Liste di attesa infinite per le visite mediche: come difendersi dalle pratiche illecite

Liste di attesa infinite per le visite mediche: come difendersi dalle pratiche illecite

Il diritto alla salute è costituzionalmente sancito all’art. 32 della Carta Costituzionale secondo cui: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il diritto alla salute rappresenta per il Costituente un diritto fondamentale dell’individuo, oltre ad un interesse primario per la collettività. Tra l’altro, il diritto in esame è l’unico ad essere qualificato come “inviolabile” dalla Costituzione. La sua importanza è confermata anche dall’art. 35 della Carta di Nizza secondo cui: “ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana” da cui si desume che quello alla salute è un diritto fondamentale in tutto il territorio dell’Unione Europea.

Il concetto di “salute” viene inteso dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S)[1] come benessere fisico e mentale e assenza di qualsiasi malattia. Così intesa, la sua tutela impegna lo Stato verso il raggiungimento del benessere dei propri cittadini.

Tuttavia, nonostante ciò, sempre più spesso si assiste al triste fenomeno delle lunghissime liste di attesa per la prenotazione delle visite mediche presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale o, cosa ancor più grave, all’illecita prassi delle “liste di attesa bloccate”. Tali prassi ostacolano l’esercizio del diritto alla cura e alla salute del paziente motivo per cui sono da ritenersi del tutto illecite ed illegittime.

Per tale ragione, scopo del presente elaborato è esaminare alcuni istituti che possono essere utili al fine di garantire il fondamentale diritto alla salute e contrastare le illecite prassi sopra descritte.

1. Il rimborso delle visite mediche eseguite a pagamento

Nell’ipotesi di lunghe file di attesa per poter usufruire di una visita medica presso le Strutture del Servizio sanitario Nazionale un primo rimedio a tutela del diritto alla salute è espressamente sancito nel Decreto Legislativo del 29 aprile 1998 n. 124 che all’art.3 comma 10 precisa: “entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere determinano, entro trenta giorni dall’efficacia della disciplina regionale, il tempo massimo che può intercorrere tra la data della richiesta delle prestazioni di cui ai commi 3 e 4 e l’erogazione della stessa. Di tale termine è data comunicazione all’assistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonché idonea pubblicità a cura delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere”. Alla luce di tale disposizione, i direttori generali delle AUSL devono necessariamente indicare il tempo massimo che può intercorrere tra l’emissione della ricetta (richiesta per la prestazione medica) e la sua effettiva realizzazione e questo termine deve essere comunicato al paziente quando effettua la prenotazione per la prestazione medica.

Sulla base di ciò, il successivo art.3 comma 13 del D.Lgs. n.124/1998 statuisce che: “fino all’entrata in vigore delle discipline regionali di cui al comma 12, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. Nel caso l’assistito sia esente dalla predetta partecipazione l’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e l’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione corrispondono, in misura eguale, l’intero costo della prestazione. Agli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all’erogazione delle prestazioni in regime di attività libero professionale intramuraria si fa fronte con le risorse di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, con conseguente esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato”. Sulla base di questa disposizione, qualora non sia possibile effettuare la prestazione medica entro i termini previsti dal direttore generale, il paziente può chiedere che la prestazione venga realizzata nell’ambito dell’attiva intramoenia, ponendo a carico della stessa AUSL i relativi costi.

Più precisamente: – nel caso di visita medica per pazienti non esenti, il comma 13 dell’art.3 del D.Lgs. n.124/1998 prevede che l’AUSL contribuisca a versare la differenza tra la somma pagata (a titolo di anticipo) dal paziente e l’effettivo costo della prestazione. Ad esempio: se la prestazione medica ha un costo di €.30,00 ma in regime intramoenia il paziente paga €.150,00, in virtù di questa norma la AUSL è obbligata a rimborsare al paziente che ha anticipato il costo della visita la differenza tra:  €.150,00 (costo effettivamente pagato) e €.30,00 (costo reale della prestazione) = €.120,00 (quota da rimborsare); – nel caso in cui l’assistito è esente dal pagamento della prestazione medica, l’AUSL è tenuta a pagare l’intero costo della prestazione.

La richiesta di ricevere la prestazione in intramoenia deve essere presentata al Direttore Generale dell’Azienda di riferimento e deve riportare: a) i dati personali dell’interessato; b) l’accertamento richiesto; c) l’indicazione della prima data disponibile comunicata in fase di prenotazione; d) i motivi di urgenza; e) il proprio diritto a conoscere i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta di prestazioni e la loro erogazione; f) l’istanza di usufruire, nel caso di impossibilità di rispettare i predetti tempi, di attività libero-professionali in regime intramoenia.

In merito alle ragioni di urgenza, giova rammentare che la Corte di Cassazione con la pronuncia  n. 2444 del 20 febbraio 2001 aveva chiarito che “nell’ipotesi in cui a fondamento della domanda di un assistito dal servizio sanitario nazionale, rivolta ad ottenere il rimborso di spese ospedaliere non preventivamente autorizzate dalla Regione, vengano dedotte ragioni di urgenza (che comportano per l’assistito pericoli di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione evitabili soltanto con cure tempestive non ottenibili dalla struttura pubblica), manca ogni potere autorizzatorio discrezionale della pubblica amministrazione, non essendo rilevante in contrario la eventuale discrezionalità tecnica nell’apprezzamento del motivo di urgenza, atteso che oggetto della domanda è il diritto primario e fondamentalmente alla salute, il cui necessario temperamento con altri interessi, pure costituzionalmente protetti (quali la esistenza delle risorse del servizio sanitario nazionale con le conseguenti legittime limitazioni con leggi, regolamenti ed atti amministrativi generali), non vale a privarlo della consistenza di diritto soggettivo perfetto, tutelabile innanzi al giudice ordinario” sì che “ pur in mancanza di preventiva autorizzazione, ben poteva richiedere il rimborso delle spese sostenute per l’intervento chirurgico effettuato presso un centro specializzato esterno alla struttura pubblica o convenzionata”, onde per cui l’amministrazione sanitaria non ha alcun potere nel valutare l’effettiva urgenza della prenotazione.

Orbene, la possibilità di ottener il rimborso del costo della prestazione medica trova conferma anche nella sentenza n.3264/2018[2] del Giudice di Pace di Lecce.

La predetta decisione aveva come oggetto il rimborso della somma di denaro sborsata da un paziente per “per essersi sottoposto non ad un esame qualunque e/o comunque differibile nel tempo bensì ad un esame urgente e indispensabile al fine di individuare con esattezza nel più breve tempo possibile la terapia più indicata per debellare la malattia, arrestarne il corso o comunque tentare di contrastare l’inesorabile evolversi di neoplasie di cui è affetto”.

In tale pronuncia il Giudice di Pace ha confermato i principi di cui sopra ribadendo che: “nel nostro ordinamento è principio consolidato l’intangibilità del nucleo essenziale del diritto alla salute, che comprende gli aspetti di cui non si può in nessun caso essere privati, pena la violazione del dettato costituzionale che viene sanzionata con l’illegittimità delle norme che si pongono in contrasto con esso. Giova evidenziare che nel nostro ordinamento si rinvengono […] posizioni soggettive a nucleo rigido, rinvenibili unicamente in presenza di quei diritti, quale quello alla salute che -in ragione della loro dimensione costituzionale e della loro stretta inerenza a valori primari della persona -non possono essere definitivamente sacrificati o compromessi, sicchè allorquando si prospettino motivi di urgenza suscettibili di esporli a pregiudizi gravi e irreversibili, alla pubblica amministrazione manca qualsiasi potere discrezionale di incidere su detti diritti non essendo ad essa riservato se non il potere di accertare la carenza di quelle condizioni e di quei presupposti richiesti perché la pretesa avanzata dal cittadino assuma, per il concreto contesto nel quale viene fatta valere, quello spessore contenutistico suscettibile di assicurarle una tutela rafforzata. Alla luce delle suesposte argomentazione e in virtù dell’orientamento assolutamente univoco della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale sopra evidenziato, che questo Giudice condivide facendolo proprio non essendovi motivo alcuno per discostarsene, deve essere affermato il diritto dell’attore al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dell’esame PET/TAC” condannando così la Regione al rimborso delle spese sostenute dal paziente per l’effettuazione della visita medica in altra struttura (dello stesso tenore: Tribunale di Lecce sentenza n.5448/2015 e n.60/2016).

La violazione dei tempi di attesa per l’erogazione della prestazione medica espone la struttura ospedaliera non solo all’obbligo di rimborso ma anche a responsabilità per inadempimento valutabile in sede civile (Corte di Cassazione ordinanza n.16936/2021[3]) stante che il rapporto intercorso con il paziente consiste in un contratto che la prassi ormai denomina di “spedalità“, ossia un contratto in cui, accanto alla prestazione principale ossia la cura del paziente, la struttura è tenuta ad obbligazioni secondarie, come la messa a disposizione di strumenti, di personale, e tutto quanto necessario per la cura del paziente medesimo.

In definitiva, quando la prestazione è indifferibile ed incompatibile con i tempi di attesa, il malato può domandare che la struttura sanitaria assicuri la prestazione medica in intramoenia senza pagare alcunché oltre (eventualmente) al ticket oppure, in assenza, ci si potrà recare dal medico privato e poi chiedere il rimborso all’azienda sanitaria[4].

1.1. Quando il paziente è esente dal pagamento del costo della prestazione medica?

Il paziente è esente dal pagamento del costo della prestazione medica per due ragioni:

1) la prima di ordine economico: ai sensi dell’art.4 del D.Lgs.n.1124/1998 quando l’indicatore della situazione economica equivalente del paziente è inferiore ad una certa soglia individuata dallo stesso decreto e dall’art.8 comma 16 Legge n.537/1993 e successive modificazioni (CODICE E01[5]); nel caso di disoccupati e loro familiari a carico (CODICE E02); nel caso di titolari di pensioni sociali e loro familiari a carico (CODICE E03) e titolari di pensioni al minimo di età superiore a sessant’anni e loro familiari a carico, (CODICE E04);

2) la seconda di ordine personale: i pazienti affetti da malattie rare, cioè patologie gravi, invalidanti, che colpiscono un numero ridotto di persone, con una prevalenza inferiore al limite stabilito a livello europeo di 5 casi su 10.000 abitanti così come stabilito dal D.Lgs. n.124/1998, sono esenti ai sensi del Decreto ministeriale n.279/2001. Allo stesso modo, per tutte le prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e le altre prestazioni specialistiche incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza sono esenti i pazienti:

  • invalidi di guerra (G01) appartenenti alle categorie dalla 1° alla 5° titolari di pensione diretta vitalizia e deportati in campi di sterminio (ex6 DM 1.2.1991);

  • invalidi per lavoro: grandi invalidi del lavoro ossia soggetti con una percentuale di invalidità compresa dall’80% al 100% di invalidità (ex6 DM 1.2.1991) (L01); invalidi del lavoro con riduzione della capacità lavorativa > 2/3 dal 67% al 79% di invalidità (ex art.6 DM 1.2.1991) (L02);

  • invalidi per servizio: grandi invalidi per servizio appartenenti alla 1° categoria, titolati di specifica pensione (ex6 DM 1.2.1991) (S01); invalidi per servizio appartenenti alle categorie dalla 2° alla 5° (ex art.6 DM 1.2.1991) (S02);

  • invalidi civili: invalidi civili al 100% di invalidità senza indennità di accompagnamento (ex6 DM 1.2.1991) (C01); invalidi civili al 100% di invalidità con indennità di accompagnamento (ex art.6 DM 1.2.1991) (C02); invalidi civili con riduzione della capacità lavorativa superiore a 2/3 dal 67% al 99% di invalidità (ex art.6 DM 1.2.1991) (C03); invalidi < di 18 anni con indennità di frequenza ex art. 1 L. 289/90 (ex art.5 D.lgs. 124/98) (C04); ciechi assoluti o con residuo visivo non superiore a 1/10 ad entrambi gli occhi riconosciuti dalla Commissione Invalidi Ciechi Civili (art.6 DM 1.2.1991) (C05); sordomuti (chi è colpito da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata – art.6 DM 1.2.1991, ex art.7 L.482/68 come modificato dalla L.68/99) (C06);

  • Invalidi – Vittime atti terrorismo – Vittime del dovere.

Sono esenti solo per le prestazioni correlate alla patologia che ha causato lo stato di invalidità: -gli invalidi di guerra appartenenti alle categorie dalla 6° alla 8° (ex art.6 DM 1.2.1991); -gli invalidi per lavoro con riduzione della capacità lavorativa fino a 2/3 dall’1% a 66% di invalidità (ex art.6 DM 1.2.1991) o affetti da malattie professionali (ex art.6 DM 1.2.1991); -gli invalidi per servizio appartenenti alla categoria dalla 6° all’8° (ex art.6 DM 1.2.1991)[6].

Infine, le coppie che desiderano avere un bambino e le donne in stato di gravidanza hanno diritto a eseguire gratuitamente, senza partecipazione al costo alcune prestazioni specialistiche e diagnostiche utili per tutelare la loro salute e quella del nascituro, erogate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, tra cui i consultori familiari.

1.2. Quali sono i tempi di attesa per effettuare una prestazione medica?

A tal proposito, importanti indicazioni provengono dal Piano Nazionale delle Liste di Attesa PNGLA 2019-2021[7], tutt’ora vigente, secondo cui il criterio da rispettare è quello della priorità.

Alla luce di ciò, per le prestazioni di specialistica ambulatoriale le classi di priorità sono:

  • la Classe U (Urgente): prestazioni da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore;

  • la Classe B (Breve): prestazioni da eseguire entro 10 giorni;

  • la Classe D (Differibile): prestazioni da eseguire entro 30 giorni per le visite / entro 60 giorni per gli accertamenti diagnostici;

  • la Classe P (Programmata): prestazioni da eseguire entro 120 giorni (dal 1° gennaio 2020), fino al 31 dicembre la classe P sarà di 180 giorni;

Per le prestazioni di ricovero le classi di priorità sono:

  • la Classe A: ricovero entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti o, comunque, da recare grave pregiudizio alla prognosi;

  • la Classe B: ricovero entro 60 giorni per i casi clinici che presentano intenso dolore, o gravi disfunzioni, o grave disabilità, ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi;

  • la Classe C: ricovero entro 180 giorni per i casi clinici che presentano minimo dolore, disfunzione o disabilità e non manifestano tendenza ad aggravarsi, né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi;

  • la Classe D: ricovero senza attesa massima definita per i casi clinici che non causano alcun dolore, disfunzione o disabilità. Questi casi devono comunque essere effettuati almeno entro 12 mesi.

Le Regioni e le Province Autonome, nell’ambito dell’autonomia organizzativa in materia sanitaria, possono definire tempi di attesa inferiori a quelli previsti nel Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, ma sicuramente non superiori[8].

2. L’illiceità delle “liste di attesa bloccate”

In merito al triste fenomeno delle liste di attesa bloccate, viene in rilievo l’art.1 comma 282 della Legge Finanziaria n.266/2005 secondo cui. “alle aziende sanitarie ed ospedaliere è vietato sospendere le attività di prenotazione delle prestazioni di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001[9].  Le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  adottano, sentite le associazioni a difesa  dei  consumatori  e  degli  utenti, operanti sul  proprio  territorio  e  presenti  nell’elenco  previsto dall’articolo  137  del  codice  del  consumo,  di  cui  al   decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206,  disposizioni  per  regolare  i casi in cui  la  sospensione  dell’erogazione  delle  prestazioni  è legata a motivi  tecnici,  informando  successivamente,  con  cadenza semestrale, il Ministero della salute  secondo  quanto  disposto  dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2002.

Da quanto sopra emerge chiaramente che la frequente prassi di sospendere le liste di attesa per l’esecuzione delle prestazioni mediche è assolutamente vietata e, dunque, la mancata irrogazione della prestazione medica costituisce un illecito.

Quanto sopra è confermato anche nel successivo comma 284 dell’art.1 della medesima Legge Finanziaria secondo cui: “ai soggetti responsabili delle violazioni al divieto di cui al comma 282 è applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 6.000 euro.  Ai soggetti responsabili delle violazioni all’obbligo di cui all’articolo 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 20.000 euro. Spetta alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione delle sanzioni di cui al presente comma, secondo i criteri fissati dalla Commissione prevista dal comma 283”.

L’illiceità di tale prassi è ribadita dallo stesso Ministero della Salute[10] che ritiene: “sospendere le attività di prenotazione (fenomeno delle cosiddette liste d’attesa bloccate, agende chiuse) è una pratica vietata dalla Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 282 (Finanziaria 2006). Le Regioni devono vigilare sul rispetto del divieto di sospensione dell’attività di prenotazione. Sono previste sanzioni amministrative in caso di violazioni al divieto di cui al comma 282”.

Ne consegue che la sospensione delle liste di attesa è possibile solo e soltanto in presenza di motivi tecnici e dando debita informazione al Ministero della Salute e ai cittadini mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

3. Come fare a chiedere il rimborso?

Alcune strutture ospedaliere (spesso di natura privata sebbene convenzionata) e alcune ASL[11] mettono a disposizione sui propri siti istituzionali alcuni moduli precompilati che sono facilmente reperibili e che possono essere compilati e inviati seguendo le indicazioni contenute nel modulo stesso. Diversamente, ove non sia possibile reperire alcun modulo, è possibile inviare una lettera raccomandata o una PEC all’ente erogatore della prestazione medica specificando la propria richiesta e fornendo le indicazioni sopra elencate.

4. Cosa fare in caso di “liste bloccate”?

Nel caso di prestazione e urgente, si consiglia di prenotare e effettuare altrove la visita medica salvo il diritto al rimborso del costo della prestazione. Tuttavia, è bene anche denunciare tale illecita prassi sia presso gli organi direttivi dell’ente presso cui si è rivolti sia presso le autorità competenti, affinché possa essere tutelato l’innegabile diritto alla salute e alla cura, che non può subire alcuna compromissione.

 

 

 

 

 

 


[1] Testo integrale disponibile al sito: https://apps.who.int/gb/gov/assets/constitution-en.pdf.
[2] Versione integrale disponibile al link: https://static-r.giuffre.it/PORTALE/0370932001600874458_G.d.P.-Lecce-16-febbraio-2008-n.-748.pdf.
[3] Versione integrale disponibile al link: https://www.rivistaresponsabilitamedica.it/wp-content/uploads/2021/07/Cass-ordinanza-16936.21.pdf.
[4] CAVALIERE A., Liste d’attesa: i possibili rimedi previsti in caso di tempi lunghi, in Diritto.it, 13/10/2018.
[5] Cfr. Esenzioni per reddito, Ministero della Salute, https://www.salute.gov.it/portale/esenzioni/dettaglioContenutiEsenzioni.jsp?lingua=italiano&id=1019&area=esenzioni&menu=vuoto.
[6] Esenzioni dal ticket, Ministero della Salute, https://www.salute.gov.it/portale/esenzioni/dettaglioContenutiEsenzioni.jsp?lingua=italiano&id=1019&area=esenzioni&menu=vuoto.
[7] Testo integrale disponibile al link: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2824_allegato.pdf.
[8] Cfr. Ministero della Salute, https://www.salute.gov.it/portale/listeAttesa/dettaglioContenutiListeAttesa.jsp?lingua=italiano&id=4977&area=listeAttesa&menu=vuoto.
[9] Sono quelle prestazioni che rientrano nei Livelli essenziali di Assistenza (LEA). Testo integrale disponibile al link: https://www.camera.it/temiap/temi17/dpcm29_novembre_2001.pdf.
[10] Cfr. Ministero della Salute, https://www.salute.gov.it/portale/listeAttesa/dettaglioContenutiListeAttesa.jsp?lingua=italiano&id=4977&area=listeAttesa&menu=vuoto.
[11]Modulo rimborso, ASL Taranto: https://www.sanita.puglia.it/documents/36057/132863974/Modulo+Rimborso+Ticket/92168a85-d08c-4935-91b3-e97b51f75f30?version=1.0&t=1609157794603
Modulo rimborso, ASL Trento: file:///C:/Users/nb07/Downloads/Domanda_di_rimborso_spese_per_prestazioni_specialistiche%20(1).pdf
Modulo rimborso, ASP Catanzaro:
https://www.asp.cz.it/files/Allegati%20pagine/rimborsi%20ticket.pdf
Moduli rimborsi, ASP Catania
https://www.aspct.it/azienda/dipartimenti/dipartimenti-amministrativi/dipartimento-delle-risorse-tecnologiche-e-finanziarie/u-o-c-economico-finanziario-e-patrimoniale/rimborso-del-ticket.aspx

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Veronica Schirripa

Dott.ssa Veronica SchirripaLaureata presso l'Università degli studi di Catania nel 2018 con Tesi sperimentale in diritto penale “Il reato di Tortura tra fonti sovrannazionali e diritto interno" (relatrice: Prof. Rosaria Sicurella). Durante il percorso accademico, la grande passione per i diritti umani e il diritto internazionale l'ha spinta a partecipare ad uno stage al palazzo delle Nazioni Unite (New York) in occasione del CWMUN 2016, organizzato dall'associazione Diplomatici, nella qualità di delegate as Namibia; ad assistere nel 2017 alle discussioni del Parlamento Europeo sul tema della lotta alla criminalità e agli hate speeches. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali e Forensi di Catania “A. Galati", conseguendo il Diploma nel 2020 con tesi di Diritto Civile “Gli obblighi del sanitario" (Relatore: prof Giovanni Di Rosa). Durante il percorso post-accademico ha svolto un periodo di stage presso la Procura Generale della Repubblica, presso la sede di Catania. Abilitata all'esercizio della professione forense. Svolge l'attività di consulente presso lo Studio Di Paola & Partners.

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