la Corte osserva che – tenuto conto del fatto che in alcuni passi della sentenza la condotta in concreto rimproverabile al sanitario è stata circoscritta all’aver omesso di prospettare come urgente e indispensabile il ricovero – sarebbe stato necessario un rigoroso accertamento della fonte delle regole di comportamento che il sanitario avrebbe dovuto seguire in presenza di “sospetta torsione del funicolo spermatico”, accertamento che è del tutto mancato.

Segnatamente, “per stabilire se la suindicata condotta fosse sussumibile o meno nell’ambito della colpa per imperizia, sarebbe stata infatti necessaria una chiara ed univoca indicazione delle ragioni di tale valutazione anche in relazione alla fonte (linee-guida o buone pratiche) ed alla natura della regola di condotta, onde valutare la possibilità di applicare retroattivamente la disciplina dettata dall’art.6 legge n.24/2017”, atteso che si tratta di una norma che attiene al profilo squisitamente tecnico­scientifico dell’arte medica, e dunque regola la sola colpa per imperizia, consentendo al sanitario di conoscere quali saranno i parametri di valutazione del suo operato professionale qualora il caso concreto sia suscettibile di essere inquadrato in procedure prescritte da linee-guida ufficiali o da buone pratiche clinico-assistenziali.

La motivazione della Corte Territoriale risulta, perciò, connotata da affermazioni tautologiche, nella parte in cui viene qualificato “grave” il grado della colpa senza ulteriore specificazione, o confuse, come quando si richiama, in misura del tutto generica, la colpa per imprudenza, negligenza ed imperizia, secondo il profilo di colpa cosciente con previsione dell’evento ovvero si ritiene, in senso autoreferenziale, che la condotta si fosse posta abbondantemente oltre i limiti delle linee-guida.

Si è, in proposito, precisato che “ si può ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato(Sez. 4, n. 22281 del 15/04/2014, Cavallaro, Rv. 26227301), rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente; e che, all’opposto, quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata dall’impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del professionista che, pur essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la negativa evoluzione della patologia (Sez. 4, n. 16237 del 29/01/2013, Cantore, Rv. 25510501).

Risulta, pertanto, chiaro perché non si possa considerare conforme a legge l’affermazione per cui la condotta si sia posta «abbondantemente oltre i limiti delle linee-guida». Le regole poste dalle più recenti normative in materia di colpa medica non sono, ovviamente, destinate a regolare in prima battuta condotte pedissequamente rispettose di linee guida o di buone pratiche; priva di senso risulterebbe, altrimenti, la ripetuta massima secondo la quale la graduazione della colpa è determinata, tra l’altro, dalla misura in cui il sanitario si sia discostato dalle linee guida. Spetterà, dunque, al giudice di merito scandagliare la regola cautelare che utilizzerà come parametro di giudizio, indicare a quali parametri precostituiti tale regola sia riconducibile, verificare quindi se il caso concreto possa essere parametrato a linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali e, solo allora, stabilire in quale misura e per quali ragioni il sanitario se ne sia discostato”.


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