Modi di estinzione delle obbligazioni

Modi di estinzione delle obbligazioni

L’adempimento del debitore è un atto giuridico in senso stretto, cioè un atto dovuto che non ha natura negoziale. Diversa è la natura dell’adempimento quando si parla dell’adempimento del terzo, questi, non è obbligato ad adempiere nei confronti del creditore, ne deriva che questi nel rapporto con la parte attiva del rapporto obbligatorio pone in essere un atto di volontà; un atto sostenuto dalla volontà di compiere l’atto e dalla volontà dell’effetto, di produrre l’estinzione dell’obbligazione. Detto ciò, si comprende come l’adempimento appena enunciato non ha la natura di atto in senso stretto, bensì si qualifica come un negozio, perché sorretto dalla volontà di compiere l’atto e dagli effetti ce ne derivano. Si tratta di un negozio unilaterale, perché produce i suoi effetti senza il consenso del creditore, il quale è legittimato a rifiutarlo se dovesse avere l’interesse a che adempia il debitore stesso. L’adempimento del terzo è un negozio giuridico unilaterale rifiutabile.

L’adempimento del terzo genera uno spostamento patrimoniale (usando le parole della cassazione); spostamento patrimoniale che non è giustificato causalmente; questo negozio produce l’effetto dello spostamento patrimoniale, ma non lo giustifica. Si è a conoscenza che nel nostro ordinamento non sono ammessi spostamenti ingiustificati; questo deve essere necessariamente giustificato, principio della causalità degli spostamenti patrimoniali.

Si pone il problema di individuarne una causa. L’adempimento del terzo è l’exemplum del negozio a causa variabile; il terzo può adempiere:

  • Donandi causa, es. il padre che estingue l’obbligazione del figlio. Lo spirito di liberalità fornisce la causa allo spostamento.

  • Solvendi causa, il terzo assume l’obbligo di adempiere la prestazione nei confronti del creditore;

  • A titolo gratuito, senza ricevere alcun vantaggio dall’adempimento.

Per stabilire la natura del negozio sotto il profilo causale, ci dice la giurisprudenza, occorre guardare non solo al rapporto tra il terzo e il creditore, ovvero a quello tra il terzo e il debitore, ma bisogna volgere lo sguardo all’intera operazione economica, all’intero regolamento degli interessi.

La qualificazione dell’adempimento del terzo diviene rilevante ai fini dell’azione revocatoria: il creditore del terzo che adempie subisce un danno da questo negozio, perché riduce il patrimonio del terzo. Lo spostamento che reca un pregiudizio al creditore, concretizza un requisito idoneo a determinare la fondatezza dell’azione revocatoria (N.B. i presupposti dell’azione revocatoria sono diversi a seconda della diversa qualificazione della causa del negozio, gratuita o onerosa). Si richiede la qualificazione della causa di questo negozio che inizialmente appare neutro. La causa è variabile in concreto, a seconda dell’interesse divisato dalle parti.

L’adempimento può essere anche traslativo. Si definisce anche pagamento traslativo o adempimento traslativo. L’atto con cui il debitore essendo a ciò obbligato trasferisce la proprietà di un bene; l’adempimento produce l’effetto del trasferimento della proprietà.

La problematica che sorge attorno a questa figura si diversifica in tre differenti aspetti: a) l’adempimento traslativo si pone in contrasto con il principio di tipicità dei modi di acquisto della proprietà, ex art. 932 cc la proprietà si trasferisce con uno dei contratti espressamente previsti dalla legge; per cui i negozi traslativi della proprietà sono necessariamente negozi tipici, tra cui non figura l’adempimento. Questo si configurerebbe come un modo atipico di trasferimento della proprietà; b) principio consensualistico, ex art. 1376 cc. L’adempimento traslativo si pone in contrasto con detta norma, che pone il consenso come immediatamente idoneo a trasferire la proprietà del bene. La proprietà viene trasferita con il mero consenso. Il suddetto principio comporta che il contratto è allo stesso tempo titulus e modus adquirendi, il contratto è direttamente la causa e lo strumento attraverso il quale si attua il trasferimento. Il principio del consenso traslativo comporta il principio della unicità nello stesso atto, della contestualità del titulus e del modus. Diversamente l’adempimento traslativo comporta una scissione tra i due elementi; il titulus non è l’adempimento traslativo, perché questo si configura come l’atto di un trasferimento di cui si è raggiunto un accordo a monte; il titulus sta nel negozio a monte con cui si assume l’obbligo di trasferire la proprietà con l’adempimento, che si configura allora come semplice modus adquirendi. Negozio a monte = accordo di trasferimento, titulus; adempimento = atto materiale di trasferimento, modus (Scissione tra titulus a monte e modus a valle, in contrasto con il principio del consensualistico che prevede l’unicità degli elementi all’interno di un unico atto); c) se titulus e modus sono separati, e il trasferimento è semplice modus, questo si configura come un atto senza causa: la causa del trasferimento è nel titulus, il modus è un atto separato che non ha causa.

Qual è la causa del trasferimento traslativo? Questi tre ordini di problemi sono poi stati superati: a) è stato superato il problema della tipicità, attraverso una rilettura dell’art. 932 cc con l’art. 1322 cc, il quale consente la stipula di negozi atipici, con il limite della meritevolezza dell’interesse; per cui l’autonomia privata può dar luogo anche a negozi atipici traslativi, purché meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico. Apertura ai modi atipici di trasferimento della proprietà; b) il principio del consenso traslativo è sì di ordine generale, ma non è un principio inderogabile. Questo è sancito dall’ordinamento a favore dell’autonomia privata, in favore dei traffici giuridici, non è una norma che limita, non è una norma imperativa. Il principio accelera il corso dei traffici giuridici. Questo fa del consenso traslativo una regola derogabile, un diritto disponibile, per cui le parti possono prevedere un modo di trasferimento della proprietà che non avviene immediatamente sub consensu. Si possono prevedere degli atti che trasferiscono la proprietà senza il consenso contestuale; c) il problema dell’assenza della causa è facilmente superabile, perché è vero che l’adempimento traslativo è l’atto con cui si dà attuazione dell’obbligo assunto con un negozio a monte, per cui la causa del trasferimento è nel negozio cd. programmatico, contratto con cui le parti programmano il trasferimento con un successivo negozio. Ma è anche vero che l’adempimento a valle è l’atto collegato con il primo negozio, vi è un collegamento negoziale, per cui il secondo negozio quello di mero adempimento è un negozio a causa esterna, un atto solvendi causa, con causa solutoria esterna. Diviene l’atto con cui si assolve l’obbligo di trasferimento della proprietà programmato nel primo negozio a monte.

Tutto ciò fa dell’adempimento traslativo una figura ammissibile; è una fattispecie a formazione progressiva. Una fattispecie negoziale a struttura bifasica: negozio programmatico e negozio adempitivo.

La distinzione tra negozio a valle e negozio adempitivo è stata doverosa, perché l’adempimento traslativo è un negozio, non è un atto giuridico in senso stretto, dunque, la parte che adempie con la concretizzazione del negozio vuole l’atto e gli effetti, vuole l’adempimento dell’obbligazione e gli effetti traslativi che dall’adempimento derivano. Essendo un atto sorretto dalla volontà dell’atto e dalla volontà degli effetti si qualifica come un negozio giuridico unilaterale, perché l’effetto traslativo si verifica sulla base della sola volontà del soggetto che pone in essere l’atto. Il consenso delle parti al trasferimento della proprietà sta nel negozio programmatico a monte, questo è un negozio bilaterale a cui viene data esecuzione con un negozio unilaterale, fondato quindi sulla sola volontà del soggetto/parte che adempie.

L’adempimento o il pagamento traslativo è un negozio che si inscrive nella formazione progressiva della proprietà a struttura unilaterale.

Ipotesi di adempimento traslativo:

  1. MANDATO SENZA RAPPRESENTANZA: il mandatario agisce in nome proprio per conto del mandante, acquista i diritti nei confronti dei terzi, in nome proprio per conto e nell’interesse del rappresentato/mandante. Per il mandatario sorge l’obbligo di ritrasferire quei diritti nella sfera giuridica del mandante, quindi il mandato è u negozio programmatico a monte da cui deriva l’obbligo per il mandatario di ritrasferire i diritti acquisiti dai terzi. Il trasferimento della proprietà dal mandatario al mandante è un trasferimento traslativo con cui si chiude la vicenda gestoria adempiendo l’obbligo assunto ex mandato.

  2. NEGOZIO FIDUCIARIO: si ha una formazione progressiva della vicenda traslativa. Il negozio fiduciario è collegato di regola ad un contratto traslativo, è un negozio collegato, accessorio: il pactum fiduciae. Il patto in base al quale l’alienante trasferisce la proprietà all’acquirente, con un negozio, a cui è collegato però un pactum fiduciae/ un negozio fiduciario, in base al quale l’acquirente-fiduciario si obbliga a ritrasferire la proprietà di quel bene all’alienante-fiduciante. La vendita è collegata ad un pactum fiduciae, da quest’ultimo deriva l’obbligo di ritrasferire la proprietà del bene. L’atto con cui l’acquirente-fiduciario ritrasferisce il bene all’alienante-fiduciante costituisce un adempimento traslativo.

L’obbligazione può estinguersi anche senza adempimento: compensazione. Si giunge così all’ordinanza di remissione dell’11 settembre 2015, n. 18001 alle Sezioni Unite.

Breve premessa: due soggetti sono contemporaneamente debitore e creditore l’uno dell’altro; due crediti/debiti reciproci e corrispettivi si possono comprensare. La compensazione estingue l’obbligazione.

La ratio della compensazione è evitare inutili spostamenti patrimoniali; evitare un inutile spostamento di ricchezza, semplificare l’assoluzione dei rapporti patrimoniali, secondo il principio di economicità degli atti giuridici. È inutile effettuare due adempimenti che si annullano a vicenda. Attenzione la compensazione assolve anche una funzione di garanzia della realizzazione del credito; il debitore/creditore se non operasse la compensazione, a seguito dell’adempimento sarebbe esposto al rischio dell’inadempimento del creditore/debitore. Si vede come la compensazione annullando i crediti con i debiti reciproci assolve anche ad una funzione di realizzazione del credito, è come se il debitore/creditore compensando il proprio debito con l’altrui creditore/debitore avesse ottenuto la realizzazione del suo credito dal secondo. Non è un caso che a compensazione per lungo tempo è stata assimilata al pagamento, fino a ritenerla una finzione di pagamento; in realtà non è così in quanto manca l’atto esecutivo, manca l’esecuzione della prestazione; si verifica l’effetto del pagamento, ma lo strumento non è l’esecuzione della prestazione; si realizza la neutralizzazione dei crediti reciproci.

La compensazione presuppone non necessariamente l’autonomia dei rapporti giuridici da cui sorgono i rispettivi crediti; in questo senso si realizza la compensazione cd. PROPRIA, tra crediti reciproci che sorgono da rapporti giuridici autonomi. È ammesso anche la compensazione IMPROPRIA, tra crediti che sorgono dallo stesso rapporto, purché da quel rapporto non derivino prestazioni corrispettive; se così fosse non può operare la compensazione, altrimenti si avrebbe la paralisi del contratto, se compenso le prestazioni reciproche annullo l’effetto del contratto.

La compensazione impropria può operare a condizione che i crediti reciproci non siano in rapporto di sinallagmaticità.

La compensazione non opera sempre automaticamente, ma opera secondo le modalità e secondo le condizioni stabilite dalla legge: a) compensazione legale; b) compensazione giudiziale; c) compensazione volontaria.

Il problema posto all’attenzione delle Sezioni Unite concerne proprio la compensazione legale. Secondo l’orientamento prevalente, ma non unanime, la compensazione legale opera in presenza di crediti reciproci che siano omogenei, certi, liquidi ed esigibili.

Il problema si insinua nella certezza e riguarda il credito sub iudice, cioè quel credito che è accertato da una sentenza provvisoriamente esecutiva, ma non definitiva. Questo credito risulta sicuramente liquido ed esigibile, ma non è certo. La sentenza ne accerta la sussistenza, ma non è definitiva in quanto può essere riformata. Ragione per cui la giurisprudenza ritiene che il credito sub iudice mancando di certezza non è opponibile in compensazione. L’opposto orientamento della giurisprudenza – evidentemente minoritario, da cui però sorge l’esigenza della remissione alle Sezioni Unite – attraverso una rilettura degli artt. 1242 e 1243 cc, le norme che disciplinano la compensazione, ritiene che possa essere opposto anche il credito sub iudice. Secondo questa impostazione, i presupposti della compensazione sono l’omogeneità e la coesistenza dei crediti; essendo questi i presupposti, il credito sub iudice, dal momento in cui viene accertato da una sentenza ancorché non definitiva, è un credito che esiste; se quel credito esiste e coesiste con un altro credito corrispettivo e omogeneo di segno opposto si configura i presupposti della compensazione. Per questa ragione, l’orientamento minoritario della giurisprudenza propende per la compensatività anche del credito sub iudice. Da ciò la remissione alle sezioni unite.


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