Misure di prevenzione, uno sguardo d’insieme

Misure di prevenzione, uno sguardo d’insieme

Il sistema della misure di prevenzione è attualmente disciplinato dal d.lgs. n.159/2011, c.d. Codice antimafia, con tale disposizione è stata prevista l’applicazione di misure, personali o patrimoniali, che vengono adottate prima della commissione di reati (ante delictum), ovvero indipendentemente dalla commissione di reati, in quanto fondate sul presupposto della pericolosità sociale del soggetto destinatario delle stesse, basato su criteri che prescindono anche dall’eventuale, precedente, commissione di reati.

Si tratta di una materia estremamente complessa, poiché da sempre oggetto di continui esami ed interpretazioni dottrinarie e giurisprudenziali, ed infatti, basandosi sul presupposto della mera pericolosità sociale del destinatario, tali misure operano una restrizione della libertà e di altri diritti inviolabili della persona, in assenza di un previo accertamento giurisdizionale di una condotta penalmente rilevante.

Proprio tale aspetto le differenzia dalle misure di sicurezza che, invece, presuppongono, per poter essere applicate, la commissione di un reato e la condanna per lo stesso.

L’ammissibilità che un soggetto possa subire determinate misure, in difetto di una sentenza di condanna, ovvero prima che sia ritenuto giuridicamente responsabile della commissione di un reato, a seguito di vaglio di organo giudiziario, ha alimentato dubbi in merito alla legittimità costituzionale delle suddette misure che, benché grandemente penalizzanti, hanno sempre trovato positivo riscontro nelle pronunce della Corte Costituzionale, tra tutte si ricorda la sentenza n. 68/1964.

In base a quanto stabilito nella suddetta sentenza,infatti, le misure di prevenzione trovano il loro primo fondamento nell’art. 2 della Costituzione, ovvero in quei diritti inviolabili dell’uomo che lo Stato simpegna a tutelare, anche attraverso restrizioni della libertà, che non siano costituzionalmente inammissibili, nonché negli artt. 25 e 27 Cost.

Tali misure potranno essere applicate solo dagli organi giurisdizionali ordinari, a seguito di un procedimento in cui siano assicurate le garanzie giurisdizionali ed il diritto di difesa (art.13 Cost.) ed in ossequio al principio di legalità, quindi, non potranno irrogarsi misure di prevenzione quando non espressamente previste per legge, ovvero previo accertamento giurisdizionale del presupposto di pericolosità, stabilito secondo criteri, certi, dal Legislatore.

La ratio e lo scopo che si prefiggono le misure di prevenzione è quello, appunto, di prevenire la commissione di un reato da parte di soggetti ritenuti “a rischio” per la sicurezza pubblica,a  fronte del loro stile di vita.

Non potendosi basare sulla precedente commissione di un reato, la pericolosità sociale del proposto deve essere desunta, in tutti i casi, da elementi oggettivi, indicati dalla lettera della norma come “elementi di fatto”, che potranno consistere nei precedenti penali, nelle denunce per gravi reati nei confronti del soggetto, nei procedimenti penali ancora in corso, nelle frequentazioni con pregiudicati ecc.

Tale pericolosità deve avere, inoltre, carattere di attualità ed effettività, ovvero rappresentare un dato di fatto desumibile ed esistente nel momento in cui è effettuata la valutazione dei requisiti per l’applicazione.

Oggi le misure di prevenzione sono un’importante strumento di lotta alla criminalità organizzata, grazie ad un processo che è cominciato con l’estensione dell’applicabilità delle misure personali agli indiziati di mafia ed è poi continuato con l’affermazione del principio di applicazione disgiunta delle misure patrimoniali rispetto a quelle personali, ovvero indipendentemente da qualsiasi accertamento circa l’attualità della pericolosità sociale del destinatario delle misure stesse.

Non solo, le misure di prevenzione sono piuttosto numerose anche perché sono state aumentate dal Legislatore con successivi interventi in materia di lotta al terrorismo ed al traffico degli stupefacenti, tra le più importanti giova ricordare: il foglio di via obbligatorio; la sorveglianza speciale; l’obbligo di soggiorno e divieto di soggiorno; le misure di prevenzione finalizzate al contrasto della criminalità organizzata, di carattere personale e patrimoniale ; le misure di prevenzione per la lotta al terrorismo; le misure di prevenzione per la lotta al traffico di stupefacenti.

Ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 159/2011, il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione trae origine da una proposta che scaturisce dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ed anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del circondario presso cui dimora il proposto, in un’azione coordinata tra i suddetti organi, nel caso di misure patrimoniali la proposta spetta al procuratore nazionale antimafia.

La proposta avanzata dovrà essere depositata presso le cancellerie delle sezioni, o dei collegi speciali, per le misure di prevenzione del Tribunale distrettuale del territorio ove dimora il destinatario.

Entro trenta giorni dal deposito il Tribunale deve provvedere con decreto motivato (art.7 D.lgs. n.159/2011), con avviso di fissazione udienza che dovrà contenere una concisa esposizione dei contenuti della proposta.

L’art. 10 del D.lgs. n. 159/2011, stabilisce le modalità di impugnazioni del provvedimento con il quale il Tribunale applica la misura di prevenzione, stabilendone l’impugnabilità entro dieci giorni (dalla notifica) con ricorso alla Corte di Appello competente.

Il ricorso non ha effetto sospensivo, pertanto la misura è applicata, ed eseguita, fino a quando non interviene eventualmente una decisione della Corte che riforma il decreto applicativo, la Corte adita dovrà provvedere entro trenta giorni dal deposito dell’impugnazione con decreto motivato, si tratta comunque di un termine non perentorio che può essere soggetto a ricorso per Cassazione.


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Avv. Gianluca De Vito

Avvocato del Foro di Catanzaro, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, nell’anno 2012. Esercita la professione forense con carattere di continuità innanzi ad organi giurisdizionali penali, civili ed amministrativi su tutto il territorio nazionale.

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