Liquidazione del patrimonio, nuovi orizzonti del Codice della crisi e dell’insolvenza e Pace fiscale
Questo contributo è teso a fornire una panoramica sull’attuale procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter e ss. L.n.3/2012, sulle novità previste dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza e sulle opportunità previste dalla Legge di Bilancio 2019.
La liquidazione del patrimonio (artt. da 14-ter a 14-terdecies L.n.3/2012) è una procedura alternativa rispetto all’accordo coi creditori e al piano del consumatore previsti dalla stessa normativa e che risponde all’obiettivo di quantificare e distribuire ai creditori gli averi del debitore.
Tale risultato viene ottenuto secondo un programma di composizione del debito di natura, in questo caso, esclusivamente dismissiva secondo tempi e modalità riassunti in un piano che guidano il liquidatore nella fase di vendita dei beni.
Si tratta di una vera e propria procedura concorsuale che coinvolge dal lato passivo tutto il patrimonio del debitore e dal lato attivo tutti i creditori anteriori all’apertura della procedura.
Si sottolinea che rispetto ai creditori sorge un divieto di inizio e/o prosecuzione di azioni esecutive e cautelari oltre che un divieto di costituzione di cause legittime di prelazione.
Una peculiarità della procedura si sostanzia nella mancanza di accordo coi creditori considerato che allo stato la procedura è su base volontaria – fermo restando che la procedura può essere aperta a seguito di conversione ex art. 14-quater – e il debitore è il solo legittimato a richiedere l’apertura della procedura.
La volontarietà che attualmente caratterizza la procedura trova il suo naturale sbocco nella possibilità dell’esdebitazione fornita al debitore meritevole (art. 14-terdecies).
Lo spirito della norma è quello di attribuire all’insolvente civile la possibilità di cancellazione dei debiti per poter ripartire da zero (c.d. fresh start) e riacquistare un ruolo attivo nell’economia.
Il sistema tende – e per inciso il nuovo Codice della crisi e della insolvenza va esattamente in questa direzione – ad eliminare dal mercato i soggetti in crisi o insolventi al fine di lasciare spazio ad imprese e soggetti in grado di operare in maniera sana sul mercato.
Una delle novità del Codice della crisi e dell’insolvenza che verrà è l’attribuzione a terzi, oltre che al debitore, della legittimazione a promuovere la procedura che verrà chiamata “liquidazione controllata”. Sintomatico del cambiamento di prospettiva in atto è che il pubblico ministero potrà attivare la procedura senza distinzione tra crisi d’impresa e crisi personale.
Ampliando la platea dei soggetti legittimati a chiedere l’apertura della procedura il legislatore ha permesso – non si sa ancora se in modo costituzionalmente accettabile o meno – di consentire l’ablazione coattiva del patrimonio dell’indebitato sulla base di una semplice situazione di crisi non ancora diventata insolvenza.
Il Codice della crisi e della insolvenza ha infatti definito (art. 2) il sovraindebitamento come uno <<stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza>>.
Orbene, il riferimento alla crisi, ossia alla <<probabilità di futura insolvenza>> consente – anche a terzi – il ricorso alla procedura di liquidazione ben prima che l’esposizione debitoria passiva sia smisuratamente aggravata.
Sotto un diverso profilo invece, venendo alla stretta attualità, una norma che sta passando inosservata è quella prevista dal comma 188 della Legge di Bilancio 2019 (L.n.145 del 30 dicembre 2018), in base alla quale <<Indipendentemente da quanto stabilito dal comma 186, ai fini del comma 184 e del comma 185, versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica i soggetti per cui è stata aperta alla data di presentazione della dichiarazione di cui al comma 189 la procedura di liquidazione di cui all’articolo 14-ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3. I debiti di cui al comma 184 e al comma 185 di tali soggetti possono essere estinti versando le somme di cui alla lettera a) del comma 187, in misura pari al 10 per cento e quelle di cui alla lettera b) dello stesso comma 187. A tal fine, alla dichiarazione di cui al comma 189 è allegata copia conforme del decreto di apertura della liquidazione previsto dall’articolo 14-quinquies della medesima legge 27 gennaio 2012, n. 3>>.
In altre parole i debitori per i quali è stata aperta una procedura di liquidazione del patrimonio possono allegare una copia conforme del provvedimento al modulo di richiesta di adesione alla c.d. Pace Fiscale e pagare soltanto il 10% del carico iscritto a ruolo, mentre gli oneri di riscossione saranno comunque dovuti per l’intero.
Orbene, senza dubbio si tratta di una prospettiva allettante per i soggetti indebitati col fisco, anche se desta qualche perplessità il dover versare per l’intero gli oneri di riscossione.
A parere di chi scrive pare lampante l’alterazione – sia pur prevista ex lege – dell’ordine dei privilegi, essendo gli oneri di riscossione una posta di natura chirografaria.
In conclusione, se per un verso l’attuale disciplina della liquidazione del patrimonio – soprattutto con riferimento all’opportunità prevista dalla c.d. Pace Fiscale – appare conveniente per il debitore (fermi restando i dubbi espressi sull’alterazione dell’ordine dei privilegi), per altro verso il nuovo Codice della crisi e della insolvenza sembra mostrare qualche ombra con riferimento alla possibilità di promuovere quello che viene chiamato ancora oggi Fallimento anche nei confronti dei privati.
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