L’istituto delle c.d. servitù volontarie atipiche
La servitù prediale è la limitazione posta al godimento di un fondo (fondo servente) per l’utilità durevole di un altro fondo (fondo dominante), appartenente a un proprietario diverso.
Si discute spesso se sia possibile o meno escludere determinate fattispecie dallo schema di tale contratto per indeterminatezza del contenuto dell’utilità.
A tal riguardo conviene muovere i passi dalla distinzione tra servitù volontarie e coattive: le prime sono costituite con il consenso di entrambi i proprietari dei fondi; le seconde vengono costituite a prescindere dal consenso del proprietario del fondo servente.
Quando si parla di atipicità e libertà del contenuto, si ha riguardo alle volontarie, laddove, al contrario, le coattive sono tipiche, cioè, sono consentite ed ammesse dalla legge, in relazione a determinati e tassativi bisogni del fondo dominante, valutati in astratto e a priori, e mediante l’imposizione di determinati pesi e limitazioni, stabiliti tassativamente sul fondo servente.
Si è quindi espressamente riconosciuta possibilità alle parti anche di scegliere di concludere un contratto di c.d. servitù volontaria atipica: un istituto che, seppur non specificatamente codificato, è stato individuato dalla giurisprudenza laddove afferma che “le servitù prediali volontarie non costituiscono un numerus clausus, potendo avere ad oggetto qualsiasi utilità, purché volta a vantaggio del fondo dominante, appartenente a proprietario diverso da quello del fondo servente” (cfr. Cass., Sez. II, 27 luglio 2006, n. 17121).
Una delle fondamentali caratteristiche del contenuto delle volontarie è proprio la libertà di determinazione: il contenuto può essere liberamente indicato dalle parti purché corrisponda e rientri negli schemi legali della servitù.
In tempi passati la Cassazione ha sostenuto che l’unico limite alla libertà di determinazione del contenuto fosse da ricercare nell’ordine pubblico, affermando che: “il vigente ordinamento, rifiutando il principio romanistico della tipicità delle servitù, è inspirato a quello della libertà nella determinazione del contenuto (…)” (Cass. 3121/73).
Proprio su tale punto, conviene commentare l’articolo 1027 del codice civile, il quale non sembra porre particolari limiti al contenuto dell’utilitas che può scaturire dalla servitù, recitando “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.
Tornando sull’argomento in tempi più recenti, la Cassazione è più volte intervenuta, non tanto per delimitare i limiti contenutistici delle servitù volontarie, quanto più invece per ampliarne la portata.
Commentando lo stesso articolo 1027 del codice civile il giudice ha infatti in prima battuta affermato che “Sul piano dei principi generali, lo schema legale della servitù – peso imposto ad un fondo per l’utilità di un altro fondo (art. 1027 c.c.) – lascia ampio margine all’autonomia privata di stabilire, ovviamente nelle servitù volontarie, il contenuto del “vantaggio” per il fondo dominante, cui corrisponda il peso a carico del fondo servente. La cosiddetta utilitas per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente) può avere in effetti contenuto assai vario, come dimostra la previsione del legislatore, che indica la maggiore comodità o amenità del fondo dominante, o l’inerenza alla destinazione industriale del fondo (art. 1028 c.c.). Si deve pertanto ritenere che la tipicità delle servitù volontarie sia di carattere strutturale, non contenutistico. […]” (cfr. Cassazione civile, sez. II, 06/07/2017, n. 16698).
Ancora più recentemente si è ribadito che (sempre commentando l’articolo 1027) “La formulazione della norma non tipizza – in modo tassativo – le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria. […] qualunque utilità che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, può assumere carattere di realità (Cass. 16698/2017; Cass. 10370/1997; Cass. 832/1993; Cass. 9232/1991)”. (cfr. Cassazione civile, sez. II, 18/03/2019, n. 75619).
Ciò significa che per il nostro ordinamento giuridico, oltre agli schemi tradizionali di servitù prediali, può costituire oggetto di servitù, in forza di accordo tra le parti interessate, qualsiasi altra utilità che possa essere ricavata da un fondo a vantaggio di altro fondo (Cassazione civile sez. II, 23/01/2023, n.1910; Cass. 18465/2020).
Per concludere ed affermare quindi la possibilità di costituire servitù dal contenuto atipico conviene richiamare due pronunce di giudici di secondo grado: “Com’è noto, le servitù si distinguono in servitù coattive o volontarie. Le prime sono tipiche, ovvero sono solo quelle previste dalla legge (ad es. servitù di acquedotto o scarico, appoggio e infissione di chiusa, somministrazione di acqua a un edificio o a un fondo, passaggio, passaggio di linee teleferiche ed elettrodotto), mentre le seconde possono avere ad oggetto una qualsiasi utilità.
L’unico requisito perché queste ultime si possano configurare è che tale utilità sia ricavata da un fondo e vada a vantaggio di un altro fondo che appartiene a un diverso proprietario.
Si tratta quindi di servitù atipiche, dal contenuto potenzialmente illimitato”. (Corte d’Appello Reggio Calabria, Sent., 07/12/2021, n. 698; Corte d’Appello Firenze, Sez. III, Sentenza, 31/01/2023, n. 201).
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Domenico Tolli
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