Molestie recate attraverso sistemi di telecomunicazione diversi dal telefono e art. 660 c.p.

Molestie recate attraverso sistemi di telecomunicazione diversi dal telefono e art. 660 c.p.

Il progresso tecnologico realizzato nell’ambito delle comunicazioni telefoniche e telematiche pone il problema della rilevanza penale, ai sensi dell’ art. 660 c.p. delle molestie recate attraverso sistemi di telecomunicazione diversi dal telefono fisso come ad esempio gli sms inviati attraverso telefoni cellulari o la posta elettronica.

L’articolo 660 del codice penale, intitolato “molestia o disturbo alle persone”, così recita: “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a € 516”.

Ai fini della configurabilità del reato di molestie, previsto dall’art. 660 c.p. per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà per la cui integrazione è richiesta la coscienza e volontà della condotta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, senza che possano rilevare gli eventuali motivi o l’eventuale convinzione dell’agente di operare per un fine non riprovevole o per il ritenuto conseguimento della soddisfazione di una propria legittima pretesa.

La giurisprudenza di legittimità si è espressa quindi, in merito alla possibile riconducibilita’ delle molestie recate attraverso sms all’ art. 660 c.p.

Ebbene, secondo una interpretazione evolutiva dell’art. 660 c.p. gli sms rientrerebbero in tale tipo di molestia perché mette in diretto contatto due persone attraverso due sistemi telefonici.

Al contrario, lo scambio di posta elettronica non rientra nell’ambito della norma incriminatrice perché sarebbe troppo dilatato l’ambito di applicazione della norma in esame (Cass. 17 giugno 2010, n. 24510). Infatti, la posta elettronica, pur utilizzando la rete telefonica e la rete del cellulare delle bande di frequenza, non utilizza comunque il telefono cellulare.

Inoltre, come aspetto più importante, occorre sottolineare che la corrispondenza per posta elettronica è asincrona, cioè non vi è alcuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario che ha la possibilità di non aprire il messaggio di posta offensivo o indesiderato.

Tuttavia, (Cassazione il 27 settembre 2011, n. 36779) ha precisato, che mentre in un primo momento si parlava di posta elettronica ricevuta sul computer, la situazione cambia nell’ ipotesi in cui il messaggio di posta elettronica venga inviato attraverso un telefono cellulare, considerando l’evoluzione tecnologica dei telefoni di ultima generazione.

In questo caso, così come nell’ipotesi degli sms, la comunicazione avviene “col mezzo del telefono” e quindi in modalità sincrona, facendo in modo che tra mittente e destinatario si crei un rapporto diretto, riconducibile quindi nella fattispecie dell’ art. 660 c.p.

In relazione a tale ipotesi, Cass. 7 giugno 2012, n. 24670 ha affrontato l’ulteriore quesito della riconducibilita’ all’art. 660 c.p. delle molestie recate attraverso il servizio MSN Messenger che permette l’invio immediato di messaggi (instant messaging) attraverso il computer e la rete internet.

In questo caso la Cassazione ha accolto una tesi negativa osservando che il servizio MSN non può essere equiparato alla comunicazione telefonica, pur essendo una chat immediata.

L’intrusione nell’altrui sfera privata, infatti, può essere evitata mediante la disattivazione della linea telefonica, e l’ utente ha la possibilità di decidere di interrompere ogni possibilità di interazione con l’interlocutore inserendolo in una black list.

Infine, la cassazione ha affrontato il tema sempre più popolare che riguarda il social network Facebook (Cass. 12 settembre 2014, n. 37596), definito come una sorta di piazza immateriale che consente un numero indeterminato di visioni.

Il social network in esame, è stato incluso nella nozione del reato di cui all’art. 660 c.p. integrando la normativa con il riferimento ai messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa.

Al fine di individuare la configurabilità del reato, occorre citare il dibattito sorto sulla natura eventuale o necessaria della abitualità della condotta prevista.

Sul punto si registrano posizioni nettamente distinte.

I confini della configurabilità vanno individuati analizzando i termini utilizzati dal legislatore per meglio descriverla.

Essi sono: “molestia” e “disturbo”, che ne rappresentano l’esatta portata offensiva, e “petulanza” – “biasimevole motivo”, che invece si pongono come motivazione su cui si regge il contegno contra ius.

Quanto al primo orientamento, lo stesso sembra conferire alla contravvenzione in esame i caratteri della necessaria abitualità.

Si adduce come argomentazione il presupposto secondo cui taluno può arrecare molestia o disturbo a talaltro solo per mezzo di condotte ripetute nel tempo, intrise di una idoneità causale sufficiente ai fini lesivi della sfera della altrui libertà. Una condotta, quindi, unica, non abituale, non rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 660 c.p..

Un secondo orientamento propende, invece, per una lettura diversa e più ampia.

Esso rinviene nell’illecito di cui all’art. 660 c.p. un reato abituale in senso solamente eventuale.

Ciò significa che lo stesso può ritenersi sussistente sia alla presenza di una condotta isolata, sia alla presenza di molteplici attività, giustificando in tale modo, ed allo stesso tempo, la riconoscibilità di un unico reato imputabile, e non di più reati in concorso tra loro.

In tal senso si sono espressi gli Ermellini, affermando che il reato di molestia di cui all’art. 660 c.p. non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata dal carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire indiscreto e insistente, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata altrui.

Tuttavia, e’ da evidenziarsi che i termini “petulanza” e “biasimevole motivo” sono separati, nel testo di legge, da un “o”, che, sembra piuttosto evocare l’idea dell’alternatività tra i due presupposti. Pertanto, tenuto conto che il biasimevole motivo non risulta in alcun modo ricollegabile ad un concetto di ripetizione nel tempo, si potrebbe ammettere che possa risultare idonea anche una singola condotta illecita.

Alla configurabilità del reato in analisi dinnanzi anche solo ad una condotta, segue l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, che, altrimenti, in presenza di abitualità risulta da escludersi per espressa previsione dello stesso art. 131 bis c.p.

In conclusione, gli Ermellini, per dirimere la questione sollevata di cui all’art. 131 bis c.p., si sono soffermati in particolare, sulla natura della condotta criminosa, aderendo al secondo orientamento giurisprudenziale tra quelli sopra analizzati, dichiarando la natura solo eventualmente abituale del contegno illecito previsto dall’art. 660 c.p. e chiarendo, che la contravvenzione in discussione può ritenersi effettiva, quindi, alla presenza anche di una sola condotta, che sia però caratterizzata dalle caratteristiche che connotano la molestia.

La Corte infine, ha optato per l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di fronte alla pluralità di chiamate ed SMS inviati dall’imputato, che risultano idonei a ravvisare abitualità, con esclusione, al contrario, della continuità tra le condotte analizzate e contestate.


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