L’ordinanza ex art. 708 c.p.c. e il rapporto con la sentenza che definisce il giudizio di separazione tra i coniugi
Tra i provvedimenti giurisdizionali inerenti al diritto di famiglia assume una certa rilevanza l’ordinanza di cui all’art. 708 c.p.c. (nonché all’art. 4 legge n. 898/1970 relativamente al giudizio di divorzio) adottata all’esito dell’udienza di comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale del luogo di residenza dei medesimi coniugi, in cui è stato depositato il ricorso per separazione.
Il Presidente del Tribunale ai sensi dell’articolo sopra citato, sentite le parti ed esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, adotta i provvedimenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, regolamentando in via temporanea ed urgente, in attesa di compiere l’opportuna istruttoria, i rapporti familiari.
L’ordinanza in questione si caratterizza non soltanto per l’ufficiosità del suo contenuto, altresì per l’autonomia.
Invero, ai sensi dell’art. 189 disposizioni di attuazione del c.p.c., l’ordinanza tende a mantenere la sua efficacia anche in caso di estinzione del giudizio di separazione, potendo, dunque, regolamentare anche in via definitiva i rapporti familiari, qualora il giudice istruttore non apporti delle modifiche al contenuto dell’ordinanza.
Diversamente, quando l’ordinanza è sostituita da altro provvedimento del giudice istruttore, dal provvedimento della Corte di Appello, nell’ipotesi di reclamo avverso la suddetta ordinanza, ovvero dall’intervento della sentenza che definisce il giudizio di primo grado, la medesima perde efficacia, comportando il venir meno delle statuizioni ivi contenute, con la conseguenza che, le parti non avranno più nulla a pretendere sulla base del provvedimento di cui all’art. 708 c.p.c.
Il rapporto tra l’ordinanza presidenziale ed il provvedimento sopravvenuto, in particolare la sentenza definitiva del giudizio, ha destato molte perplessità nelle aule di Tribunale, portando la giurisprudenza di merito e di legittimità a pronunciarsi più volte sul punto.
Ci si è chiesti, atteso che la pronuncia definitiva si sostituisce in toto all’ordinanza di cui all’art. 708 c.p.c., se, nonostante, l’intervenuta regolamentazione dei rapporti familiari con la sentenza, le parti possano comunque agire in giudizio sulla base dell’ordinanza presidenziale non più in vigore.
Nella specie, con ordinanza ex art. 708 c.p.c. il Presidente aveva disposto a carico del marito la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore della moglie, assegno in parte non pagato durante il periodo di vigenza del provvedimento suddetto e non intimato dalla moglie fino al momento in cui non è intervenuta la sentenza di separazione che aveva revocato l’assegno in questione.
Dunque, il coniuge “creditore” può ingiungere il marito al pagamento delle somme dovute e non versate in forza del provvedimento ex art. 708 c.p.c., ormai sostituito con provvedimento definitivo e contrario?
Sebbene vi sia stato chi ha sostenuto che l’ordinanza costituisce titolo esecutivo azionabile sino al passaggio in giudicato della sentenza, che si sostituisce al provvedimento interinale, o quantomeno sino al deposito della stessa in cancelleria, si ritiene che tale orientamento non possa essere condivisibile per due ordini di ragioni.
La prima ragione attiene alla logica del processo ed infatti, quale sarebbe il senso di tenere fermo un provvedimento emesso in via temporanea ed urgente, carente di istruttoria, in presenza di un provvedimento definitivo, risultato invece di un’approfondita e completa fase istruttoria?
D’altronde la stessa giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, una volta intervenuta la sentenza che definisce il giudizio le parti non hanno più nulla a pretendere sulla base dei provvedimenti emessi in corsa di causa, né il coniuge “soccombente” può chiedere il pagamento delle somme dovute in forza del provvedimento ex art. 708 c.p.c. e non versate, né il coniuge “vittorioso” potrà ripetere le somme, invece, eventualmente versate e non più dovute.
Ciò in ragione della natura autonoma del provvedimento ex art. 708 c.p.c. rispetto alla sentenza definitiva. Tale provvedimento è fondato su presupposti e circostanze diverse da quelle sussistenti al momento in cui viene emessa la sentenza. L’ordinanza presidenziale né anticipa né è legata nei suoi contenuti a quella che sarà la decisione finale del giudice. Ciononostante, ha la medesima efficacia esecutiva del provvedimento definitivo e pertanto, vincola le parti al rispetto del suo contenuto per tutto il tempo che è in vigore, indipendentemente da ciò che si verificherà in corso di causa.
Ne consegue che, nel caso in cui con ordinanza sia stato disposto un assegno di mantenimento e il coniuge gravato da tale obbligo non corrisponde le somme dovute, l’altro coniuge può azionare il proprio credito soltanto durante il periodo di tempo in cui l’ordinanza è in vigore. Diversamente, se interviene un provvedimento che revochi l’assegno, l’eventuale credito di uno dei due coniugi rimasto insoluto non potrà più essere azionato, poiché il titolo esecutivo sul quale si fondava è “scaduto”, atteso che, come affermato dalla giurisprudenza, l’ordinanza di cui all’art. 708 c.p.c. con l’intervento della sentenza di separazione perde efficacia ex tunc.
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Vittoria Sortino
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