Matrimonio e Convivenze, un passo in avanti verso la parificazione
Negli ultimi tempi, vari settori del diritto hanno subito modificazioni tali da creare un equiparazione tra la disciplina del matrimonio e quella delle convivenze, è questo quello che è recentemente avvenuto con un intervento della Cassazione del 2015 in materia di diritto penale.
L’articolo 384 c.p. al primo comma dispone che, nell’ipotesi di commissione di alcuni delitti, tra i quali il favoreggiamento personale, il soggetto che lo ha commesso non sia punibile, nel caso in cui sia stato compiuto per salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore.
La questione giuridica rispetto alla quale la Corte Regolatrice è stata chiamata ad intervenire imponeva di verificare se in caso di commissione del delitto di favoreggiamento personale di cui all’articolo 378 c.p. potesse trovare applicazione l’esimente prevista dall’articolo 384 c.p., anche in caso di convivenza more uxorio.
Prima di analizzare la conclusione a cui è pervenuto il Supremo Consesso appare necessario premettere brevi cenni relativi alla ratio dell’articolo 384 c.p. che regolamenta i casi di non punibilità.
Come sopra già accennato, nel caso di commissione di alcuni specifici reati, tra i quali il favoreggiamento personale (378 c.p.), quando il fatto sia stato commesso per salvare sé stessi o un prossimo congiunto da un grave ed, altresì, inevitabile nocumento alla libertà ed all’onore, l’articolo 384 c.p. sancisce l’esclusione della punibilità.
La natura intrinseca della norma è quella di andare ad eliminare dal fatto il carattere di penale antigiuridicità. L’agente risponderà di un eventuale diverso evento provocato, solo nel caso in cui abbia colposamente ecceduto dai limiti stabiliti dalla norma (art. 55 c.p.) (cfr. Cass. Pen., Sez I, 27.03.1991, n. 3503). Ratio della norma è quella di giustificare l’istinto alla conservazione della propria libertà e del proprio onore, tenendo anche conto del legame con i prossimi congiunti (cfr. Cass. Pen. Sez. Un., 14.02.2008, n. 7208).
I casi in cui può trovare applicazione sono tassativamente individuati dalla norma ed i fatti devono essere stati compiuti in uno stato di necessità, tuttavia la causa di non punibilità è più specifica rispetto alla scriminante prevista dall’articolo 54 c.p. che presenta una più ampia efficacia. Dunque, l’articolo 384 c.p. regolamenta un’ipotesi particolare dello stato di necessità che trova il suo fondamento nel principio del nemo tenetur se accusare e riconosce, altresì, la forza incoercibile degli affetti familiari.
Deroga alla norma generale di cui all’articolo 54 c.p., poiché è applicabile anche nel caso in cui il pericolo sia stato volontariamente causato dal soggetto passivo e possa essere altrimenti evitato (cfr. Cass. Pen., 23.03.1983, n. 2537).
Alla luce di quanto premesso, con l’espressione prossimo congiunto di cui all’articolo 384 c.p. si può intendere anche il convivente more uxorio? Per dare una risposta a questa domanda occorre prendere in considerazione il dibattito giurisprudenziale avutosi al riguardo.
La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, in un primo momento, ha escluso che, nel caso di reato di favoreggiamento personale, il convivente more uxorio potesse ritenersi come un prossimo congiunto (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 27.05.1988, n. 6365). Successivamente, con sentenza del 11.05.2004, n. 22398, la Suprema Corte ha ammesso che una stabile convivenza potesse dar luogo alla scriminante di cui all’articolo 384 c.p. Tuttavia, con una pronuncia successiva la Corte Regolatrice sembra tornare sui suoi passi, ritenendo che non potesse essere applicata al convivente more uxorio resosi responsabile di favoreggiamento personale nei confronti dell’altro convivente, la stessa causa di non punibilità di cui potrebbe invece godere il coniuge, affermando, per di più, che ciò non contrastante con l’articolo 3 della Costituzione, richiamando quanto affermato in risalenti pronunce della Corte Costituzionale nn. 124/80, 39/81, 352/89, 8/96 (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 26.10.2006, n. 35967).
Malgrado ciò, rispetto all’ultima pronuncia del Supremo Consesso di circa dieci anni prima, un recentissimo arresto della Corte di Cassazione ha totalmente ribaltato la prospettiva, parificando la posizione del convivente more uxorio a quella del coniuge. Infatti, in linea con la pronuncia del 2004 che equipara la situazione dei due soggetti (coniugato e convivente) in caso di una stabile convivenza, proprio nell’ipotesi di favoreggiamento personale, la Cassazione Penale ha affermato che per il convivente more uxorio opera la causa di non punibilità di cui alla 384 c.p. (cfr. Cass. Pen., 30.04.2015, 34147).
Pertanto, nonostante i precedenti contrasti giurisprudenziali, salvo ulteriori ravvedimenti della Suprema Corte, può ritenersi riconosciuta la parificazione della convivenza more uxorio al rapporto di coniugio in relazione all’applicazione della scriminante ex art. 384 c.p.
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Caterina Castronuovo
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