Lo smart working
Il lavoro agile, conosciuto anche come smart working[1], è una tipologia di rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli temporali e spaziali. Trattasi di una modalità di esecuzione del lavoro stabilita tramite accordo fra dipendente e datore di lavoro, favorendo il lavoratore a coniugare la vita personale con quella lavorativa, puntando così ad una sua crescente produttività.
Lo smart working, definito dalla legge n. 81/2017, evidenzia la flessibilità organizzativa e la volontà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e l’utilizzo di strumenti per consentire il lavoro da remoto. In tal senso, l’introduzione del lavoro agile è finalizzata ad incrementare la produttività e a garantire, al contempo, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro del lavoratore, il quale può gestire il proprio orario di lavoro, rispettando comunque il limite massimo di ore lavorative giornaliere e settimanali come stabilito dalla legge e dai contratti collettivi.
Gli articoli 18-24 della legge suindicata disciplinano le misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Pertanto, tali norme si applicano a tutte le forme di lavoro subordinato, sia per le imprese che per le amministrazioni pubbliche. Queste ultime possono individuare le attività compatibili con il lavoro agile ai fini dell’accesso a tale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro da parte dei dipendenti che ne facciano richiesta, garantendo il rispetto del principio di non discriminazione tra lavoratori subordinati a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato come previsto dalla Direttiva 1999/70/CE.
Le caratteristiche essenziali dello smart working per lo svolgimento della prestazione di lavoro sono la possibilità di utilizzare gli strumenti tecnologici e la mancanza di predeterminazione del luogo di lavoro, per cui il lavoratore è libero di svolgere l’attività nel luogo che preferisce, senza una postazione fissa, con possibilità di presenza in azienda secondo le esigenze datoriali e del lavoratore stesso. Si assiste così ad una revisione del modello di organizzazione lavorativa tradizionale, passando da un lavoro con postazione fissa in azienda ad una modalità di esecuzione del lavoro flessibile per dare valore alla produttività e non alla mera presenza fisica in sede di lavoro.
Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo i lavoratori sono equiparati ai loro colleghi che eseguono la prestazione lavorativa con le modalità ordinarie in azienda. È prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali secondo le modalità stabilite dall’INAIL[2].
Dunque, il lavoro agile è un modo di lavorare finalizzato ad un miglior bilanciamento tra qualità della vita e produttività individuale (work-life balance). È anche il risultato di un uso dell’innovazione tecnologica che gioca un ruolo importante a supporto di approcci strategici che mirano all’integrazione e alla collaborazione tra le persone e soprattutto tra le organizzazioni in generale, superando i confini aziendali.
Inoltre, si può constatare che l’utilizzo dello smart working è in crescita, in quanto rappresenta uno strumento efficace, forse l’unico attualmente, per fronteggiare periodi di crisi e per consentire la prosecuzione di almeno una parte delle attività lavorative e limitare i danni all’economia nazionale. A tal proposito, il governo ha emanato alcuni decreti legge per semplificarne l’accesso in situazioni di emergenza, si pensi al crollo del ponte Morandi a Genova e all’attuale epidemia del Coronavirus. In quest’ultimo caso è stato emanato il decreto legge n. 6 del 23 febbraio 2020, riguardante la diffusione del COVID-19 (Coronavirus), con delle misure specifiche, stabilendo che il lavoro agile “è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nelle aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale e locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”.
[1] Per approfondire si veda la Legge 22 maggio n. 81/2017 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[2] In tal senso si veda la circolare n. 48/2017.
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