Movente e dolo: condotte persecutorie anche se casuali
Le condotte persecutorie, definite stalking, dall’inglese to stalk, traducibile in “fare la posta”, sono persecutorie anche quando sono realizzate nel momento in cui si presenti l’occasione per porle in essere.
Nella motivazione della sentenza n. 38736/2017 emessa dalla Corte di Cassazione Sez. V Penale, si legge che “nel delitto di atti persecutori l’elemento soggettivo sia integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte – elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione“.
La Corte torna a esplicitare la distinzione tra il movente e il dolo, coscienza e volontà del fatto-reato.
Il movente è la causa psichica della condotta umana; costituisce lo stimolo che ha indotto l’individuo ad agire (cfr. sentenza Cass. n. 466/1993 Sez. 1, dep. 1994, Ha., Rv. 196106). Si distingue dal dolo, elemento costitutivo del reato che riguarda la sfera della rappresentazione e volizione dell’evento.
In una fattispecie analoga, la sentenza n. 14742/2016 ha chiarito che lo stato di nervosismo e di risentimento non esclude l’elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia, costituendo, invece, uno dei possibili moventi dell’ipotesi delittuosa, richiamando un pacifico orientamento degli anni ’90 sulla scorta del quale ai fini della sussistenza del delitto di maltrattamenti in famiglia il movente non esclude il dolo, alla cui nozione è estraneo, ma lo evidenzia, rivelando la comunanza del nesso psicologico fra i ripetuti e numerosi atti lesivi (ex plurimis sentenza Cass. n. 5541/1996, Sez. 6, To., Rv. 204874).
È importante che l’autore voglia porre in essere più condotte di minaccia e molestia, con la consapevolezza che queste possano produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla legge.
Spesso le molestie sono comportamenti che, di per sé, non sono reati e che lo diventano proprio per la maniacale ripetizione.
Sono persecutori i ripetuti atti di danneggiamento di beni della ex fidanzata o dell’ex fidanzato realizzati in tempo breve, diretti a polemizzare sulla cessazione della relazione sentimentale, se viene meno la serenità della vittima.
Sono persecutorie le minacce, le molestie, le ingiurie e le costanti intrusioni nell’account di posta elettronica e nel profilo Facebook della vittima che provocano uno stato d’ansia e la costringono a cambiare casa, utenze domestiche o abitudini di vita.
È persecutoria la condotta di chi compie atti molesti ai danni di più persone costituendo per ognuno motivo di ansia, e la condotta di chi invia sms, e-mail o posta messaggi sui social network. Lo è la condotta di chi rivolge apprezzamenti inopportuni e non graditi, sguardi insistenti e minacciosi.
A seconda di quanto si verifica storicamente, rientra nelle condotte persecutorie anche la diffusione attraverso social network come Facebook di filmati che ritraggono rapporti sessuali tra l’autore e la vittima.
Si ha stalking anche quando le condotte persecutorie si verificano in un arco di tempo molto ristretto, se si tratta di atti autonomi e se la ripetizione di questi, pur concentrata in un brevissimo tempo, sia la causa di uno degli eventi considerati dalla norma.
Nel caso in esame, il ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza emessa in data 23.09.2016 con la quale la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, lo aveva condannato per il reato di atti persecutori commesso ai danni della moglie deducendo tra i motivi di ricorso il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di atti persecutori, non avendo la sentenza risposto alle istanze avanzate con l’atto di appello, relative ai motivi delle condotte, poste in essere a causa dei comportamenti della persona offesa nei confronti dei figli.
Evidenzia la Corte che la situazione di conflittualità derivante dalla asserita carenza della moglie nella cura dei figli, dedotta dal ricorrente quale causa di esclusione del dolo, quand’anche fosse la reale matrice psichica delle condotte, sia irrilevante, perché non è un elemento in grado di escludere la coscienza e volontà delle condotte persecutorie perpetrate nel corso di anni.
La situazione addotta può essere ricondotta a “mero movente dell’azione, della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l’autore ad agire, facendo scattare la volontà; al riguardo – precisa la Corte – è pacifico che il movente dell’azione, pur potendo contribuire all’accertamento del dolo, costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volontà del fatto, della quale può rappresentare, invece, il presupposto“.
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Veronica Ribbeni
Nel curriculum vitae et studiorum figurano, tra le altre esperienze formative e professionali, l'abilitazione e il pregresso esercizio della professione forense per numerosi anni, il Percorso Formativo Multidisciplinare per Avvocati per il conseguimento di uno specifico profilo professionale nelle materie attinenti a tutte le forma di violenza contro le donne organizzato dalla Fondazione dell’Avvocatura Italiana, al fine di promuovere l’attuazione del Protocollo di Intesa siglato con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri; il superamento dell'esame finale con lode del Master di I livello in scienze investigative, forensi, sociologiche e criminologiche presso l’Università degli Studi di Palermo - dipartimento di discipline processualpenalistiche.
Autrice del manuale "Atti persecutori: ipotesi di reato" Mjm Editore Srl
e dell'e-book "Difendersi in Internet" http://www.difesaconsumatori.com/
component/dms/view_document/3-difendersi-in-internet?Itemid=113
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