L’occupazione da parte della PA: struttura e rimedi

L’occupazione da parte della PA: struttura e rimedi

L’occupazione del bene privato da parte della PA è un fenomeno temporaneo che si inserisce cronologicamente come prima conseguenza fattuale all’interno dell’istituto dell’espropriazione. Tale fenomeno è strettamente collegato, viste le sue diverse declinazioni, al concetto di “comportamento” della PA ed alle conseguenti interpretazioni in sede di riparto di giurisdizione.

Il comportamento, secondo la dottrina maggioritaria in materia di diritto amministrativo, può essere giuridicamente rilevante o irrilevante. Il primo, manifestando un’espressione del potere pubblico, seguendo il principio della causa petendi, inerisce a questioni di interesse legittimo. Il secondo, quando spiega effetti sui privati, inerisce a questioni di diritto soggettivo. Tale semplicistica dicotomia assume forme molto più graduate nel caso concreto, essendo le ipotesi di totale assenza di potere o di perfetta applicazione dello stesso foriere di ben pochi dubbi.

La riforma incostituzionale del 2004

Il tema in parola è stato oggetto di tentativo di riforma del legislatore, il quale attraverso il conferimento di blocchi di materie alle diverse giurisdizioni, ha cercato di superare le problematiche inerenti al comportamento della PA, uniformandone la disciplina. Questa struttura non è stata però approvata dalla Corte costituzionale che, con sentenza del 2004, ha riaffermato la necessarietà della diversa tutela sulla base del binomio interesse legittimo-diritto soggettivo. Non vi sono quindi dubbi sul fatto che una totale mancanza di potere, pur esplicata in comportamenti della PA che producano conseguenze giuridiche, quando tocca la sfera del privato cittadino, va ad incidere un diritto soggettivo, con tutto quello che ne consegue. La carenza di potere, da cui deriva il comportamento di mero fatto della PA, si manifesta, a detta della più recente giurisprudenza della Suprema Corte, nel caso di adozione di atti, provvedimenti e comportamenti completamente estranei all’ufficio o manifestamente esuberanti o ancora carenti dei requisiti necessari.

L’occupazione da parte della PA

Per quanto concerne l’occupazione, come già scritto, essa si manifesta all’interno del procedimento di esproprio. L’espropriazione del bene privato consta di due elementi necessari: la dichiarazione di pubblica utilità e il provvedimento di espropriazione. La base normativa sulla quale si fonda l’istituto è da trovare nell’art. 42 Cost, nell’art. 834 c.c. e nel generale principio di solidarietà ex art. 2 Cost. A prescindere dall’espropriazione, l’occupazione, come comportamento di fatto della PA, può avere diverse declinazioni. Nel caso in cui essa venga adottata in assenza della necessaria dichiarazione di pubblica utilità viene definita come usurpativa. Una diversa forma di occupazione, in presenza della dichiarazione di pubblica utilità, ma in assenza del seguente provvedimento di espropriazione, ha portato alla costruzione dell’istituto pretorio dell’occupazione acquisitiva, che sulla base di un’inversione della fattispecie civilistica dell’accessione, permetteva l’acquisizione del bene immobile irreversibilmente trasformato in opera pubblica (in presenza, ovviamente, della valida dichiarazione di pubblica utilità). A seguito di alcune sentenze CEDU che avevano sottolineato l’inadeguatezza dell’istituto sopra citato, il legislatore aveva introdotto nel T.U. delle espropriazioni l’art. 43, disciplinante la nuova “acquisizione sanante”. L’istituto era volto a riparare retroattivamente la situazione di illecito in cui versava la PA nei casi di occupazione irregolare. Anche questo articolo però è stato considerato incostituzionale per eccesso di delega dalla Corte costituzionale nel 2010.

La situazione odierna: norma di riferimento, giurisdizione e rimedi

Ad oggi la norma di riferimento è l’art. 42 bis, introdotto nel 2011 integrando il DPR 321/2011. L’articolo consente l’acquisizione del bene occupato dalla PA con requisiti molto più stringenti rispetto al passato. Tale acquisizione infatti non agisce retroattivamente. Il comportamento della PA carente di potere comporta sempre il risarcimento del danno per il periodo di occupazione (forfettariamente stabilito nel 10% del valore venale del bene stesso). Inoltre l’acquisizione comporta un indenizzo e non più un risarcimento, il quale trova fondamento solo in presenza di un atto o fatto illecito. Infine la PA deve motivare rigorosamente le proprie ragioni evidenziando gli eccezionali motivi di interesse pubblico e l’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del provvedimento. Innanzitutto, in caso di occupazione priva di qualsiasi titolo (c.d. usurpativa pura) il comportamento della PA si traduce in un’azione di mero fatto, illecita e civilisticamente censurabile. La giurisdizione in presenza di controversie spetterà al giudice ordinario.

Nel caso in cui l’occupazione sia priva solo in parte dei requisiti di legge, ossia vi sia dichiarazione di pubblica utilità, nonché nell’ambito dell’applicazione dell’acquisizione ex art. 42 bis, la giurisdizione spetterà al giudice amministrativo, ed al giudice ordinario solo quella in merito alle controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennità. Giova ricordare che il giudicato restitutorio inibisce l’applicazione dell’art. 42 bis, per cui il privato che proponga rituale domanda di condanna della PA e la veda accolta avrà diritto alla restituzione del bene ed al risarcimento del danno per l’illecita occupazione. Se il privato non propone la richiesta di rito, fermo restando l’indennizzo, il giudice, pur cassando eventualmente il comportamento della PA, non potrà inibire il provvedimento ex art. 42 bis. Qualora il giudice adito non si pronunci o non dia ragione al privato, fatti salvi i normali strumenti di reazione processuale, sarà sempre possibile per la PA adottare l’acquisizione.

In ultima battuta va ricordato che, per il principio di separazione dei poteri, l’organo giuridico potrà imporre alla PA la restituzione del bene (qualora non sussistano i presupposti per l’art. 42 bis) o l’adozione di un comportamento conclusivo, rimanendo l’Amministrazione unico organo competente alla valutazione circa l’adozione dell’acquisizione o la restituzione del bene.


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Lorenzo Quadrini

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