L’oggetto della donazione, con particolare riguardo ai beni futuri o altrui

L’oggetto della donazione, con particolare riguardo ai beni futuri o altrui

Sommario: 1. Premessa – 2. La donazione di cose future e di cose altrui – 3. La rilevanza della donazione di cose altrui ai fini dell’usucapione decennale

 

1. Premessa

Uno degli elementi essenziali del contratto ai sensi dell’art. 1325 c.c. è l’oggetto, la cui mancanza determina la nullità del contratto.

La legge  non fornisce una definizione dell’oggetto del contratto. Esso è inteso, talvolta, come il bene materiale; in altri casi, viene interpretato come la prestazione oppure come il contenuto contrattuale.

Al contrario, i requisiti dell’oggetto sono previsti espressamente dall’art. 1346 c.cc., ovvero la possibilità, la liceità, la determinatezza o la determinabilità.

L’oggetto lecito è quello che non risulta contrario alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume (ed esempio è illecito il contratto di vendita di sostanze stupefacenti).

L’oggetto determinato o determinabile è quello individuato e conosciuto dalle parti al momento della conclusione del contratto oppure che può essere individuato in base a criteri prestabiliti. La determinazione dell’oggetto può essere affidata anche ad un terzo ai sensi dell’art. 1349 c.c.

Con riguardo al requisito della possibilità, il contratto deve programmare delle attribuzioni obiettivamente eseguibili. Pertanto se la prestazione è materialmente o giuridicamente impossibile, il negozio è nullo.

Occorre rilevare che il requisito della possibilità non richiede l’attuale esistenza del bene previsto. Infatti, il contratto, ai sensi dell’art. 1348 c.c. può avere ad oggetto beni futuri. Questa previsione comprende sia le cose sia i diritti futuri ovvero i diritti su cose future e i diritti derivanti da fattispecie negoziali o legali non ancora perfezionate.

Il contratto avente ad oggetto un bene futuro è un contratto obbligatorio che impegna la parte alla sua attribuzione.

Occorre rilevare che l’art. 1348 c.c. prevede alcune deroghe e tra queste vi è quella prevista dall’art. 771 c.c. per la donazione.

2. La donazione di cose future e di cose altrui

La donazione è il contratto con cui una parte (detta donante), per spirito di liberalità, arricchisce l’altra (detta donatario), disponendo a favore di quest’ultima di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione, senza ricevere un corrispettivo. Essendo un contratto, la donazione si perfeziona con l’incontro delle dichiarazioni di entrambe le parti.

L’art. 771 c.c., in deroga al 1348 c.c., prevede la nullità della donazione di beni futuri. Tuttavia, la norma prevede due eccezioni. La prima riguarda i frutti non ancora separati che possono essere oggetto di donazione. La seconda eccezione riguarda la donazione di universalità di cose; pertanto, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi aggiungono successivamente, salvo che risulti dall’atto una diversa volontà.

Occorre rilevare che con riguardo alla nozione di futurità del bene, si è soliti distinguere la futurità oggettiva che si ha quando il bene non esiste in natura e la futurità soggettiva che si ha quando il bene esiste in natura ma non è nella disponibilità patrimoniale del contraente, ovvero si tratta di un bene altrui. Tale distinzione rileva in materia di contratto di vendita atteso che il legislatore distingue la vendita di cosa futura (disciplinata dall’art. 1472 c.c.), la vendita di cosa altrui (prevista dall’art. 1478 c.c.) e la vendita di cosa parzialmente altrui ( art. 1480 c.c.).

Con riguardo alla vendita di cose future, l’art. 1472 co.2 c.c., prevede la nullità quando la cosa non viene ad esistenza, sempre che le parti non abbiano voluto stipulare un contratto aleatorio.

La vendita di cosa altrui è valida; tuttavia, qualora il venditore non adempie all’obbligazione di far acquistare al compratore la cosa altrui, il contratto si risolve per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c.

Con riguardo alla vendita di bene parzialmente altrui, l’art. 1480 c.c. prevede che il compratore che ignorava che la cosa era parzialmente del venditore, può chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. e il risarcimento del danno se prova che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; diversamente può ottenere solo una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.

Occorre rilevare che, mentre la vendita di cosa altrui è ben disciplinata dal legislatore, con riguardo alla donazione  di cosa altrui il codice civile non prevede alcuna disposizione. Pertanto, nel silenzio del legislatore, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate circa la possibilità che il contratto di donazione possa avere ad oggetto cose altrui. Sulla questione si registrano diversi orientamenti.

Una prima teoria sostiene che la donazione di beni altrui è nulla per analogia dell’art. 771 c.c. che stabilisce la nullità della donazione avente ad oggetto beni futuri stante la medesima ratio ovvero limitare gli atti di prodigalità del donante affinché questi non impoverisca il suo patrimonio oltre le sue risorse attuali.

Un’altra tesi qualifica la donazione di cosa altrui come un contratto preliminare di donazione e, pertanto, è nullo perché fa sorgere in capo al donante un vincolo giuridico a donare in contrasto con lo spirito di liberalità.

Altri autori, richiamando le norme in materia di testamento, ritengono che la donazione di cosa altrui è nulla per impossibilità dell’oggetto.

Concludono per la nullità anche i sostenitori della tesi che fa leva sul vizio strutturale che inficia la donazione di cosa altrui e ricavabile dall’art. 779 c.c.; tale norma, prescrivendo la necessità dell’appartenenza del bene al donante, implicitamente escluderebbe tutte le donazioni prive di questo requisito.

Secondo un’altra ricostruzione, poiché il divieto di cui all’art. 771 c.c. è eccezionale e non estendibile in via analogica, la donazione di cosa altrui è valida ma inefficace. Infatti, tale teoria afferma che l’unico vizio che inficia la donazione di cosa altrui è il difetto di legittimazione a disporre, vizio per cui l’ordinamento prevede come sanzione l’inefficacia ( vengono richiamati gli artt. 1478 c.c., 1479 c.c, 1388 c.c. e 1372 comma 2 c.c.).

Un altro orientamento  sostiene che occorre fare una distinzione tenendo presente la consapevolezza da parte del donatario dell’altruità della cosa.

Tale teoria, infatti, ritiene che è valida la donazione di cosa altrui se il donatario aveva la consapevolezza dell’altruità della cosa e tale consapevolezza emerge dall’atto pubblico; al contrario, è nulla la donazione in cui il donatario non ha conoscenza dell’altruità della cosa per difetto della causa ai sensi del combinato disposto degli artt. 769 c.c., 1325 c.c., e 1418 comma II, c.c..

In questo dibattito si inserisce la questione della donazione di un bene compreso in una comunione ereditaria,  non ancora assegnato al donante.

Un orientamento giurisprudenziale ritiene che la donazione di un bene compreso nell’asse ereditario è valida ma l’efficacia dipende da ciò che accadrà in sede di scioglimento della comunione ereditaria, nel senso che la donazione avrà efficacia se il bene sarà assegnato al donante; viceversa essa sarà priva di efficacia se il bene sarà attribuito ad altro coerede.

Tale teoria è stata, però, criticata perché opera una distinzione irragionevole tra ipotesi identiche quali sono la donazione di un bene della comunione ereditaria non ancora assegnato al coerede e la donazione di cosa altrui.

Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5068 del 2016[1], affermando che, ai sensi dell’art. 769 c.c. l’appartenenza del bene al donante costituisce un elemento essenziale del contratto di donazione; pertanto, in mancanza di tale elemento la causa tipica del contratto di donazione non verrebbe a realizzarsi. Quindi, la Corte di Cassazione afferma la nullità del contratto di donazione di cosa altrui per difetto di causa ai sensi degli artt. 769 c.c., 1325 c.c., e 1418 comma I c.c..

Il Giudice di legittimità afferma che è nulla anche la donazione di un bene dell’asse ereditario non ancora assegnato al donante atteso che non vi è alcuna differenza con la donazione di cosa altrui.

La Corte di Cassazione precisa, però, che è valida la donazione con cui il donante assume l’obbligo di acquistare il bene altrui nei confronti del donatario e avrà carattere obbligatorio.

3. La rilevanza della donazione di cosa altrui ai fini dell’usucapione

Altra questione su cui si è discusso riguarda la rilevanza della donazione di cosa altrui ai fini dell’usucapione abbreviata decennale.

L’usucapione costituisce un modo di acquisto della proprietà fondato sul possesso del bene con animus possidendi per un periodo di vent’anni ai sensi dell’art. 1158 c.c.

Tuttavia, l’art. 1159 c.c. prevede che l’acquisto della proprietà per usucapione può avvenire nel termine più breve, ovvero decennale, quando il possesso del bene si fonda su un titolo idoneo a trasferirne  la proprietà e debitamente trascritto.

Sebbene le Sezioni Unite nella sentenza del 2016 non si siano pronunciate sulla questione, occorre rilevare che l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la donazione di cosa altrui nulla costituisce comunque titolo idoneo a determinare l’usucapione abbreviata decennale.

Tale tesi fa leva sul fatto che il requisito previsto dall’art. 1159 c.c. va inteso nel senso che il titolo , tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto e non in concreto a determinare il trasferimento; tale astratta idoneità, si rinviene anche nella donazione di cosa altrui.

 

 


Bibliografia
CARINGELLA F., BUFFONI L., Manuale di diritto civile, 2020;
CHINE’ G., Manuale di diritto civile, 2020;
FRATINI M., Manuale sistematico di diritto civile, 2020;
GABRIELLI E., L’oggetto del contratto, 2015;
GIOVAGNOLI R., Manuale di diritto civile, 2020;
PALADINI M., Manuale di diritto civile, 2020.

[1] Cass. S.U., 15 marzo 2016, sentenza . 5068.

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