Maltrattamento ed abbandono di animali. Come comportarsi?
Sommario: 1. Presupposti applicativi e ratio legis – 2. Gli strumenti di tutela – 3. Alcuni orientamenti della Cassazione
1. Presupposti applicativi e ratio legis
Le situazioni che costringono un animale a vivere in condizioni inaccettabili si configurano come reati. E’ maltrattamento, ad esempio, non cibare o trattenere un animale in spazi non adeguatamente predisposti ad ospitare lo stesso. Nello specifico, il reato di “maltrattamento di animali” previsto nel codice penale, art. 544 ter c.p [1] si concretizza mediante lesioni e sevizie a danno degli animali, ivi comprendendo il “reato di doping”. La seconda norma analizzata [2] art.727 c.p, concerne l“abbandono di animali” e si occupa non soltanto delle ipotesi di distacco totale e definitivo, bensì anche di ipotesi di trascuratezza e disinteresse con la consapevolezza dell’incapacità dell’animale di gestirsi autonomamente. Le norme previste sono dunque ben distinte, riguardando situazioni di maltrattamento e di abbandono. In particolare, il primo reato abbraccia i reati di mera condotta ed i reati di evento poiché ai fini della configurazione del reato di cui sopra si ritiene sufficiente la presenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva. Difatti, il principale fine della norma è quello di tutelare l’integrità fisica dell’animale. Affinché si concretizzi invece la seconda fattispecie in esame, è sufficiente che il reato sia commesso dal proprietario dell’animale.
2. Gli strumenti di tutela
Le regioni hanno il compito di provvedere all’iscrizione dell’animale presso “l’anagrafe canina” ed al rilascio al proprietario del codice di riconoscimento dell’animale. Le stesse, determinano inoltre i criteri per la costruzione di rifugi per cani o risanamento dei canili comunali. Tali strutture hanno l’obbligo di garantire il rispetto delle condizioni di norme igienico-sanitarie e ciò viene accertato anche mediante il controllo sanitario dei servizi veterinari delle A.S.L. I comuni, invece, si occupano dell’attuazione di piani di controllo delle nascite garantendo la sterilizzazione e la gestione dei rifugi per cani, canili e gattili. Infine, il potere di vigilanza – al fine di prevenire e contrastare i reati – è di ulteriore competenza della Polizia Municipale ed altre Forze dell’Ordine, sulle quali incombe l’obbligo di ricevere le denunce, verificare le responsabilità e – se necessario – porre fine al reato. I poteri decisivi sull’avvio dell’azione penale o sull’archiviazione del caso appartengono all’Autorità Giudiziaria. La normativa vigente, come da ultimo modificata nel 2010 [3] riassume gli obblighi delle menzionate Forze dell’Ordine.
3. Alcuni orientamenti della Cassazione
La Cassazione ove i casi di maltrattamenti siano imputabili a terzi e non al padrone, prevede a favore di questi ultimi il risarcimento per i danni morali ed in particolare sancisce il diritto al risarcimento per il proprietario, considerando che gli effetti si ripercuotono anche sullo stesso. Nel caso di specie l’aggressore – un settantenne che aveva preso a calci un cane – riceveva la condanna al pagamento di una multa ma anche al versamento di una somma a titolo di risarcimento del danno a favore del padrone dell’animale. Altro caso [4] concerne l’accoglimento del ricorso di una donna, la quale affidava i suoi due cani ad una struttura privata, pagandone solo inizialmente le mensilità contrattuali ed autorizzando con apposita clausola – in caso di necessità – l’intervento del canile, mediante l’anticipo di spese per le prestazioni e mezzi terapeutici. La Cassazione, specificava la non dovuta autorizzazione – da parte della struttura – ad abbandonare il cane, a sopprimerlo o ad interrompere la cura e la custodia anche in caso di mancato pagamento della “retta” dovuta per il soggiorno dell’animale. Dovendo quindi, in tal caso, il proprietario rispondere soltanto per inadempimento contrattuale ma non per abbandono. ll concetto di “reato di maltrattamento” si estende infine anche a circhi, caccia e sperimentazione. Trattandosi dunque di diverse forme di maltrattamento, punibili anche se commessi in ambiti “speciali“. [5]
Note
[1] Art. 544 ter c.p si riporta il testo – Maltrattamento di animali: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.”
[2] Art.727 c.p. si riporta il testo – Abbandono di animali: “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.”
[3] L. n. 189/2004, come da ultimo modificata dalla L. n. 201/2010
[4] Sent. n. 13338/2012
[5] Sent. n. 11606/2012
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