L’interpretazione della legge nel Medioevo

L’interpretazione della legge nel Medioevo

Quando viene fatto riferimento al Medioevo ordinariamente si è soliti pensare ad un periodo cupo, un momento, storicamente parlando, di mezzo tra due epoche simbolicamente fiorenti: il mondo antico e l’età moderna. Tuttavia sarebbe errato attribuire agli anni medievali una nozione unicamente dispregiativa in quanto, benché alle volte celate, vi sono state importanti vicende che hanno contribuito al progresso ed a innovazioni, anche in campo giuridico.

Durante il Medioevo, la maggior parte delle norme erano orali. Difatti, gli esperti del diritto erano semplicemente coloro che ricordavano le consuetudini del passato e le applicavano alle fattispecie concrete attuali. Ciò al fine di limitare l’utilizzo della forza come metodo di risoluzione delle controversie, tentando una soluzione più pacifica.

Sarà solo con la riscoperta del diritto romano ed uno studio maggiormente dettagliato delle leggi, che si inizierà a parlare di ragionamento giuridico, e di conseguenza della riscoperta di una figura che era andata col tempo a perdersi: quella del giurista. Tutto ciò, per merito anche della scuola dei glossatori e successivamente di quella dei commentatori. 

Iniziano così a lasciarsi alle spalle l’utilizzo del diritto orale e a porre le basi della “scientia iuris” facendo ricorso a testi normativi scritti. 

La scuola dei glossatori nasce grazie alle conoscenze di Irnerio, il quale riconosce il potenziale giuridico del Codice Giustinianeo ed allo stesso tempo la sua difficoltà argomentativa. Riconosciuta la notevole difficoltà, utilizza il metodo della “glossa”, ossia annotazioni, spiegazioni e riferimenti a fattispecie analoghe, al margine o tra le righe del Codice emanato nel periodo romano. L’attenzione dei glossatori si concentra sui primi nove libri del Codice. 

Mediante tali glosse, il giurista ossia lo studioso del diritto, chiarisce il significato intrinseco del materiale giuridico in esame. 

La scuola dei commentatori invece, a differenza di quella bolognese (ossia quella dei glossatori), si basa sul ragionamento (inteso come attività cognitiva al fine di arrivare ad una soluzione) con lo scopo di interpretare il testo legislativo di epoca romana. Il metodo adottato dai commentatori sarà quello prevalentemente adoperato da parte dei giuristi medievali, il cui lavoro torna ad essere considerato (dopo che avevano perduto la centralità assunta nelle Repubblica romana dal 509 a.C. al 27 a.C.) una professione, tanto che per poter svolgere tale attività era necessario essere iscritti al collegio dei giuristi. 

Tuttavia, come detto in precedenza, le norme applicate nei contesti sociali erano di stampo romano, la maggioranza delle quali risultavano inappropriate nello svolgere il proprio compito in una società diversa da quella in cui erano state emanate. Ed è in questo modo che viene a rivestire grande importanza l’istituto “dell’interpretatio”.  

Ad oggi all’interprete è affidato il compito di spiegare la norma emanata dal legislatore; durante il Medioevo, l’interpretazione era affidata ai giuristi, i quali mediante il loro lavoro andavano oltre il trovare il significato intrinseco di una norma, infatti spesso creavano materiale giuridico nuovo e quindi un testo diverso rispetto all’originale. Tutto ciò anche al fine di poter applicare quel diritto romano (alla base della giurisprudenza medievale) nel contesto socio-politico d’interesse. Così, il giurista, partendo dalla “ratio” della norma, creava, mediante commenti, una regola completamente nuova, ma con il rischio di contrasti con altre interpretazioni dottrinarie di altri giuristi ed ovviamente con l’originario testo normativo. Tuttavia, questo sistema giuridico basato sull’interpretazione dovrà attendere l’età moderna prima che venga messo in discussione e si inizi a pensare ad un sistema legislativo e non ad un diritto di stampo prettamente dottrinale o giurisprudenziale. 

E’ da tener presente un altro fattore di ingente importanza. La vita nel Medioevo era strettamente collegata alle usanze ed ai dettami religiosi. Sarà solo con l’umanesimo e successivamente con l’illuminismo che l’uomo inizierà a rappresentarsi come fautore della propria vita. Per cui, ad ora, anche l’interpretazione di una legge risente fortemente dell’influenza religiosa, infatti le regole formavano la disciplina giuridica ordinata da Dio, dove l’uomo non poteva alterarla, ma solamente trarre una condotta da tenere, ricorrendo “all’interpretatio”. 

Il materiale giuridico creato dagli interpreti, sarebbe poi stato necessario al giurista stesso, il quale praticamente si sarebbe ritrovato a svolgere una consulenza, e quindi a consigliare un cliente sulle modalità di stipula di un contratto oppure su un comportamento da tenere o meno in una data situazione.  

Il diritto interpretato (e creato) dagli esperti del diritto veniva utilizzato non solo dai giuristi, ma anche da tutte quelle figure che attivamente operavano nella risoluzione di controversie giudiziarie, tra cui è doveroso citare parti che tutt’oggi sono al centro della scena giudiziaria: avvocati e giudici. 


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