L’ispezione del conto bancario di un avvocato viola l’art. 8 CEDU
Nella sentenza relativa alla causa Sommer contro Germania (ricorso n. 73607/13) del 27 aprile 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto, all’unanimità, che vi è stata una palese violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
I fatti
Nel mese di marzo e aprile 2011 le autorità tedesche contattavano la banca dell’avv. Sommer, avvocato penalista, richiedendo informazioni su tutte le transazioni relative al suo conto bancario professionale eseguite nei due anni precedenti, nonché informazioni su altri conti, appartenenti ai suoi clienti.
Le richieste, basate in particolare sull’articolo 161 del codice di procedura penale, scaturivano da un’inchiesta penale in materia di frode organizzata, ove tra i sospettati figuravano anche alcuni clienti dell’avv. Sommer. Il procuratore sospettava, in particolare, che il denaro trasferito dalla fidanzata di uno dei clienti all’avv. Sommer per pagare le sue spese legali fosse, in realtà, il frutto di proventi illeciti.
Alla banca veniva, altresì, chiesto dal procuratore di non rivelare la richiesta di ispezione all’avv. Sommer. La banca rispettava la richiesta ed un elenco di 53 operazioni veniva successivamente incluso nel fascicolo d’inchiesta.
Invero, la legge tedesca consente di accedere a conti bancari in caso di un mero sospetto della commissione di un reato, senza, però che vi siano regole dettagliate e chiare sulle modalità di raccolta e di archiviazione degli stessi, sulla durata, sul loro uso, sull’accesso a terzi, sulle procedure per preservare la privacy e sulla distruzione dei dati estranei alla procedura.
L’avv. Sommer apprendeva delle misure di indagine relative al suo conto bancario quando, nel gennaio 2012, prendeva accesso al fascicolo in qualità di avvocato di alcuni suoi clienti imputati in processi penali. L’avvocato chiedeva, subito, ai magistrati requirenti e, più tardi, anche a quelli giudicanti – ai quali il fascicolo era stato trasferito perché intanto i procedimenti penali contro i clienti dell’avvocato erano iniziati – la restituzione dei dati, ma senza alcun successo.
Il giudice nazionale rilevava, invero, che l’inchiesta era da considerarsi legale e che la banca aveva fornito le informazioni volontariamente. Questa decisione veniva, poi, confermata in appello. La Corte d’Appello affermava che le norme di particolare favore – come quella riguardante il privilegio di un avvocato e di un cliente in forza dell’art. 160 bis in combinato disposto con gli artt. 53 e 53 bis del codice di procedura penale – in materia di sequestro di documenti affidati agli avvocati non erano applicabili nel caso di Sommer. La Corte Costituzionale federale rifiutava di dichiarare ammissibile il ricorso dell’avv. Sommer nel settembre 2013.
La decisione della Corte
La Corte ha dichiarato che la raccolta, la conservazione e la messa a disposizione delle transazioni bancarie professionali dell’avv. Sommer avevano interferito con il suo diritto al rispetto della riservatezza professionale e della sua vita privata.
In linea di massima, infatti, la giustificazione di tale interferenza, vale a dire prevenire la criminalità e proteggere i diritti e le libertà degli altri, nonché il benessere economico del paese, è da considerarsi legittima. Tuttavia, la Corte ha constatato che la portata delle richieste di informazioni delle autorità giudiziarie era stata molto ampia.
Le richieste avevano riguardato, infatti, tutte le informazioni riguardanti il conto bancario e le operazioni bancarie dell’avv. Sommer. Le informazioni fornite dalla banca avevano dato al procuratore e alla polizia un quadro completo dell’attività professionale dell’avv. Sommer nonché informazioni sui suoi clienti.
Inoltre, le carenze nella limitazione delle richieste di informazioni non erano state compensate da adeguate garanzie procedurali.
Infatti in base alla c.d. «blanket clause» era possibile ispezionare i conti bancari anche se il sospetto era meramente probabile. L’accesso indiscriminato e senza limiti temporali ad un’ampia gamma di informazioni, anche sensibili, non era compensato da alcuna garanzia procedurale, nemmeno per le ipotesi in cui si sarebbe dovuta adottare una tutela più severa come quella del segreto professionale.
In breve per la Corte EDU anche se il fine era legittimo (prevenire crimini, tutelare i diritti e le libertà altrui e la tutela della prosperità economica del paese) non c’era alcuna base legale e giuridica valida per legittimare questa interferenza arbitraria e sproporzionata nella privacy del legale e dei suoi clienti.
La Corte EDU ha rimarcato come il segreto professionale risponda all’esigenza di tutelare il delicato rapporto tra avvocato e cliente, basato sulla fiducia e sulla riservatezza, garantita anche a livello internazionale. È stato, altresì, specificato che l’accesso a questi dati dovrebbe essere concesso solo nei casi di gravi sospetti/indizi di reato.
Invero, «the Court has previously acknowledged the importance of specific procedural guarantees when it comes to protecting the confidentiality of exchanges between lawyer and client and of legal professional privilege (see Michaud v. France (no. 12323/11, ECHR 2012), § 130). It has emphasized that, subject to strict supervision, it is possible to impose certain obligations on lawyers concerning their relations with their clients, for example in the event that there is plausible evidence of the lawyer’s involvement in a crime and in the context of the fight against money-laundering».
Art. 160 bis CCP:
“(1) An investigative measure directed against a person named in Article 53 § 1 (1), (2) or (4), a lawyer, … shall be invalid if it is expected to produce information in respect of which that person would have the right to refuse to testify. Any information which is obtained nonetheless may not be used. Any record of such information is to be deleted without delay. The fact that the information was obtained and deleted shall be documented. Where information about a person referred to in the first sentence [of Article 160a § 1] is obtained through an investigative measure which is not aimed at that person, and in respect of which that person may refuse to testify, the second to fourth sentences [of Article 160a § 1] shall apply mutatis mutandis.
…
(3) Paragraphs 1 and 2 are to be applied mutatis mutandis in so far as the persons named in Article 53a would have the right to refuse to testify.
(4) Paragraphs 1 to 3 shall not apply where certain facts substantiate the suspicion that the person who is entitled to refuse to testify participated in the offence or in aiding and abetting following the commission of the offence, or in the obstruction of justice or handling stolen goods. …
(5) Article 97 and Article 100c § 6) shall remain unaffected.”
Art. 161 CCP:
“For the purpose indicated in Article 160 …, the public prosecution office shall be entitled to request information from all authorities and conduct investigations of any kind, either itself or through the authorities and officials in the police force, provided there are no other statutory provisions specifically regulating their powers.”
Art. 53 CCP:
“(1) The following persons may also refuse to testify:
…
2. defence counsel for the accused, in relation to information which was entrusted to them or became known to them in this capacity;
3. lawyers, … in relation to information which was entrusted to them or became known to them in this capacity. In this respect, other members of a bar association shall be deemed to be lawyers;
…”
Article 53a of the CCP extends the right to refuse to testify to persons assisting and persons involved in the professional activities of those listed in Article 53 § 1 (1) to (4) as part of their training.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Avv. Giacomo Romano
Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.