Mancata concessione del mutuo a trattativa avanzata
Il decreto legislativo n.385/1983, articolo 127, fa obbligo alle banche di comportarsi in conformità ai generali principi di trasparenza, buona fede e correttezza, non solo in sede di esecuzione del contratto, ma anche nella fase precedente, durante le trattative. Secondo la Corte di Cassazione, i doveri di correttezza e buona fede in sede precontrattuale stabiliti dal codice civile rilevano non solo nelle fattispecie di rottura ingiustificata delle trattative, ma implicano il più ampio – dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamento maliziosi o reticenti, fornendo alla controparte ogni dato rilevante conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza ai fini della stipulazione del contratto– (Sentenza Corte di Cassazione n. 2248/2014).
Le banche nello svolgere la propria attività, devono confermarsi avendo riguardo alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia esercita i poteri di controllo avendo riguardo alla «sana e prudente gestione dei soggetti vigilati», come sancisce espressamente l’art. 5 del TUB (d.lgs. n. 385/1993).
Per quanto concerne la concessione del credito, il cliente ha diritto di ricevere le indicazioni di carattere generale, ma sempre rapportate alle concrete circostanze individuali, ed orientate dalla valutazione del cd. merito creditizio del richiedente. Il cd. merito creditizio del richiedente è lo strumento con cui l’ente creditizio, attraverso l’istruttoria, individua i rischi correlati all’attività di prestito, sia in considerazione alle capacità del debitore, sia inteso all’attitudine di quest’ultimo a tenere fede agli impegni assunti ed alla sua capacità di produrre reddito nel tempo, in definitiva serve a valutare se il cliente è un “buon debitore”.
Sul punto, l ‘Arbitrato Bancario Finanziario, con decisione n.2248/2014, ha rimarcato l’insindacabilità della banca nella concessione del mutuo e quindi la legittimità della sua decisione di rigetto della domanda di credito, per cause relative al cd. merito creditizio, tuttavia ha ravvisato, di contro, una responsabilità della banca in ragione: 1) del lungo e ingiustificato protrarsi dell’istruttoria (protrattasi per circa 6 mesi dalla richiesta); 2) dalle rassicurazioni che la medesima banca risulta aver fornito inizialmente al richiedente; 3) dal tenore succinto e assolutamente inadeguato delle motivazioni addotte a giustificazione del diniego di credito – del tutto inidonee a far emergere le ragioni e le valutazioni alla base dello stesso; 4) dell’atteggiamento silente e dell’assenza di comunicazioni circa l’esito della richiesta da parte della medesima banca.
Pertanto, secondo l’Arbitrato Bancario Finanziario la responsabilità delle banche per la mancata concessione ed erogazione del credito deve essere collegata ad un criterio sostanziale, determinato dall’efficienza e correttezza dell’intermediario, ma anche ad un criterio formale determinato dal tempo sotteso alla mancata concessione.
La mancanza della concessione del credito da parte della Banca, si inserisce nell’annovero dell’art. 1337 c.c. il quale recita: “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”, cd. responsabilità precontrattuale. In tema di responsabilità precontrattuale vi è un obbligo delle parti a tenere, nel corso delle trattative e nella formazione del contratto, un comportamento coerente con i principi di solidarietà e salvaguardia dell’altrui interesse negoziale. Nel caso di intermediari finanziari tali obblighi si oggettivano in obblighi di informazione lealtà e chiarezza.
La giurisprudenza sul punto ha specificato che: – Perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative, che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo, che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto -. (Sentenza Tribunale Piacenza 17/11/2015 n. 846).
La condotta tenuta dall’intermediario è tale da generare nel richiedente un legittimo affidamento nella positiva conclusione delle trattative, e quindi, nella concessione del mutuo, al punto da far ritenere la eventuale rottura delle stesse come indebita. Solo laddove le trattative non sono giunte ad uno stadio di “affidamento”, presuppongono la libertà di non procedere ad una stipulazione, senza alcuna responsabilità della Banca.
Il rimedio esperibile nel caso della negata concessione del mutuo a seguito di una trattativa avanzata è il risarcimento del danno ex art. 1137 c.c., secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2056 codice civile.
Tale risarcimento deve comprendere tutte le conseguenze immediate e dirette della violazione dei doveri nella fase preparatoria del contratto, e si estende ai pregiudizi economici derivanti dalla mancata conclusione del contratto, ove si manifestino come conseguenza immediata e diretta del comportamento di controparte. (Corte di Cassazione n. 4718 del 10 marzo 2016). In tema di liquidazione del danno, secondo i giudizi di piazza Cavour, i pregiudizi economici si sostanziano non solo negli esborsi monetari e della diminuzione patrimoniale già materialmente intervenuta, ma include anche: “l’obbligazione di effettuare l’esborso, in quanto il vinculum iuris, nel quale l’obbligazione stessa si sostanzia, costituisce già una posta passiva del patrimonio del danneggiato, consistente nell’insieme dei rapporti giuridici, con diretta rilevanza economica, di cui una persona è titolare” (Cassazione 10 novembre 2010, n. 22826).
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Liliana Petrolo
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