L’omicidio nel soggetto schizofrenico: miti e pregiudizi
Sommario: 1. Una visione di Insieme – 2. Pregiudizi sull’omicidio compiuto dallo schizofrenico – 3. Conclusioni
1. Una visione di Insieme
Gli studi condotti sino ad oggi hanno rilevato come la violenza e la schizofrenia abbiano un’intesa molto forte.
Ad esempio, in un studio di Wessely, si osservò come pazienti con schizofrenia e soggetti tecnicamente sani avevano una percentuale pressoché uguale per le condanne ma i soggetti schizofrenici presentavano un rischio 3,8 volte maggiore di mettere in atto comportamenti violenti rispetto ad un campione di controllo costituito da 538 pazienti affetti da altri disturbi psichici non di tipo psicotico.
In uno studio di Link, si evidenziò come il significato del delirio di minaccia o paranoide (ad esempio), fosse associato in modo preminente al comportamento violento, rispetto ad altre tipologie di deliri.
La ricerca medica in questo campo ha anche evidenziato come il rischio di eseguire comportamenti violenti, nel soggetto schizofrenico, si riduce sensibilmente in presenza di un adeguato trattamento farmacologico.
Le caratteristiche cliniche che si associano al rischio di commettere comportamenti aggressivi o criminali, sono rappresentate da un indubbio peggioramento dei sintomi schizofrenici. Rilevanti, sono i tratti psicotici nel soggetto schizofrenico, come le allucinazioni uditive imperanti (ossia quelle voci che ordinano al soggetto di commettere una determinata azione) o i deliri a carattere persecutorio.
Anche l’eventuale comorbilità di uso di sostanze alcoliche o stupefacenti, rendono il soggetto schizofrenico un possibile criminale violento.
Infine, il maggior numero di azioni delittuose o di omicidi da parte dello schizofrenico, si ripercuotono su vittime da egli conosciute, come i genitori, gli amici mentre solo raramente detti comportamenti criminali avvengono nei confronti di persone sconosciute.
2. Pregiudizi sull’omicidio compiuto dallo schizofrenico
Non è raro che a seguito di un omicidio o un comportamento violento compiuto da una persona schizofrenica, subentri una sorta di valutazione dell’atto su base di molti pregiudizi, sia essi fondati su false accezioni, assurde mitologie popolari oppure su improbabili “teorie” personali.
Gli organi di stampa, ad esempio, sono molto “sensibili” a queste teorie che spesso sono fantasiose e qualora riportare, potrebbero alimentare dette mitologie o credenze popolari.
Di seguito quindi, sono riportati alcuni dei più tristemente “famosi” pregiudizi che ruotano intorno alla tematica “violenza e schizofrenia”.
1. Omicidio “a ciel sereno”: il pregiudizio più comune è che un soggetto schizofrenico sia così “imprevedibile” da poter commettere un omicidio “di punto in bianco”, ossia in modo improvvisa. La ricerca invece, sostiene come quasi sempre il soggetto schizofrenico lanci dei messaggi ma nessuno li interpreta correttamente. Lo schizofrenico quindi, preannuncia le proprie intenzioni ma nessuno lo prende sul serio. Egli infatti, arriva spesso a “confessare” anticipatamente che vuole uccidere qualcuno, spesso poche ore prima dell’omicidio.
2. Omicidio casuale: nella mitologia popolare, si pensa che il soggetto schizofrenico girovaghi per le strade ammazzando gente a lui completamente sconosciuta. Tuttavia, i dati empirici delle ricerche dimostrano come questo assunto è falso. Il 70% dei casi di omicidio esperiti da paziente schizofrenico si è rivelato in danno non solo di persone ad egli conosciute ma addirittura di parenti rientranti nel primo grado di affinità (sorelle, fratelli, madre, padre etc).
3. Omicidio efferato: si crede che il soggetto schizofrenico sia un violento di natura, che assassini la gente con oggetti che trova “lì per lì” e che contestualmente, si accanisca sulla vittima con inutile violenza ed efferatezza. I dati statistici confermano l’opposto. Lo schizofrenico utilizza addirittura un impiego di forza bruta nettamente inferiore rispetto ad un assassino dichiarato sano di mente.
4. Omicidio dovuto alla malattia: è pregiudizio comune pensare che un soggetto schizofrenico abbia raggiunto il culmine della propria malattia “esplodendo” nell’omicidio. Ciò viene imputato al sistema clinico che non ha adeguatamente identificato la patologia e non ha proceduto in modo tempestivo alla cura del malato schizofrenico. La verità è che nel 60% dei casi, il soggetto schizofrenico era in cura psichiatrica e che in alcuni casi riportati in letteratura, l’assassinio è avvenuto in un reparto di ospedale.
5. Tentativo di suicidio e omicidio che si escludono: è “teoria” comune che il soggetto schizofrenico che tenta il suicidio non possa procedere, nel brevissimo tempo, nel commettere un omicidio. La clinica invece, ci insegna altro. Un soggetto schizofrenico è in grado di tentare il suicidio (spesso eseguito con mezzi inadeguati allo scopo e pertanto, fallito nel suo scopo) ma in un lasso temporale veramente breve, è in grado di commettere un omicidio. Eteroaggressività ed autoaggressività quindi, nel soggetto schizofrenico hanno un forte legame.
6. Vittima sempre innocente: credenza comune è il pensare che la vittima di un soggetto schizofrenico sia passiva e innocente. La pratica clinica invece, ha dimostrato che spesso non è così. Sussistono molti casi in cui la vittima sia stata colei che ha innescato il comportamento omicidario nello schizofrenico. Continui stuzzicamenti, insulti, azioni sconsiderate in danno del paziente, percosse o minacce pesanti possono far pensare ad una sorta di “legittima difesa ritardata”, in cui lo schizofrenico matura l’idea di avere dinanzi un soggetto pericoloso ed ad un certo punto, lo assassina, anche se in quel momento stesso, la vittima non si prodigava in comportamenti negativi. Utile, in questo senso, trattare anche il caso delle cosiddette depressed victim: queste persone, (prevalentemente di sesso femminile) tendono a coniugare la propria depressione con la psicosi dello schizofrenico. In tal modo, la vittima stipula una sorta di patto di sangue con lo schizofrenico e lo utilizza per suicidarsi mediante l’omicidio del paziente schizofrenico.
7. Omicidio privo di sentimenti: è pregiudizio comune supporre che lo schizofrenico commetta omicidi in modo distaccato, menefreghista e privo di partecipazione affettiva. La realtà clinica invece, fa pensare il contrario. Sussistono molti casi di soggetti schizofrenici che: A. hanno provato sensi di colpa per il proprio operato, sino a concretizzarsi in un suicidio; B. confessano l’omicidio nell’immediato, sia ad amici e parenti che alle forze dell’ordine; C. tentano la fuga dopo aver compiuto l’omicidio; D. restano sul luogo del delitto, passivi e sconcertati per quello che hanno commesso.
3. Conclusioni
Quanto è stato detto in questo articolo non ha la pretesa di trattare in modo capillare tutte le possibili casistiche che possano verificarsi nel connubio schizofrenia/omicidio. Dietro un paziente con problemi di schizofrenia, seguono molte situazioni che possono determinare (o meno) un comportamento violento in questa categoria di pazienti.
Fra tutte, vi è l’obiettiva difficoltà nel diagnosticare una schizofrenia in un soggetto. Il clinico infatti, potrebbe avere una serie di problematiche nel riuscire ad identificare correttamente la patologia. Difatti, possono capitare diagnosi di “depressione maggiore” in un soggetto che, di fatto, è uno schizofrenico schizoaffettivo che si presenta ad un colloquio dopo aver superato una fase acuta in cui ha tentato il suicidio.
L’unica cosa che deve essere sempre mantenuta sotto una particolare osservazione clinica, è l’escalation di violenza nel soggetto schizofrenico. Saper leggere determinati comportamenti che tendono a progettare un’azione violenta, da abbinare a segni clinici di indubbia premonizione, risulta vitale nella prevenzione dell’omicidio commesso dallo schizofrenico.
Questo articolo inoltre, ha il compito di sensibilizzare soprattutto soggetti come i magistrati, trattando il soggetto schizofrenico con maggiore obiettività; il clinico poi, deve sforzarsi di una maggiore comprensione psicopatologia di queste persone schizofreniche, soprattutto per quel che concerne la prevenzione psicoterapica (e farmacologica in caso di psichiatra).
Vittorio Volterra, Psichiatria forense, Criminologia ed etica psichiatrica, Edra edizioni, Milano, 2017
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Massimiliano dr Conte
Laurea in scienze e tecniche psicologiche, conseguita nel 2008;
Laurea magistrale in psicologia, conseguita nel 2019;
Esperto in psicodiagnostica clinica e forense;
Facilitatore in Mindfulness;
Musicoterapeuta ed arteterapeuta;
Criminal Profiler;
Pubblicato due libri:
Come e perchè amiamo;
Enciclopedia Essenziale ed Illustrata delle Parafilie Sessuali.
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