Locazioni e Covid-19: riflessioni e consigli
Ancora una volta, traggo spunto dalla diretta esperienza lavorativa per redigere questo mio contributo.
In tempi gravemente eccezionali quali quelli che corrono, noi Avvocati siamo chiamati a dare consigli ed ausilio a tutto quel tessuto socio-produttivo di piccoli e medi imprenditori che, finito il lockdown, si ritrova a dover fare i conti con una crisi economica senza precedenti.
La “spina dorsale” del Paese, così mi piace definire la piccola e media impresa italica, oggi è in enorme affanno, ed è alla quotidiana ricerca di soluzioni, di sostegno, di misure economiche e fiscali, che possano aiutare a rimettere in piedi moltissime realtà di fatto in ginocchio.
Se durante il lockdown avevamo necessità di ossigeno negli Ospedali per i nostri ammalati, ora abbiamo necessità di ossigeno nel Sistema per le nostre imprese!!
La pandemia da COVID 19, un evento di portata, gravità, ed imprevedibilità sconcertanti, non poteva che alterare enormemente ogni assetto ordinario, ed inevitabilmente, è altresì andata ad incidere sugli equilibri contrattuali su cui poggia ogni attività d’impresa.
Non sono pochi gli imprenditori che svolgono la propria attività economico/produttiva presso locali concessi in locazione; non è dunque difficile immaginare quanto e come, un blocco totale e protratto per 3 mesi, abbia gravemente alterato quel “sinallagma contrattuale” che caratterizza il rapporto di locatio/conductio, rendendo così una delle due prestazioni – il pagamento del canone – estremamente gravosa nonché del tutto impossibile per ragioni imprevedibili e sopravvenute, esattamente come il godimento del bene concesso in locazione e la sua utilizzazione secondo destinazione.
A fronte di ciò, cosa ci si sarebbe legittimamente attesi sul fronte locazioni?
È presto detto: proroga degli sfratti, inesigibilità dei canoni relativi ai mesi di lockdown, rinegoziazione pro tempore dei canoni post lockdown.
Giova sin da subito evidenziare che la stragrande maggioranza dei locatori sta comportandosi nella maniera sopra descritta, con ciò onorando quella buona fede contrattuale che spesso viene calpestata, nonostante sia uno dei cardini della disciplina contrattualistica.
Ma vi è di più: gli stessi Giudici – che non potranno dare seguito ad alcuno sfratto per morosità sino al 1 Settembre 2020 – stanno dimostrandosi propensi ad accogliere positivamente ogni richiesta volta alla rinegoziazione del canone in favore dei conduttori devastati dall’epidemia da COVID 19, se non addirittura al suo totale abbattimento per il periodo di chiusura totale.
A tale riguardo, si può registrare l’operato del Tribunale di Venezia (“apripista” per gli altri Tribunali Italiani) che, a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c., ha emesso, inaudita altera parte, il Provvedimento del 14 Aprile 2020 con cui ha ordinato alla banca, fidejussore, di non procedere al versamento delle somme reclamate dal locatore per il pagamento delle mensilità di mancato preavviso, richieste a fronte della risoluzione del contratto esercitata dal conduttore (commerciante al dettaglio) che ha cessato l’attività a seguito dei mancati incassi dovuti alla chiusura dell’esercizio imposta dai recenti provvedimenti governativi, ed alle conseguenze dell’acqua alta che ha colpito la città lagunare nel 2019.
La decisione si segnala per essere tra le prime in materia di rapporti di locazione e Coronavirus, e per interessanti rilievi sulle forme di tutela processuale in pendenza dell’attuale normativa.
Da ultimo, il Governo e l’Agenzia delle Entrate stanno lavorando alla messa a punto di bonus volti a non gravare i conduttori con i canoni di Marzo, Aprile e Maggio; è del 6 Giugno la Circolare n. 14 dell’Agenzia delle Entrate che prevede un credito d’imposta fino al 60% con possibile facoltativa cedibilità al locatore.
Ma aldilà di ogni considerazione ispirata a principi generali quali buon senso e buona fede, ed indipendentemente da interventi e misure straordinarie, sono i principi codicistici e quelli elaborati dalla Suprema Corte di Cassazione che soccorrono in aiuto delle argomentazioni ivi sostenute.
Innanzitutto, vengono in rilievo le previsioni del nostro Codice Civile in ordine all’impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause non imputabili alle parti: l’art. 1256 c.c. prevede che laddove l’impossibilità della prestazione sia solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non sia responsabile del ritardo nell’adempimento; in ogni caso, se l’esecuzione della prestazione sia eccessivamente gravosa anche dopo che la causa di impossibilità temporanea sia stata superata, l’articolo prevede l’estinzione dell’obbligazione.
Non vi è dubbio alcuno che l’epidemia ed i Provvedimenti volti al suo contenimento rispondano ai requisiti di imprevedibilità ed inevitabilità codificati dalla Giurisprudenza impegnata ad analizzare gli eventi che rendono l’inadempimento impossibile e non ne consentano l’addebitabilità alla parte inadempiente.
Le previsioni dei DPCM costituiscono indubbiamente un c.d. “factum principis”, ovvero un Provvedimento dell’Autorità che incide in modo inevitabile e radicale sulla realizzabilità del regolamento negoziale e, salvo l’ipotesi di contratti stipulati quando già l’estensione del contagio al territorio nazionale era già evidente, la loro adozione sicuramente non era prevedibile al momento della stipulazione del contratto.
Se già l’analisi codicistica ci consente di avere argomentazioni legali sufficienti, è oltremodo interessante soffermare l’attenzione sui principi di diritto elaborati dalla Suprema Corte di Cassazione.
Nello specifico, gli Ermellini hanno di recente affermato un principio incontrovertibile: “l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, e la conseguente estinzione dell’obbligazione”.
Il principio elaborato dalla Cassazione, fa leva sulla valorizzazione, ai fini della qualificazione dell’impossibilità sopravvenuta, della causa del contratto, intesa (secondo un orientamento consolidatosi in tempi recenti) come “causa in concreto” ovvero lo scopo pratico del contratto costituente sintesi degli interessi che il negozio è concretamente diretto a realizzare.
Vengono così in rilievo, come presupposto della causa, i motivi che hanno indotto le parti a stipulare il contratto e le finalità da esse perseguite, siano essi condivise o riferibili ad una sola parte ma dall’altra chiaramente riconoscibili.
Laddove un evento non prevedibile e non imputabile renda non più perseguibili le finalità condivise o riconoscibili che hanno motivato le parti a stipulare il contratto, sostanziandone la causa in concreto, si verifica pur sempre un’impossibilità della prestazione, con conseguente applicazione della relativa disciplina.
Trasferendo i suesposti principi dal piano astratto al piano concreto, è agevole dimostrare come ogni imprenditore conduttore si sia ritrovato, nei mesi di Marzo, Aprile, e fino al 18 Maggio, nella condizione di non vedere realizzata e perseguita la causa concreta del proprio contratto di locazione: godere pienamente di un immobile in cui svolgere la propria attività di vendita/produzione e ricavare il necessario a vivere ed onorare i propri impegni.
Da qui, la sopravvenuta impossibilità della prestazione.
Alla luce di quanto esposto ed argomentato, non pare esservi dubbio alcuno in merito al fatto che principi codicistici, pronunzie di Cassazione, prassi ispirata dal comune buon senso, siano tutti fattori che debbano essere “messi in campo” per fornire adeguata tutela a quei conduttori (piccoli e medi imprenditori) che, se non aiutati oggi, potrebbero fallire domani, con inevitabile negativa ricaduta su di un Sistema Paese già duramente messo alla prova.
Quanto messo insieme in questo mio articolo rappresenta una “piccola summa” dei suggerimenti che credo tutti noi Avvocati stiamo dando ai nostri clienti in questo periodo…
Stiamo adoperandoci per trasfondere i suesposti principi di diritto in accordi inter partes finalizzati alla temporanea rinegoziazione dei canoni, accordi che dovranno poi regolarmente essere registrati presso l’Agenzia delle Entrate.
Al contempo, teniamo “monitorata” la prassi che va affermandosi nei Tribunali e l’operato del Governo, il tutto al fine di cogliere immediatamente ogni elemento utile ad evitare il contenzioso tra locatori e conduttori, che in un momento di seria congiuntura non agevola sicuramente, e venire a conoscenza di strumenti che possano evitare il proliferare di “vittime collaterali” da COVID 19.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Avv. Ivana Consolo
Sono l'Avv. Ivana Consolo ed esercito la Professione Forense presso il Foro di Catanzaro dall'anno 2010.
Mi sono laureata nell'anno 2007 presso l'Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro, conseguendo il voto di 110/110 e Lode Accademica, con una tesi in Diritto di Famiglia dal titolo: "La capacità di discernimento del minore e la riforma dell'adozione".
Il mio ambito di attività è costituito prettamente dal Diritto Civile in ogni suo settore.
Lavoro in autonomia presso il mio Studio Professionale, sito in Catanzaro, Viale De Filippis n. 38; sono altresì Mediatore per la Società di Mediaconciliazione Borlaw.
Da sempre ho una naturale abilità nella scrittura, e per questo sono qui, ad offrire a chi avrà la bontà di leggere, ciò che periodicamente redigo.
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