L’interesse strumentale come espressione della effettività della tutela giurisdizionale

L’interesse strumentale come espressione della effettività della tutela giurisdizionale

Il sistema della tutela giurisdizionale amministrativa è stato profondamente innovato in un’ottica sostanziale e più attenta agli effettivi interessi vantati dalle parti in giudizio dal diritto europeo dei Trattati e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonché dai principi elaborati dalla giurisprudenza sovranazionale. In particolare, l’art. 47 della Carta di Nizza e l’art. 19 del Trattato sull’Unione Europea attribuiscono il diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale. Di tali disposizioni ne è stata data applicazione dalla Corte di Giustizia dell’UE attraverso l’enucleazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, principio che deve essere rispettato dagli Stati membri  sebbene dotati di una potestà legislativa autonoma nella predisposizione delle norme processuali interne.

Nell’ambito del settore degli appalti pubblici la legittimazione a proporre ricorso dinanzi al G.A. ai sensi dell’art. 120 c.p.a. è stata per molto tempo ritenuta sussistente nel solo caso di impresa che avesse partecipato alla gara e che per questo risultasse titolare di un interesse legittimo diretto all’ottenimento del bene della vita finale, ovvero del provvedimento di aggiudicazione definitivo, conclusivo della fase di evidenza pubblica, e della stipulazione del contratto con l’amministrazione aggiudicatrice.

A fronte di ciò risultavano ridotti gli strumenti di tutela predisposti sia per le imprese escluse dalla gara che per l’operatore economico secondo classificato.

L’abrogato art. 120, comma 2-bis, del c.p.a., infatti, disponeva un rito super-speciale fondato su un onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di esclusione e di ammissione alla gara, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, al fine di consentire una rapida cristallizzazione del panorama delle imprese ammesse a partecipare alla procedura competitiva di selezione del contraente. La disposizione, pertanto, costringeva le imprese illegittimamente pretermesse e tutte le imprese partecipanti alla gara, tra cui la futura aggiudicataria, ad impugnare la propria esclusione o le ammissioni degli altri candidati  alla gara, a pena di decadenza dalla possibilità di rilevare i vizi di legittimità successivamente con l’impugnazione della aggiudicazione finale oppure a mezzo di ricorso incidentale.

La Corte di Giustizia aveva reputato la disciplina processuale interna compatibile con il diritto europeo (direttiva 89/665/Cee e direttiva 2014/23/UE) poiché la previsione di un termine breve è funzionale a soddisfare le esigenze di certezza del diritto e di definizione rapida del quadro delle imprese ammesse a partecipare alla gara. Tuttavia, aveva al contempo evidenziato la necessità di rendere i destinatari dei provvedimenti di esclusione ed ammissione alla gara edotti dei motivi specifici sottesi alla decisione al fine di consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa ed aveva osservato di riconsiderare l’idoneità del termine breve con riferimento ai provvedimenti di ammissione alla gara. Questi ultimi, difatti, ponevano profili di criticità in rapporto all’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a. e all’art. 100 c.p.c. ovvero con l’interesse a ricorrere che deve possedere i caratteri della concretezza e della attualità, a pena di inammissibilità del ricorso.

Prima dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva non può affermarsi, difatti, che alcun operatore economico abbia un interesse concreto ed attuale ad agire in giudizio, impugnando i provvedimenti di ammissione degli altri, essendo subordinata la lesione dell’interesse legittimo pretensivo alla adozione del provvedimento di aggiudicazione finale. Solo con tale provvedimento è, difatti, precluso agli operatori economici che abbiano partecipato alla gara l’interesse ad ottenere il bene della vita finale, cioè la vittoria della gara e la stipulazione del contratto.

Per tali motivi il decreto legge Sblocca Cantieri (D.L. n. 32/2019) ha abrogato il rito super-accelerato di cui all’art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. senza, tuttavia, risolvere del tutto i problemi di deficit di tutela. Infatti, sebbene allo stato attuale i vizi relativi ai provvedimenti di ammissione alla gara possano essere fatti valere anche successivamente nel giudizio promosso con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione finale o con ricorso incidentale, ciò ha comunque pregiudicato le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale.

Il Consiglio di Stato (Ad. Plenaria n. 4/2011) aveva, difatti, affermato che l’ordine di esame dei ricorsi (principale ed incidentale) reciprocamente escludenti, ovvero volti rispettivamente ed in modo incrociato a far valere i vizi di legittimità dei provvedimenti di ammissione alla gara delle imprese prima classificata (aggiudicataria) e seconda classificata in modo da determinarne l’esclusione reciproca dalla procedura competitiva, fosse incentrato sul prioritario esame del ricorso incidentale. Gli articoli 76, comma 3, c.p.a e 276, comma 2, c.p.c. impongono, difatti, la definizione prioritaria delle questioni di rito rispetto a quelle di merito, pertanto, nel caso in cui il ricorso incidentale escludente prospetti dei vizi di legittimità del provvedimento di ammissione alla gara della impresa ricorrente, la fondatezza del ricorso incidentale preclude l’esame nel merito del ricorso principale.

Tale conclusione è stata argomentata alla luce del fatto che la fondatezza delle censure di illegittimità del provvedimento di ammissione alla gara determina l’esclusione dell’impresa ricorrente (seconda classificata) dalla gara e, perciò, fa venir meno l’interesse a ricorrere poiché l’impresa non potrebbe più aspirare all’ottenimento del bene della vita finale, cioè l’aggiudicazione della gara e la stipulazione del contratto. L’ordine prioritario di esame del ricorso incidentale, la cui fondatezza comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale per carenza di interesse, potrebbe, tuttavia, determinare delle situazioni di ingiustizia sostanziale.

Come il ricorrente, impresa non aggiudicataria seconda classificata, doveva essere esclusa dalla gara poiché non in possesso dei requisiti di qualificazione e perché ammessa a fronte di un provvedimento di ammissione illegittimo allo stesso modo l’impresa prima classificata, aggiudicataria, che propone ricorso incidentale potrebbe essere stata ammessa alla procedura competitiva a sua volta illegittimamente. In virtù di tali esigenze di giustizia sostanziale, di parità di trattamento, di eguaglianza e di effettività della tutela giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell’UE ha statuito che gli Stati membri siano tenuti ad esaminare nel merito entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, escludenti, pur se il ricorso incidentale dapprima esaminato risulti fondato (Corte di Giustizia UE 4 luglio 2013 C-100/12). Il principio enunciato dalla Corte sovranazionale di equivalenza del ricorso principale a quello incidentale è stato fondato sul riconoscimento dell’interesse strumentale a ricorrere.

Accanto all’interesse legittimo diretto all’ottenimento del bene della vita finale che nel settore degli appalti pubblici è rappresentato dall’aggiudicazione della gara e dalla stipulazione del contratto, la Corte di Giustizia ha individuato una diversa ed autonoma posizione giuridica soggettiva azionabile in giudizio: l’interesse strumentale dell’impresa esclusa dalla gara alla riedizione della procedura competitiva di selezione del contraente.

Pertanto, la fondatezza del ricorso incidentale escludente non è tale da determinare l’inammissibilità del ricorso principale poiché l’operatore economico sebbene doveva essere escluso dalla gara vanta ancora un interesse attuale e concreto strumentale al rinnovo della procedura ad evidenza pubblica. Il carattere strumentale dell’interesse è correlato all’interesse legittimo principale poiché la riorganizzazione della procedura selettiva comporta una nuova possibilità di partecipare e di potersi aggiudicare la commessa pubblica.

La portata innovativa di tale pronuncia, che ha contribuito al riconoscimento dell’interesse strumentale anche nel nostro ordinamento, è rinvenibile nella acquisita legittimazione a proporre ricorso anche da parte delle imprese che non abbiano partecipato alla gara ma che vantino, tuttavia, l’interesse al rinnovo della stessa.

Da ultimo la Corte di Giustizia si è espressa anche in ordine alla esperibilità del ricorso incidentale escludente quando abbiano partecipato più di due imprese alla gara. In tale contesto specifico la fondatezza dei ricorsi reciprocamente escludenti non produce effetti certi poiché la stazione appaltante potrebbe aggiudicare la gara alle imprese terza o quarta classificata oppure riservarsi di agire in auto-tutela verificando il possesso o mancato possesso dei requisiti di qualificazione delle altre imprese e, solo eventualmente ed in modo discrezionale, decidere se rinnovare la gara (potere di annullamento ex art. 21-nonies l. 241/1990).

Il Consiglio di Stato, per le esposte ragioni, ha ritenuto che quando partecipino alla gara due o più imprese difetta l’attualità e la concretezza dell’interesse a ricorrere proprio a fronte dell’incertezza derivante dall’accoglimento dei ricorsi escludenti. Pertanto, aveva affermato che il ricorso incidentale escludente è ammissibile solo quando contesti i provvedimenti di ammissione di tutte le altre imprese partecipanti alla gara e fornisca la prova dei relativi profili di illegittimità.

La Corte di Giustizia ha, tuttavia, ritenuto che il ragionamento effettuato dalla giurisprudenza interna renda troppo difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa e contrasti, perciò, con il principio di effettività della tutela. L’interesse strumentale al rinnovo della gara, con ricorso incidentale, deve trovare tutela anche quando le imprese partecipanti alla gara siano più di due senza che all’impresa siano imposti oneri processuali eccessivamente difficoltosi, come impugnare tutti i provvedimenti di ammissione alla gara (anche delle imprese terza e quarta classificate) e provare i relativi profili di illegittimità (Corte di Giustizia 5 settembre 2019, C- 333/2018).


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Sara Cimini

E' laureata in giurisprudenza alla luce di un percorso di studio che ha favorito il sorgere della passione e dedizione per il diritto amministrativo, le tematiche ambientali, il diritto pubblico ed il diritto penale. L'approfondimento delle materie è avvenuto attraverso la specializzazione nelle professioni legali (SSPL), la pratica forense svolta presso uno studio legale specializzato in diritto civile, condominio, diritto penale e amministrativo. Inoltre, ha svolto il tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso il T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III Principale. Durante la formazione ha acquisito competenze principalmente sugli appalti pubblici, servizi e trasporti pubblici, A.S.N., test di accesso alla facoltà di medicina e scuole di specializzazione nonché sulla organizzazione degli uffici pubblici e giudiziari.

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