L’iscrizione ad ipoteca giudiziale a garanzia dell’assegno di mantenimento e l’elemento del periculum
L’art. 2818 del codice civile prevede in via generale che “ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma di denaro o all’adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore” e che “lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto”. Interessante il riferimento nell’art. 2818 c.c. oltre che alla condanna al pagamento di una somma di denaro (e oltre alle sentenze di risarcimento dei danni), anche “all’adempimento di altra obbligazione”. Costituisce dunque titolo per l’ipoteca anche una condanna di fare, di non fare, di dare purché, risulti convertibile in una somma di denaro, come potrebbe essere il pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di divorzio, separazione e/o affidamento dei figli. La riforma Cartabia, entrata in vigore a partire dal 28 febbraio 2023, da un lato ha abrogato l’art. 156 comma 5 del c. c., il quale disponeva che: “il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall’art. 155”, dall’altro ha introdotto il nuovo art. 156, comma 5 c. p. c., il quale dispone che: “i provvedimenti, anche se temporanei, in materia di contributo economico in favore della prole o delle parti sono immediatamente esecutivi e costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Il giudice può imporre al soggetto obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi di contributo economico”.
La giurisprudenza ha molto dibattuto sulla necessaria condizione di inadempimento o del pericolo di inadempimento per l’iscrizione di ipoteca giudiziale a garanzia dell’assegno di mantenimento. La norma di cui all’art. 156 cc, comma 5, è stata definita, pleonastica poiché, anche in sua assenza, la sentenza di separazione resta comunque titolo per l’iscrizione ipotecaria, proprio a causa della sua natura composita che contiene anche provvedimenti condannatori. [1]
La Corte di Appello di Milano con sentenza del 2020, aveva svincolato completamente la garanzia dal requisito del pericolo di inadempimento: “in materia la Corte deve premettere che, in via generale, l’ipoteca giudiziale ex art. 2818 c. c., quale diritto reale di garanzia, è un istituto posto a presidio del diritto del creditore ad essere pienamente soddisfatto, tutelando in via preventiva da un eventuale inadempimento posto in essere dal debitore, e con la peculiarità di conferire autonomia al creditore stesso nel procedere all’iscrizione della garanzia ogniqualvolta sia stata emesso in suo favore un provvedimento giudiziale con effetto di condanna al pagamento o altra obbligazione .L’ipoteca giudiziale ex art. 156, comma 5, c. c. e art. 8, comma 2, della L. 898\70, risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva attivabile unicamente e immediatamente all’emissione di un provvedimento giudiziale di cui all’art. 2818 c. c. senza la necessità di ulteriori requisiti. Ritiene il Collegio “ che l’estensione analogica del presupposto del periculum anche all’ipotesi di riconoscimento dell’assegno divorzile di cui all’art. 8 della L. 898\1970 non risulta essere fondata, in considerazione sia del tenore letterale delle norme dell’art. 156 c .c. e dell’art. 8 della L. 898\70 idoneo ad evidenziare una volontaria e consapevole omissione del legislatore sia della delicata funzione svolta dall’assegno divorzile dianzi descritta e relativa al soddisfacimento di un credito sui generis.”
Secondo tale ricostruzione dunque la cancellazione dell’ipoteca non è un automatismo legato all’inesistenza del periculum, il legislatore per tutelare il debitore, qualora fosse vittima dell’abuso dello strumento di garanzia da parte del creditore, in termini di iniqua valutazione del credito e della cautela, ha posto in suo favore la facoltà di agire per ottenere la riduzione dell’ipoteca iscritta ex artt. 2872 ss. cc. In questo senso dunque la riduzione, se accertata dall’autorità giudiziaria, consente di riequilibrare le posizioni. Tuttavia, ciò significa che anche qualora sia accertata una sproporzione tra il credito e il valore del bene ipotecato, non si può giungere alla cancellazione in toto dell’iscrizione ipotecaria, sopprimendo così il diritto di garanzia del creditore previsto ex lege e relativo ad un credito ancora esistente e meritevole di tutela. [2]
Tale ricostruzione veniva considerata dai giuristi più aderente alla norma; dello stesso tenore è la posizione della Corte di Appello di Firenze “l’art. 156 cit., non richiede per la sua emanazione la valutazione di un periculum in mora e ciò appare del tutto congruente atteso che all’atto della emanazione della sentenza di condanna al pagamento di una certa somma l’inadempimento non è previsto né prevedibile. Al pari di ogni sentenza di condanna la tutela al creditore è fornita dalla possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c. Una norma specifica dettata a tutela del credito al mantenimento, quindi a carattere alimentare, non può godere di una diversa e inferiore garanzia patrimoniale rispetto a un qualsiasi diritto di credito ordinario. Né il creditore può sostituirsi al Giudice nella valutazione all’atto di iscrizione della ipoteca giudiziale, del periculum in mora: la valutazione dei presupposti per la cautela è atto proprio del Giudice (o della legge come nella fattispecie), ed è nel caso di specie, escluso dalla automaticità (nel senso di non sottoposizione a verifica giudiziale) della iscrizione della ipoteca al deposito della sentenza”.
La ricostruzione invece è linearmente quella rinvenibile dal dettato normativo. Come qualsivoglia diritto di credito accertato in sentenza, la condanna è assistita dalla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. A tutela del mantenimento dell’integrità del patrimonio del debitore, è prevista l’iscrizione ipotecaria sulla base del titolo che porta la condanna. Il diritto di credito al mantenimento, appena accertato, può essere garantito da tale iscrizione al pari di ogni altro diritto di credito.” [3]
L’ orientamento giurisprudenziale appena descritto risulta ormai superato da una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, che circa la cancellazione di ipoteca iscritta sui beni del coniuge, sottolinea la necessità della sussistenza dell’inadempimento o del “pericolo di inadempimento” per l’iscrizione e il mantenimento della garanzia ipotecaria.
La Corte di Cassazione, ritenendo non condivisibile l’ orientamento precedentemente descritto, afferma che il corretto e puntuale adempimento degli obblighi di mantenimento derivanti dalla sentenza di separazione o divorzio determinerebbe il venir meno del presupposto per la garanzia ipotecaria e, dunque, ne conseguirebbe il diritto dell’interessato ad ottenere dal giudice l’emanazione di un ordine di cancellazione.
A tal proposito, gli Ermellini affermano come sia necessario staccarsi dalla lettura meramente testuale della norma, ricercando invece un autonomo significato normativo, attraverso una lettura in chiave sistematica; la disposizione infatti, deve essere letta nel quadro delle complessive tutele apprestate per garantire il credito del coniuge: le garanzie reali, personali, nonché i versamenti diretti da parte del datore di lavoro sono tutti strumenti idonei a garanzia dei crediti alimentari solo se ricorre l’effettivo e/o il pericolo di inadempimento. Pertanto, l’iscrizione ipotecaria non può ritenersi svincolata da tali presupposti, in quanto, si finirebbe per regolamentarla in maniera differente rispetto alle altre forme di garanzia.
Alla luce di tale ricostruzione la Corte di Cassazione, ha enunciato il principio di diritto per cui: “in tema di iscrizione ipotecaria, il giudice avanti al quale è proposta una istanza di cancellazione dell’ipoteca, disposta ai sensi dell’art. 156, 5 comma, c. c., è tenuto a verificare la sussistenza o meno del pericolo di inadempimento dell’obbligato e a disporre, in mancanza, l’emanazione del corrispondente ordine di cancellazione, ai sensi dell’art. 2884 c. c.” [4]
1. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Commento sistematico della legge 19 maggio 1975, n. 151, vol. I, Milano, 1984, 652 e A. Graziosi, op. cit., p. 258.
2. Corte di Appello di Milano sentenza n. 1154/2020.
3. Corte Appello Firenze Sez. II, 25/02/2017 avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 3204/2006.
4. Corte di Cass. Sez. I, 16/01/2023 n. 1076.
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