L’inettitudine
Introduzione
Tra le molteplici lacune che il nostro sistema d’istruzione presenta figura senz’altro l’incapacità di taluni docenti a svolgere la prestazione oggetto del loro contratto: viene, invero, compiuta di frequente la scelta di calarsi nel mondo della scuola con il proposito non tanto di forgiare i professionisti del futuro, quanto piuttosto di assicurarsi un’entrata economica mensile.
Il frutto di una siffatta decisione, a dir poco avventata, si ripercuote – com’è ovvio – sui malcapitati giovani, i quali, in virtù delle ben note condizioni in cui versa, allo stato attuale, il mercato del lavoro, si trovano a dover fare i conti con molteplici difficoltà d’inserimento: procedendo di questo passo, si dà vita ad un preoccupante circolo vizioso, poiché chi non riesce a trovare l’occupazione dei propri sogni potrebbe ambire alla cattedra, trascorrendo notti insonni a preparare un concorso oltremodo teorico.
La potenza salvifica del diritto
Il principale rimedio alla situazione critica descritta supra va individuato nelle disposizioni normative: il compianto Paolo Grossi, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, soleva rammentare, non a torto, il nesso inscindibile tra diritto e vita concreta, la qual cosa comporta che ogni episodio della vita umana è regolato da disposizioni giuridiche.
Nel nostro ordinamento figura, benvero, una disposizione che contempla espressamente la possibilità, per gli appartenenti al personale docente, di andare incontro alla dispensa dal servizio laddove diano prova di inidoneità fisica [1], incapacità o costante insufficiente rendimento [2]: l’allusione è all’articolo 512 del Decreto Legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, recante il «Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado».
Esemplificando, l’insegnante che non si dimostri all’altezza di svolgere i propri còmpiti, rendendosi protagonista di assenteismo, spiegazioni alla carlona e/o voti attribuiti casualmente ben potrà essere sollevato dall’incarico!
Un caso recente
La Corte Suprema di Cassazione è stata recentemente chiamata a pronunziarsi su una vicenda che ha visto protagonista una docente che soleva far di tutto, fuorché adempiere ai propri doveri: costei, infatti, conduceva le interrogazioni e/o correggeva gli elaborati in maniera negligente, arrivando ad assegnare punteggi a caso, oltre a tenere lezioni a dir poco improvvisate. In più, la sua presenza in servizio era sporadica.
Con la sentenza n. 17897 del 22 giugno 2023, a firma della Sezione Lavoro, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso della docente avverso la sentenza a lei sfavorevole emessa dalla Corte d’Appello di Venezia, la quale ultima, ribaltando la decisione del Tribunale lagunare, ha ritenuto legittimo il provvedimento dirigenziale di dispensa dal servizio.
Nell’adire gli Ermellini, la donna ha eccepito tanto di aver superato il periodo di prova ex lege previsto ai fini dell’immissione in ruolo quanto di aver agito in piena conformità al principio della libertà d’insegnamento, sancito dall’art. 33 della Carta Fondamentale.
Tutti i motivi di ricorso son stati dichiarati infondati: il Collegio nomofilattico ha precisato, anzitutto, che il provvedimento dirigenziale assunto ai sensi dell’art. 512 D. Lgs. cit. non ha carattere sanzionatorio, ma si limita ad acclarare l’oggettiva inidoneità dell’insegnante allo svolgimento del proprio ruolo. Ne consegue, pertanto, che l’incapacità ben può sopraggiungere a distanza di parecchi anni dall’intervallo temporale in parola.
La professoressa ha, inoltre, errato nell’invocare la libertà didattica a fondamento della propria tesi: costei ha, infatti, totalmente dimenticato che, se, da un lato, è consentito scegliere il metodo didattico ritenuto più opportuno ai fini della trasmissione dei concetti della materia alla scolaresca, non è affatto possibile, dall’altro, trascendere nella totale «anarchia», disattendendo il sacrosanto canone di diligenza cui bisogna attenersi nello svolgimento di qualsiasi prestazione [3].
Considerazioni conclusive
La sentenza dei Supremi Giudici costituisce senz’ombra di dubbio un precedente di cui occorre far tesoro nell’avvenire: come anticipato nel paragrafo introduttivo, l’ambiente scolastico è teatro di condotte tutt’altro che serie: a parecchi insegnanti manca, invero, la sensibilità necessaria a motivare i propri alunni all’apprendimento, e anche le selezioni concorsuali sono svolte senza criterio.
La mera teoria non è affatto sufficiente a piantare alberi che gioveranno in tempi futuri [4]: occorre, dunque, non solo modificare le modalità di selezione del personale docente, ma anche rivedere i metodi d’insegnamento più diffusi, rendendoli maggiormente interattivi.
[1] Fatta eccezione per il caso in cui è possibile adibire tali prestatori ad altre mansioni per motivi di salute, come previsto dall’art. 514 D. Lgs. 297/1994.
[2] Ricorrendo a tale concetto, il Legislatore descrive il notevole e reiterato inadempimento degli obblighi lavorativi ad opera del prestatore.
[3] A distanza di poche ore dal deposito, la pronunzia in esame è stata pregevolmente commentata da F. MACHINA GRIFEO in Scuola: insegnante “inetto”, sì alla dispensa dal servizio, URL: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/scuola-insegnante-inetto-si-dispensa-servizio-AEvbl7nD.
[4] Chi scrive ha tratto spunto da una celebre frase di Marco Tullio Cicerone.
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Adriano Javier Spagnuolo Vigorita
Laureato in giurisprudenza con una tesi sulla natura giuridica dei rapporti di lavoro secondo la disciplina del Jobs Act (relatore il prof. Francesco Santoni), Adriano Spagnuolo Vigorita (noto anche con il soprannome di "Javier") ha iniziato il suo percorso forense in seno ad un rinomato studio legale napoletano, ove ha sviluppato le proprie capacità di ricerca e, contestualmente, incrementato le conoscenze giuridiche acquisite, con particolare riguardo al diritto civile e del lavoro.
Si occupa attualmente della cura di liti giudiziali e stragiudiziali nelle cennate materie e, dal 20 gennaio 2022, è pienamente abilitato all'esercizio dell'avvocatura, professione dei suoi avi.
Parla fluentemente l'inglese ed il tedesco, appresi durante le sue numerose esperienze all'estero, ed è in grado di comprendere la lingua spagnola.
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