L’usura sopravvenuta
Una questione dibattuta in tema di usura concerne il fenomeno della c.d. usura sopravvenuta, ed in particolare l’individuazione dei rimedi ad essa applicabili al fine di assicurare un giusto contemperamento degli interessi coinvolti nella fattispecie.
L’usura sopravvenuta, in particolare, si verifica nell’eventualità in cui il superamento del tasso soglia non avvenga nel momento in cui l’interesse è pattuito tra le parti, essendo questo convenuto entro il limite legale, bensì durante l’esecuzione del rapporto e a seguito di un abbassamento del suddetto limite.
Come previsto espressamente dall’art. 1 del d. lgs. n. 394/00 – norma di interpretazione autentica degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. – devono intendersi usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, indipendentemente da quello in cui avviene il loro pagamento.
Con l’introduzione di tale norma, dunque, il legislatore ha fugato ogni dubbio in ordine all’ammissibilità della figura dell’usura sopravvenuta, ritenendo rilevante a titolo usurario solo l’interesse così come originariamente convenuto o promesso tra le parti.
La ragione di tale scelta legislativa è certamente da ricercare nella particolare natura dell’usura sopravvenuta, la quale non è il frutto di un abuso del creditore, il quale sfruttando a proprio vantaggio la posizione di supremazia rivestita nell’ambito del rapporto contrattuale si fa dare o promettere compensi usurari, quanto la conseguenza di eventi esterni al rapporto ed estranei alla sfera di dominio del medesimo.
In tale ipotesi, quindi, risulta evidente in primo luogo la necessità di escludere l’integrazione del reato di usura, il cui disvalore poggia proprio sul comportamento prevaricante del creditore.
D’altra parte, anche l’applicazione della sanzione della nullità testuale di cui all’art. 1815 c.c. finirebbe per comportare l’allocazione del rischio indicato solo in capo al creditore, nonostante la mancanza di una condotta abusiva da parte di quest’ultimo.
Detto questo, però, in considerazione di analoghe esigenze di giustizia sostanziale altrettanto scorretto sarebbe far ricadere il rischio della sopravvenienza interamente in capo del debitore, costringendolo a pagare interessi oggettivamente sproporzionati.
Da qui il problema di individuare un rimedio giuridico che consenta di garantire un giusto bilanciamento degli interessi contrapposti, da un lato quello del creditore ad ottenere una remunerazione per quanto prestato, dall’altro quello del debitore a non essere vincolato ad una prestazione esorbitante rispetto a quanto ricevuto.
Secondo quanto ritenuto da parte della dottrina, in particolare, si tratterebbe di una nullità successiva avente carattere virtuale, ovvero di un’invalidità sopravvenuta alla conclusione del negozio e derivante dalla violazione di una norma imperativa – specificamente quella indicante il tasso soglia – con conseguente sostituzione automatica della clausola contenente l’interesse usurario, ex artt. 1419 e 1339 c.c., con un’altra al tasso di interesse legale.
Per contro, però, si è osservato che nell’impianto del codice civile la nullità può essere solo originaria; la configurazione di una nullità sopravvenuta sarebbe pertanto priva di qualsiasi base legale, ponendosi in contrasto con l’ordinamento giuridico.
Sulla base di quanto così considerato, vi è chi ha sostenuto l’inefficacia della clausola contenente l’interesse usurario.
Anche tale opinione risulta tuttavia poco condivisibile in quanto l’inefficacia, quale sanzione di invalidità della clausola, non troverebbe in realtà alcuna giustificazione giuridica, considerato che l’unica fattispecie di usura prevista e sanzionata dalla legge è quella originaria.
D’altronde, affermano le sezioni unite, la soluzione alla problematica in esame non potrebbe nemmeno essere rinvenuta nella c.d. buona fede correttiva, la quale implica per sua stessa natura una sproporzione originaria tra le prestazioni.
Tanto premesso, secondo la S.C. l’unico strumento a disposizione del debitore in presenza di una richiesta di pagamento di interessi divenuti usurari in via sopravvenuta sarebbe la c.d. buona fede limitativa, la quale vincola il creditore nella scelta delle modalità di esercizio del diritto.
Nonostante la suddetta pretesa non possa ritenersi illecita, infatti, può tuttavia sfociare in un abuso modale del diritto al pagamento degli interessi, con la conseguente necessità di vagliare caso per caso le modalità di esercizio del diritto stesso, le quali potrebbero certamente ritenersi abusive e dunque legittimare il debitore all’esercizio della c.d. exceptio doli generalis, paralizzando così la pretesa del creditore.
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L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino con pluriennale esperienza nel campo del diritto civile, penale ed amministrativo.
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Quale cultore della materie giuridiche, l'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in ogni campo del diritto, anche processuale.
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