Liquidazione del danno in via equitativa: cosa significa esattamente?
Sommario: 1. Che cos’è la liquidazione in via equitativa – 2. La liquidazione equitativa ed obbligo di motivazione – 3. Il caso – 4. La decisione della Corte di Cassazione
In molti casi l’entità di un danno che abbiamo subìto non può essere determinata con esattezza. Quando ci si trova in una situazione del genere, il giudice chiamato a dirimere la controversia procede alla liquidazione in via equitativa. Ma cosa significa esattamente?
1. Che cos’è la liquidazione in via equitativa
Dalla lettura dell’art. 1226 c.c. emerge che quando il giudice, al termine della causa, ritiene raggiunta la prova dell’esistenza del danno, che quindi è certo, ma non è dimostrabile l’entità economica dello stesso, può liquidare il risarcimento in via equitativa.
In altri termini l’ammontare del risarcimento viene quantificato secondo il prudente apprezzamento del magistrato, tenendo conto del suo giudizio in relazione al caso concreto, anche sulla base di nozioni di comune esperienza.
Un tipico caso in cui avviene la liquidazione in via equitativa è quando si è in presenza di un danno non patrimoniale, che per la sua natura, non può essere quantificato con precisione sulla base di scontrini, fatture o altri documenti di spesa.
Il soggetto danneggiato potrebbe subire un peggioramento in termini di qualità della vita quotidiana, come stress e sofferenza morale, che vanno valutati anche in considerazione della personalità della persona lesa.
2. Liquidazione equitativa ed obbligo di motivazione
La Cassazione si è più volte espressa in merito all’obbligo di motivazione gravante sul giudice circa la quantificazione del danno. Si segnalano a riguardo alcune delle più recenti pronunce in materia.
Con sentenza n°22896 del 13 dicembre 2012, la Suprema Corte evidenziava che la valutazione equitativa del danno, essendo caratterizzata inevitabilmente da un certo grado di approssimatività, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, solo se difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria.
Con sentenza n°4377 del 07 marzo 2016, gli Ermellini hanno precisato che il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa dando contezza delle motivazioni che lo hanno portato a quella specifica quantificazione del danno; la determinazione dell’importo non può sbiadirsi in un responso oracolare, né svilirsi a un frettoloso calcolo ragionieristico del tutto sganciato dalle specificità del caso concreto.
Con sentenza n°2327 del 31 gennaio 2018, si statuiva che in tema di liquidazione equitativa del danno, al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al “quantum”.
3. Il caso
La Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Telefonica T.I. Spa e in conseguente parziale riforma della pronunzia Tribunale di Napoli, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima originariamente proposta dalla società C. s.r.l. di accertamento dell’inadempimento del contratto di somministrazione per erroneo addebito del traffico telefonico, e di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittima disattivazione dell’utenza.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società C. s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo: si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1226, 1218, 1223, 1366, 1375 c.c.
Nello specifico la società ricorrente si doleva del fatto che, dopo aver accertato l’inadempimento della società T.I. Spa, la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni ritenendo non essere stati offerti criteri idonei per farsi luogo alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.
La Cassazione, chiamata a risolvere la controversia, con ordinanza n° 1579 del 22 gennaio 2019, accoglie il ricorso ritenendolo fondato.
4. La decisione della Corte di Cassazione
Gli Ermellini tornano a ribadire che la valutazione equitativa è subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile non meramente eventuale o ipotetico, ma certo ed alla circostanza dell’impossibilità o estrema difficoltà di prova nel suo preciso ammontare, attenendo alla qualificazione e non già all’individuazione del danno.
Tale valutazione va effettuata con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare della rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione.
Il giudice è quindi tenuto a dare conto dell’esercizio dei propri poteri discrezionali, e perché la liquidazione equitativa non risulti arbitraria, è necessario che spieghi le ragioni del processo logico sul quale essa è fondata, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo adottato al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità.
La Corte di Cassazione rileva come nel secondo grado di giudizio questi principi sono stati disattesi. Infatti la Corte d’Appello aveva affermato che “anche nel caso in cui effettivamente la prova del danno risulta essere particolarmente gravosa, chi invoca l’applicazione dell’esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, è sempre tenuto ad offrire elementi di giudizio tali da permettere al giudice di verificare in primis l’esistenza e, successivamente, di determinare l’entità in maniera sufficientemente precisa e adeguatamente argomentata secondo criteri logici e razionalmente giustificati“.
Per tale motivo la Suprema Corte accoglie il ricorso, rinviando alla Corte d’Appello di Napoli che dovrà procedere ad un nuovo esame, applicando i principi sopra esposti.
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Elisa Nardocci
Nata a Viterbo nel 1990, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel gennaio 2017 presso l'Università di Roma "La Sapienza", discutendo una tesi in diritto processuale civile dal titolo "La conciliazione stragiudiziale delle controversie di lavoro", relatrice Prof.ssa Roberta Tiscini.
Dal febbraio 2017 svolge pratica forense presso uno studio legale che si occupa prevalentemente di diritto civile, di famiglia, del lavoro e previdenziale.