Musica alta, schiamazzi notturni e lesione del diritto al riposo altrui
Il presente contributo, intende analizzare il delitto previsto e punito dall’art.659 c.p. La norma è rubricata <<disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone>>; in particolare la vicenda su cui la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi relativamente all’ applicabilità di questa norma si rinviene nella sentenza nr. 19594/2023. Nel caso di specie, si era verificato che alcuni privati cittadini avevano segnalato la presenza di problemi originati dall’eccessivo volume della musica diffusa in un locale situato vicino alle proprie abitazioni. In particolare, l’eccessivo volume della musica nel locale, nonché gli schiamazzi degli avventori che sostavano al di fuori di esso nelle ore notturne, avrebbe leso il loro diritto al riposo.
Prima di esaminare la decisione presa dai giudici di piazza Cavour avverso il proprietario del locale, è opportuno fare delle precisazioni, in riferimento sia all’art.659 c.p., sia al concetto di riposo, sia al limite sonoro imposto dalla legge che non deve essere superato.
– La ratio dell’art.659 c.p. è quella di tutelare l’ordine pubblico il quale secondo la giurisprudenza può essere inteso come quiete pubblica la cui offesa si concreta nel disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone. L’elemento materiale del reato nell’ipotesi prevista dal 659 co.1 c.p consiste in una serie di condotte tassativamente indicate dalla legge quali (rumori, schiamazzi, strepiti di animali, segnalazioni acustiche) le quali andrebbero a ledere l’altrui diritto al riposo. La giurisprudenza, per valutare la sussistenza di un effettivo disturbo del riposo altrui, fa riferimento al criterio della normale tollerabilità nel senso che, per l’integrazione del reato, è richiesto che gli schiamazzi o rumori superino i limiti della normale tollerabilità e siano obiettivamente idonei a recare disturbo ad una pluralità di persone (Cass. I, n. 4140/1993). La normale tollerabilità deve, essere accertata in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno si è verificato, non essendo sufficienti ad integrare il reato le lamentele di una o più persone, ciò vuol dire che l’applicabilità del co.1 dell’art.659 c.p. e quindi la conseguente pena dell’arresto o la sanzione dell’ammenda non si applicheranno qualora il disturbo denunciato abbia riguardato solo alcuni occupanti un appartamento e non un numero indeterminato di persone.
Va precisato poi che, per la configurabilità del reato l’elemento soggettivo che deve sussistere ai fini della punibilità della condotta può essere sia il dolo che la colpa, infatti, ai fini della punibilità secondo la Cassazione, non occorre la sussistenza dell’intenzionalità dell’agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica essendo sufficiente la volontarietà della condotta.
– Per quel che concerne il concetto di riposo, la Corte di Cassazione già in due pronunce degli anni 90 aveva precisato che per riposo non deve intendersi esclusivamente quello notturno, dovendosi ricomprendere in tale concetto anche il riposo in senso lato, costituito ad esempio da una pausa dal lavoro o dall’ozio realizzabile anche in ore diurne e che può essere turbato dalla produzione di rumori che superino il limite della normale tollerabilità.
Nella vicenda che si sta analizzando, il fulcro del problema concerne da un lato, l’accertamento della violazione dei limiti imposti dalla legge per le emissioni sonore e la violazione del diritto al riposo, e dall’ altro, così come sostenuto dal legale del proprietario del locale la mancanza di prove effettive idonee a dimostrare l’effettiva violazione del diritto al riposo altrui, difesa smentita dalle attività compiute dagli agenti di polizia giudiziaria i quali, attraverso l’utilizzo di un fonometro posizionato durante la notte nell’appartamento sovrastante il locale avrebbero rilevato che, il limite fissato dalla legge per le emissioni sonore è pari a tre decibel, ciò vuol dire che accertato, che le onde sonore provenienti dal locale superavano tale soglia di tollerabilità i giudici della Cassazione, hanno stabilito che il proprietario del locale potesse essere condannato al versamento di un’ammenda per lesione del diritto al riposo e della quiete pubblica, inoltre, a sostegno della condanna sono state determinanti le testimonianze rilasciate da più residenti.
Volendo poi, esaminare, il rapporto che sussiste tra l’art.659 c.p. ed altri reati, va precisato che, secondo la Cassazione, qualora sussista un mestiere o un’attività rumorosa, la stessa può integrare:
– un illecito amministrativo qualora si violi l’art.10.co.2 L. 26/10/1995 nr 447, laddove si dovesse verificare esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia;
– il reato di cui al co.2 dell’art 659 c.p. qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla L. 447/1995.
Quindi, alla luce di quanto esaminato, bisogna attribuire un’estrema importanza alla questione cui la Cassazione ha fornito una soluzione, in quanto, atteso che qualora si accerti che le emissioni sonore e gli schiamazzi superino la normale soglia di tollerabilità fissata dalla legge può configurarsi il reato di cui al 659 c.p.; non va trascurato che problematiche simili sorgono anche in ambito civile nel momento in cui un soggetto chiede il risarcimento del danno qualora le immissioni acustiche cagionino un danno alla propria salute.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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