Mediazione familiare e terapia di coppia: istituti diversi e non interscambiabili

Mediazione familiare e terapia di coppia: istituti diversi e non interscambiabili

Mediazione familiare e terapia di coppia sono due strumenti profondamente diversi che possono intervallarsi nelle situazioni tipiche di crisi di coppia, ma che hanno obiettivi, figure professionali e caratteristiche nettamente differenti.

Occorre, innanzitutto premettere che il mediatore familiare non è uno psicologo né svolge questa professionale nel corso degli incontri di mediazione, che -pertanto- non hanno funzione di terapia di coppia o seduta psicologica. Quanto detto non significa affatto che il background formativo e accademico del professionista non sia di stampo psicologico: i mediatori possono essere sia giuristi (e, dunque, anche avvocati), che psicologi e così via dicendo, poiché affiancano alla loro formazione di base un percorso di formazione specifico che è quello di mediatori familiari.

Il ruolo ricoperto e la formazione acquisita permettono al mediatore familiare di intervenire all’interno delle dinamiche della coppia nel corso degli incontri per cercare di facilitare la comunicazione, attraverso un dialogo costruttivo, e la negoziazione tra le parti in conflitto e, dunque, per aiutarle a trovare soluzioni pratiche e condivise che vengano fissate nella stesura di un accordo giuridicamente rilevante e vincolante. Si tratta, pertanto, di un modus operandi che rientra nelle cosiddette A.d.r. (alternative dispute resolution) e nella giustizia riparativa o restorative justice che svolge un’importante funzione deflattiva del carico giudiziario proprio ricorrendo a rimedi stragiudiziali.

Il mediatore, quand’anche abbia svolto o sia anche uno psicologo, non entra mai nel merito delle emozioni o dei problemi psicologici dei singoli membri della famiglia. Si concentra esclusivamente sull’aiutare le persone a raggiungere un accordo su questioni pratiche: dalla custodia dei figli, alla divisione dei beni. Il suo compito è rendere il processo di mediazione il più efficace possibile per risolvere i conflitti pratici e legali.

Se, dunque, è vero che al di fuori delle mura formalistiche del tribunale, in una causa di separazione e divorzio, la mediazione permette alla coppia di affrontare alcuni aspetti non prettamente giuridici e, quindi, di allargare il campo di analisi per risolvere la conflittualità nell’interesse primario della prole, al contempo non sfocia in una seduta davanti a uno psicologo o uno psicoterapeuta: per questo esiste la terapia di coppia.

Un terapeuta di coppia, a differenza del mediatore che può essere un giurista, è invece tipicamente uno psicologo o uno psicoterapeuta con una formazione specifica nella psicologia relazionale e nei problemi emotivi delle coppie. Attraverso la terapia di coppia, il professionista aiuta ad affrontare e risolvere i conflitti emotivi e psicologici all’interno della relazione di coppia, quali la difficoltà di comunicazione, i problemi di fiducia, i conflitti su ruoli di genere, la gestione dei traumi o delle emozioni. Pertanto, il terapeuta aiuta i partner a migliorare la loro relazione, a comprendere le proprie dinamiche interne e a sviluppare strumenti per affrontare i conflitti in modo sano.

A differenza del mediatore, il terapeuta entra nel merito delle emozioni, dei comportamenti e delle dinamiche psicologiche.

Evidenziate queste prime lapalissiane differenze tra le due figure, ben si comprende come il mediatore familiare sia un esperto nella gestione dei conflitti pratici e legali e aiuti a facilitare la negoziazione; tuttavia, non essendo né svolgendo il ruolo di psicologo non entra né deve entrare nel merito delle questioni psicologiche o emotive.

Ma quando si passa dalla mediazione alla terapia di coppia?

Occorre preliminarmente premettere che in alcune situazioni, tipicamente più complesse, potrebbe essere utile combinare entrambi gli approcci e, quindi, contestualmente ricorrere alla mediazione familiare per risolvere le questioni pratiche e legali e alla terapia di coppia per affrontare le problematiche emotive o

psicologiche sottostanti, migliorando la comunicazione e il dialogo all’interno della coppia con effetti positivi in sede di mediazione al fine di raggiungere un soddisfacente e equo accordo.

Ordunque, il passaggio dalla mediazione familiare alla terapia di coppia può avvenire quando la natura del conflitto o delle difficoltà che una coppia sta affrontando richiedono un intervento più profondo e psicoterapeutico rispetto alla risoluzione di conflitti puramente pratici o legali.

Laddove, dunque, il mediatore si avveda della necessita di un sostegno psicologico o terapeutico avocherà la figura del terapeuta di coppia, cui indirizzerà le parti che si sono rivolte direttamente al mediatore. Alcuni casi sono i seguenti:

  • conflitti emozionali o psicologici profondi: Se durante il processo di mediazione emerge che i conflitti sono radicati in dinamiche emotive, traumi passati o difficoltà psicologiche più profonde (ad esempio, insoddisfazione di lunga data, tradimenti, problemi di autostima, dipendenze), la mediazione potrebbe non essere uno strumento sufficiente. In questi casi, la terapia di coppia diventa utile, poiché il focus si sposta sulla comprensione e sulla gestione dei problemi emotivi e psicologici attraverso un intervento terapeutico. Tra i conflitti di rilevanza un ruolo importante è dato a quelli relativi alla mancanza di fiducia reciproca. Se la fiducia tra i partner è stata gravemente compromessa e non sembra esserci una base per una comunicazione costruttiva, la terapia di coppia può essere un luogo per lavorare su come ricostruire o, in alcuni casi, decidere se la relazione è ancora sostenibile. La mediazione potrebbe non essere in grado di affrontare la profondità della crisi, mentre un terapeuta di coppia potrà aiutare a esplorare i temi di fiducia, tradimento e perdono.

  • difficoltà comunicative: se una coppia ha serie difficoltà nel comunicare i propri sentimenti, nella gestione delle emozioni o nella comprensione dei bisogni reciproci, la terapia di coppia può essere il passo successivo e indispensabile laddove gli incontri di mediazione non portino a nulla. In terapia, i partner esploreranno in profondità le dinamiche emotive e impareranno a comunicare in modo più empatico e produttivo;

  • impossibilità di trovare soluzioni pratiche: se la mediazione non riesce a portare a soluzioni concrete o se la coppia non è in grado di trovare un terreno comune su questioni importanti a causa di conflitti emotivi non risolti, può essere utile passare alla terapia di coppia. La terapia aiuterà i partner a esplorare le cause alla radice del conflitto e a lavorare su una risoluzione più profonda;

  • mancanza di volontà di compromesso o cooperazione: se, durante la mediazione, uno o entrambi i partner si rifiutano di collaborare o di impegnarsi in un processo di compromesso a causa di difficoltà emotive irrisolte, come rabbia, risentimento o paura, un terapeuta di coppia potrebbe intervenire;

  • tentativo di riconciliazione: durante gli incontri di mediazione ci si può avvedere dell’esistenza di ampie possibilità di ricostruzione del rapporto di coppia e, dunque, della volontà non già di separarsi o divorziare, bensì di riconciliarsi. In questo caso, il mediatore interromperà gli incontri e suggerirà alla coppia di rivolgersi a un terapeuta di coppia per affrontare i loro problemi e instaurare una nuova relazione che ne tenga conto e voglia risolverli.

Alla luce di quanto esposto, si evidenzia la netta diversità di quello che è l’obiettivo principale dei due strumenti e istituti: mentre la mediazione familiare si concentra principalmente sulla risoluzione pratica dei conflitti, cercando di raggiungere un compromesso giuridico che soddisfi tutte le parti coinvolte, la terapia di coppia mira a migliorare la relazione nella sua totalità, affrontando le dinamiche emotive, psicologiche e comportamentali sottostanti e aiutando i partner a migliorare la loro comunicazione, comprensione e connessione emotiva. Per tali ragioni, se il mediatore rimane generalmente neutrale, terzo e imparziale e non entra nel merito delle emozioni dei singoli, concentrandosi sul raggiungimento di un accordo, il terapeuta è, al contrario, attivamente coinvolto nell’esplorazione delle emozioni dei partner e nel lavorare sui temi psicologici e affettivi che influiscono sulla relazione.

Il passaggio dalla mediazione familiare alla terapia di coppia, dunque, dipende essenzialmente dalla natura dei conflitti e dalla profondità dei problemi relazionali ed emotivi. Se i conflitti sono superficiali e riguardano aspetti pratici, la mediazione potrebbe essere un approccio sufficiente ed efficace. Se, invece, emergono difficoltà emotive più complesse, traumi passati o una comunicazione inefficace che impedisce il raggiungimento di soluzioni, la terapia di coppia diventa il percorso più appropriato per esplorare e risolvere le problematiche in profondità.


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