Medical humanities e disabilità: riflessioni a fronte della lunga parentesi pandemica

Medical humanities e disabilità: riflessioni a fronte della lunga parentesi pandemica

Abstract. La presente ricerca si prefigge di scandagliare i complessi aspetti riguardanti la disabilità, e come essa si intrecci alle medical humanities, di difficile collocazione sistematica.

Quanto emerso, compone il quadro di un’Italia che risulta impoverita da un ventennio di politiche di contenimento della spesa pubblica in materia sanitaria e, pertanto, incapace di dare le più adeguate risposte che, invece, la sfida e l’approccio della disabilità richiederebbero.

Lo studio si concentra, quindi, sulla difficile armonizzazione della disabilità all’interno dei sistemi sanitari.

Le dinamiche dell’ars medica, inoltre, mutate dalla pandemia determinata dal SARS-CoV-2, i cui effetti sono ancora in corso al momento in cui si scrive, e dai molteplici cambiamenti legislativi susseguitisi negli ultimi anni, vedi d.l. Balduzzi o l. Gelli-Bianco, impongono di delineare, quanto meno, l’assetto attuale del sistema sanitario e la nuova immagine, assunta nel corso del tempo, dal professionista medico.

Nel clima di incertezza, causato dalla parentesi pandemica, giova tenere presente che il modello sanitario italiano non è apparso affatto lacunoso. Tuttavia, nel nostro modello sanitario sono presenti limiti ed innegabili criticità, che si cercherà di descrivere nella presente analisi.

Lo studio ed il focus del presente elaborato si concentrano sulla difficile armonizzazione della disabilità all’interno dei sistemi sanitari.

 

Sommario: 1. Considerazioni introduttive – 2. Medical humanities e disabilità – 3. La malattia e la nozione di disabilità – 4. Conclusioni

 

1. Considerazioni introduttive

Il saggio, senza alcuna pretesa di esaustività, è, dunque, una riflessione o, più precisamente, una raccolta di riflessioni sul sistema sanitario e sul suo rapporto col tema disabilità in una materia, quella della salute, che si colloca al centro non soltanto delle preoccupazioni dell’esperienza quotidiana, ma altresì delle problematiche scientifiche sulla natura e struttura dei diritti sociali (Balduzzi, 2004).

La nuova dimensione dell’accesso all’assistenza sanitaria, dettata dalla pandemia da SARS-COV 2, causa della parentesi pandemica del COVID-19, ha determinato scelte obbligate, dapprima in capo al legislatore nazionale italiano e, successivamente, di fronte al legislatore comunitario.

La drammatica presenza di tale malattia ha improvvisamente invaso il mondo globalizzato e il nostro vivere (Cenacchi, 2021), causando incertezza e mettendo in crisi le nostre sicurezze, nonché la nostra fiducia nell’avanguardistico sapere medico-scientifico.

Si utilizza di proposito il termine “nostro” dal momento che nessun individuo ne è risultato del tutto esente.

Tale virus, inizialmente sconosciuto, ha rapidamente eroso le nostre sicurezze e presunzioni più profonde, ingenerando, invece, nuovi sentimenti come la paura di morire, l’impossibilità di combattere con armi pari l’invisibile virus, disagi emotivi, reazioni di isolamento e negazione, come il c.d. negazionismo scientifico, opposizione agli obblighi vaccinali o, in aggiunta, incontrollabile irrazionalità come generale risposta a emozioni mai provate prima.

L’iniziale solidarietà è stata, così, presto sostituita da un imperioso ritorno all’io, distaccato dal contesto dell’altro.

La pandemia ha, di conseguenza, tragicamente segnato il genere umano, mettendo in evidenza tante questioni che non costituiranno l’oggetto della presente analisi.

L’isolamento durante la malattia, o durante la sofferenza, la complessa relazione medico-paziente-famiglia, le difficoltà nella formazione degli operatori di salute, determinano un’intrinseca difficoltà nel collocare le medical humanities.

La pandemia ha indotto ad una trasformazione della gestione della salute con il progresso della telemedicina, protocolli di ricerca innovativi e studi clinici con modalità di approccio flessibili (Biasco, 2021).

L’emergenza pandemica ha contribuito a ridefinire l’allocazione delle risorse sanitarie e la necessità di incrementare le sperimentazioni al fine di individuare vaccini e terapie efficaci (Faralli, 2021).

L’insorgenza della malattia e delle sue drammatiche conseguenze hanno, così, determinato il bisogno di trovare un bilanciamento tra la libertà individuale e la tutela della salute pubblica (Ibidem).

Sono numerosi i documenti ufficiali e gli atti giuridici nei quali l’umanizzazione delle cure viene considerata un obiettivo prioritario del Servizio Sanitario Nazionale (Favretto, Zaltron, 2015).

Al riguardo, si segnala, inoltre, che nel 2019 è stata fondata la Società Italiana di Scienze Umane in Medicina.

Alla già citata normativa, si riporta, ad esempio, anche l’ulteriore l. 22 dicembre 2017, n. 219, contenente le norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.

Asse portante delle medical humanities è, di conseguenza, la narrazione dell’universo “salute” attraverso la relazione tra i sanitari e i rispettivi pazienti, proiettata nel rapporto espressivo con l’altro e nel legame quanto più empatico possibile tra questi due soggetti.

La tragedia della pandemia da SARS-COV 2 ha portato, poi, sia negli operatori della salute che nella società in generale, ad una importante riflessione sulla concezione della medicina (Biasco, 2021).

Si è teorizzata, dunque, una nuova etica nelle scelte di cura, individuando una innovativa flessibilità nei ruoli, precedentemente ben più statici, stabilendo un inequivocabile cambio di paradigmi.

Gli effetti trasformativi della l. Gelli-Bianco si sono, poi, tradotti in una complessa rete di intervento durante le dinamiche pandemiche.

Di prevalente interesse per il presente saggio risulta l’estensione dei confini della responsabilità civile medica, che si è spinta oltre i limiti compatibili con il funzionamento efficiente del sistema, laddove ha incentivato l’adozione di condotte di medicina difensiva, dannose anche per la classe dei pazienti, che da tale estensione avrebbe dovuto, invece, ricevere beneficio (Marchisio, 2020).

Dunque, appare evidente la necessità di stimolare un dibattito su fatti attuali e su questioni legate, in generale, agli orizzonti delle medical humanities, dibattito capace di coinvolgere anche altre voci, impegnate in vari ambiti della conoscenza, per il tramite dell’apertura di nuove traiettorie di pensiero non ancora esistenti.

L’emanazione della l. n. 24/2017, meglio nota come l. Gelli-Bianco, è stata volta a correggere tali eccessi. Tuttavia, l’impennata di contenziosi contro i sanitari non si è affatto arrestata ma, al contrario, ha contribuito alla diffusione e al proliferare della medicina difensiva.

Quest’ultimo aspetto, nell’incontro con il tema disabilità, ha trovato uno dei suoi più drammatici esiti.

2. Medical humanities e disabilità

Il presente elaborato intende analizzare il difficile e complesso rapporto tra le c.d. medical humanities, di matrice statunitense, e l’antitetico concetto di disabilità, cercando, al contempo, di coglierne gli aspetti essenziali e le eventuali lacune presenti all’interno del sistema sanitario nazionale.

La Costituzione italiana riconosce la preminenza del diritto alla salute su altri diritti individuali, determinando per il tramite dell’art. 32 Cost. una gerarchia di diritti. Si rammenta, infatti, che l’articolo tutela il diritto alla salute come prerogativa individuale ed, al contempo, come interesse della collettività.

Pertanto, il limite della tutela della salute per la collettività va, pur sempre, verificato in concreto e sono, di conseguenza, da analizzarsi le conseguenze negative determinate dalla lunga parentesi pandemica determinata dal virus SARS-CoV-2, protrattasi negli ultimi anni.

Nelle presenti considerazioni si intende fare riferimento alla nota pronuncia della Corte costituzionale italiana, con la sentenza n. 264 del 2012, in cui la suddetta Corte ha ribadito la necessità di procedere ad una valutazione sistemica dell’art. 32 Cost. con tutte le norme in potenziale conflitto tra loro.

Da questa premessa ne discende che la disposizione in questione è da leggersi seguendo una logica che sia volta alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, più specificamente il bene salute.

Con riferimento proprio al tema disabilità, si affronterà l’argomento ed il suo rapporto con l’umanizzazione delle cure.

Si intende, immediatamente, fare presente a chi legge, che la copiosa giurisprudenza di carattere regionalistico, si contrappone alla più ristretta giurisprudenza nazionale, esito della legislazione contenuta nel noto d. lgs. 502 del 1992, con il quale si è demandato alle regioni italiane autonomia in campo sanitario, determinando la molteplicità e varietà di sistemi esistenti nelle venti regioni italiane.

Non di minore importanza due successive tappe storiche, che hanno segnato due momenti decisivi in ambito sanitario, con riferimento, in particolar modo, alla responsabilità dei sanitari e alla medicina c.d. difensiva.

Quest’ultima può assumere un valore positivo nella condotta del medico che prescriva più trattamenti sanitari rispetto a quanto si richiederebbe o, al contrario, un valore negativo nel comportamento evitante, seguendo un anglicismo c.d. avoidance behavior, del medico che eviti di prescrivere terapie che, in una logica opposta, sarebbero invece necessarie al paziente, e da questo utilizzabili.

Per quanto attiene alle tappe, di cui sopra, ci si riferisce al d.l. c.d. Balduzzi, d.l. n. 158 del 13 settembre 2012, ed alla successiva legge n. 24 del 2017, meglio nota come Gelli-Bianco, che a soli cinque anni di distanza dal precedente Balduzzi ha eliminato la depenalizzazione della colpa lieve, operata dal suddetto decreto, e ridefinito i confini ed i limiti della colpa, introducendo una nuova disposizione, contenuta nel codice penale.

Il decreto c.d. Balduzzi, in pochi punti essenziali, ha determinato importanti cambiamenti con riguardo all’assistenza sanitaria territoriale, all’attività professionale intramoenia dei medici, alla medicina difensiva, alla trasparenza dei direttori generali e dei primari, ai nuovi LEA, alle ludopatie, alla limitazione della vendita di tabacco e di farmaci, alla sicurezza alimentare ed alla sanità veterinaria.

Nello specifico, il riferimento, poi, all’art. 590 sexies c.p., rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, della successiva l. Gelli-Bianco non ha inteso azzerare i rischi penali connessi alle condotte illecite, ma, al contrario, intuitivamente, ha determinato, negli anni che sono seguiti, innumerevoli interrogativi rimasti irrisolti, nonché il boom di contenziosi e denunce contro i sanitari, operando come risultato un feroce depotenziamento della classe medica.

La legge Gelli-Bianco ha, di contro, rappresentato, ad avviso della più accorta dottrina[1], un superamento della teoria del contatto sociale o del contatto sociale qualificato. Avuto riguardo agli argomenti descritti, ut supra, si tracceranno delle note conclusive, ferma restando la consapevolezza, da parte dell’autrice del presente studio, della indubbia difficoltà di creare uno schema statico, che possa tentare di dare risposta ad esigenze che, al contrario, si caratterizzano per dinamismo, flessibilità ed insita incertezza.

Sul punto, non può, infatti, tralasciarsi un breve cenno al meccanismo della c.d. decretazione d’urgenza, ex art. 77 Cost., che consente al Governo di intervenire con proprio decreto, in casi estremi di necessità ed urgenza, salvo lo stesso venga, poi, convertito in legge nei sessanta giorni successivi.

L’emergenza epidemiologica ha richiesto, di fatti, un intervento proporzionato alla gravità della situazione, e necessario alla tutela di altri valori costituzionali (Caruso, 2021).

La costruzione del Sistema sanitario nazionale italiano attuale trova il suo impianto normativo di riferimento nella l. n. 833 del 1978, che ha finalmente segnato il superamento del precedente sistema mutualistico-ospedaliero, i cui tratti distintivi, sotto il profilo delle maggiori criticità, erano essenzialmente due: il primo, con riguardo alla struttura organizzativa, era dato da una miriade di enti notevolmente differenziati tra loro; il secondo, da un punto di vista più strettamente funzionale, da una completa assenza di collegamenti tra assistenza ambulatoriale e domiciliare ed assistenza ospedaliera, oltre che dalla mancanza di una idea omnicomprensiva di salute (De Angelis, 2012).

Il quadro organizzativo perseguito dal legislatore del 1978 ha tentato di realizzare, sotto dettatura dell’art. 32 della Carta costituzionale, una quasi totale pubblicizzazione delle strutture di offerta dei servizi sanitari, ispirandosi ai principi fondamentali di universalità della tutela sanitaria e a quello di uguaglianza dei destinatari delle prestazioni, non solo ospedaliere (Ibidem, pp. 15-16).

3. La malattia e la nozione di disabilità

Per illustri autori (Turco, 2012), l’invalidità civile costituisce, ormai, da anni un settore specialistico, non privo di elementi di sistematicità che ne rendono opportuna una visione sinottica.

Si intende, nello specifico, fare riferimento alle scale di valutazione della condizione di disabilità gravissima, utilizzate dall’Inps, dall’Inail, dalle Asp, di casi di assoluta dipendenza vitale, e/o di assistenza saltuaria, utile ricordare, per esempio, in questo contesto il d.p. 26 gennaio 2011 contenente le linee guida regionali per l’accesso e il governo del sistema integrato delle cure domiciliari, c.d. A.D.I., cioè assistenza domiciliare integrata.

Quest’ultima giova a definire l’erogazione di prestazioni domiciliari da parte di figure professionali sanitarie e sociali integrate fra loro, che implicano l’interazione e la collaborazione del medico di medicina generale, dell’infermiere, del fisioterapista, dell’assistente sociale, del medico specialista ecc.

Ma la condizione economica della persona con disabilità non esaurisce l’argomentazione circa i molteplici profili di disabilità. Giova richiamare una recentissima pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, nella causa Miranda Magro c. Portogallo, datata 9 gennaio 2024, n. 30138/21, in cui la suddetta Corte ha enunciato importanti principi di diritto riguardanti persone con disabilità intellettiva e psicosociale, detenute nei reparti psichiatrici carcerari.

Sul punto, si lega alla presente trattazione quanto rilevato, infine, dalla Corte e, cioè, l’esistenza di un serio problema strutturale che impone agli Stati membri di adottare programmi terapeutici adeguati alle condizioni di salute delle persone con disabilità, ut supra, detenute presso le unità psichiatriche di ospedali penitenziari, onde evitare l’utilizzo di trattamenti ritenuti disumani e degradanti, e favorire il loro reinserimento nella società, in attuazione della finalità rieducativa della pena, ex art. 27 Cost., co. 3.

L’amministrazione e la ricerca sanitarie devono essere finalizzate, cioè dirette, al raggiungimento dei particolari e prioritari obiettivi, biomedici e sanitari, individuati non solo nel Piano sanitario nazionale, ma anche nei principali documenti riguardanti la disabilità. Fronteggiare il rischio clinico, l’insorgenza della disabilità comporta l’adeguamento delle strutture ospedaliere, che devono rispondere alle varie esigenze del soggetto invalido.

Gli interventi e le attività di prevenzione sono già elencati dalla l. 833/1978, che disciplina il raggiungimento della tutela della salute sul piano nazionale e le forme di assistenza, sia essa specialistica ospedaliera, ambulatoriale, farmaceutica, protesica, ecc.

L’assistenza socio-sanitaria alle persone con disabilità si realizza, così, anche per il tramite di programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, c.d. integrazione socio-sanitaria ai sensi del D.P.C.M. 14.2.2001, che valorizzano le abilità di ogni soggetto con disabilità, e agiscono sulla globalità della situazione di disabilità, coinvolgendo la famiglia e la comunità.

Sul punto, occorre fare un breve riferimento ai fattori contestuali, sia ambientali che personali, tesi a promuovere un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività, che permettano di individuare gli ostacoli da rimuovere e/o gli interventi da effettuare, affinché l’individuo possa raggiungere il massimo grado di realizzazione.

A tali scopi, il Sistema Sanitario Nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate garantisce ai disabili fisici, psichici e sensoriali sia assistenza territoriale di tipo ambulatoriale e domiciliare che assistenza territoriale di tipo residenziale e semiresidenziale.

Le competenze dell’Unione europea sono solo concorrenti a quelle degli Stati membri, e la difficoltà nell’affermazione di uno “spazio sanitario europeo” è stata una realtà innegabile ai giorni nostri (Pioggia, 2022).

Di conseguenza, reagire al sorgere di un’invalidità comporta per il datore di lavoro, pubblico o privato, l’obbligo di garantire per il soggetto con disabilità, in qualità di dipendente, la libera fruizione delle agevolazioni.

Inoltre, la rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative in favore di soggetti con disabilità, sono definite dal Ministero della sanità, nei protocolli per la concessione dell’idoneità alla pratica agonistica alle persone disabili[2].

La progressiva burocratizzazione dell’iter procedurale che attesti le infermità invalidanti e che porta al successivo riconoscimento dell’invalidità civile, riassume la complessità della materia.

4. Conclusioni

Il ricco incrocio di sfumature derivanti dal mondo del sapere medico-scientifico, di cui si è cercato di delineare e descrivere i complessi e variegati confini, dischiude, infine, ed apre a nuovi scenari, nuovi orizzonti e nuove traiettorie di pensiero che si aggiungano all’esistente, già impegnato nel difficile ambito del sapere umano riguardante la scienza medica.

Approfondire ed allargare la visione, talvolta limitata e circoscritta al semplice e mero professionalismo, consente, quindi, di valutare e cercare una maggiore sinergia tra professionalità diverse, pur sempre poste in uno spazio di solidale relazione di intenti e vedute.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha, infatti, più volte ribadito che la ricerca rappresenta un imperativo etico, perché solo attraverso di essa è possibile trovare risposte a questioni vitali per la prevenzione e la cura (Faralli, 2021).

L’infezione da SARS-COV 2 ha rappresentato solo l’ultimo fatto emergenziale di transitoria eppur straordinaria portata.

Alla luce del fatto che la protezione della persona umana e della comunità in cui si vive è il principale obiettivo sociale (Caruso, 2021) è, dunque, essenziale capire come si possa ridurre l’incidenza della disabilità sul vissuto di un soggetto che ne è colpito, nonché le inevitabili conseguenze che si presentano, o si presenteranno, nel corso della sua vita.

La malattia, in conclusione, altro non è che la «rottura biografica» del soggetto in questione, nonché, essa può essere intesa come un movimento statico nella «carriera morale» dell’individuo (Favretto, Zaltron, 2015).

Essa segna un arco temporale assolutamente nuovo, che irrompe nella vita del singolo e, talvolta, ma non così raramente, anche nella vita dei familiari del malato.

Il c.d. processo di devolution, cioè il procedimento attraverso cui uno Stato centralizzato amplia le competenze legislative ed amministrative delle autonomie territoriali, conferendo loro nuove funzioni, è stato studiato ed analizzato da più parti e la letteratura esistente sull’argomento appare copiosa.

Si vedano, tra gli altri, L. Vandelli, Devolution e altre storie. Paradossi, ambiguità e rischi di un progetto politico, Bologna, 2002; A. Fossati, R. Levaggi, Dal decentramento alla devolution: il federalismo fiscale in Italia e in Europa, Milano, 2001; R. Balduzzi, La sanità italiana tra livelli essenziali di assistenza, tutela della salute e progetto di devolution, Milano, 2004; C. Casonato, C. Piciocchi, Devolution, diritti, identità: la tutela della salute fra asimmetrie ed esigenze di uniformità, Torino, 2007.

Ogni processo di decentramento politico-amministrativo, compreso quello italiano, tenta di combinare, a diversi livelli e con diversa intensità, esigenze di unità e di differenziazione.

Risulta, infine, chiara la necessità per l’operatore sanitario di rifuggire dal semplice numero, garantendo una valida equal protection (Casonato, Piciocchi, 2007), e, solo per citare un semplice accorgimento, si sottolinea l’importanza di ricordare il nome del paziente, unico elemento intraducibile perché definisce la nostra singolarità, e la nostra individualità, pertanto, esso è dirimente.

Il contesto sanitario esprime il riconoscimento degli aspetti relazionali della carriera del paziente, costrutto concettuale che permette di riconoscere le molteplici reazioni rispetto al fattore malattia che caratterizzano la platea di pazienti esistente nelle molteplici realtà assistenziali (Favretto, Zaltron, 2015).

Il recupero della centralità della persona, dunque, altro non è che una «missione» di difficile e complessa realizzazione, e che comporta l’investimento di risorse, non solo finanziarie, in tutta una serie di modalità d’intervento.

Instaurare una relazione di dialogo proficuo con il paziente, che possa inquadrarsi nella c.d. medicina narrativa, è un processo arduo, in cui anche solo un passo fatto male all’interno del lungo ingranaggio, comporta il fallimento dell’intera catena terapeutica.

Spesso la storia clinica del paziente o, addirittura, la carriera del paziente, di cui si è detto anche nelle considerazioni introduttive, vengono trascurate, non permettendo alle medical humanities di evolvere e creare una relazione positiva tra il sanitario ed il paziente (Staiano, 2018).

 

 

 

 

 

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ilpenalista.it
Responsabilità nel caso di eventi naturali dannosi o pericolosi e scudo penale per Covid-19.
Emergenza Covid: riflessi penali del rischio clinico-organizzativoe responsabilità delle strutture sanitarie.
Epidemia da Covid-19: le linee guida nella responsabilità penale tra disastro, omissioni e contravvenzioni.
L’epidemia da Covid-19: prime riflessioni in merito a possibili profili di responsabilità penali nei luoghi di cura.
[1] Si veda, tra gli altri, Paolo Cendon, La responsabilità medica, 2019, Utet Giuridica.
[2] È d’obbligo, al riguardo, il rinvio a M. Cinelli, Lineamenti di diritto della previdenza sociale, 2016 ed a M. Persiani, Diritto della previdenza sociale, 2016.

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