L’omicidio e il confine tra premeditazione e preordinazione
L’omicidio è previsto nel Codice penale all’articolo 575 e può essere aggravato, ex articolo 577, 1 comma, n. 3) c.p. quando commesso con premeditazione.
La sussistenza della circostanza aggravante di cui sopra, consente l’applicazione di una pena diversa rispetto a quella indicata dall’art 575[1]: l’ergastolo. È pertanto necessario comprendere quando si possa parlare di omicidio aggravato da premeditazione e quando no.
Anche perché, tra le altre cose, la sussistenza della circostanza non darebbe accesso al procedimento speciale del giudizio abbreviato, come stabilito dal comma 1-bis dell’articolo 438 c.p.p.
Tuttavia, non esiste una definizione legislativa di premeditazione e questa lacuna normativa pone le basi per un ampio dibattito, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.
Questo contributo cerca di individuare il confine che la giurisprudenza traccia tra premeditazione e preordinazione.
Istituto, quest’ultimo, di elaborazione giurisprudenziale che viene menzionato sin dagli anni 80. Già la sentenza della Cassazione penale del 09/03/1982, nella sua massima, tracciava questo confine e offriva una ricostruzione degli elementi integranti la premeditazione. In particolare, per la Corte la preordinazione inerisce solo alle modalità di esecuzione del disegno criminoso mentre l’aggravante della premeditazione sussiste allorquando ricorrono due elementi: cronologico e ideologico. Il primo elemento è costituito da un apprezzabile lasso di tempo, fra l’insorgenza e l’attuazione del proposito criminoso, la cui durata in termini minimi, relativamente importante, non è determinabile con esattezza, essendo solo necessario che il reo, nell’intervallo tra determinazione ed esecuzione del delitto, abbia avuto modo di riflettere; il secondo elemento, invece, consiste nella ferma e irrevocabile risoluzione criminosa perdurante nell’animo dell’agente, senza soluzione di continuità, e chiusa ad ogni motivo di resipiscenza.
In tema di omicidio, la mera preordinazione del delitto – intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione, nella fase a questa ultima immediatamente precedente – non è sufficiente a integrare l’aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni ed opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive.[2]
[1] La pena prevista dall’articolo 575 è la pena della reclusione non inferiore agli anni ventuno.
[2] Cass. pen., Sez. I, Sent., (data ud. 29/04/2022) 06/10/2022, n. 37825; Sez. I n. 5147 del 14.7.2015, rv 266205; Sez. I n. 47250 del 9.11.2011,
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