Mutuo invalido se finalizzato all’acquisto di prodotti finanziari di dubbia redditività
a cura di Giacomo Romano
Con l’Ordinanza n. 19559 del 30 settembre 2015, la Sezione Sesta della Cassazione Civile ha dichiarato invalido il mutuo concesso al cliente, che, con tale erogazione, acquista prodotti finanziari a fini previdenziali di dubbia redditività, emessi dalla stessa banca.
La Cassazione ha stabilito che è in contrasto con i principi generali ricavabili dagli artt. 47 e 38 della Costituzione il contratto atipico mediante il quale la banca concede un mutuo ad un cliente per compiere operazioni di elevato rischio e dubbia redditività, ad esclusivo discapito del cliente – benché appartenenti alla stessa banca -, e diversamente prospettati come rispondenti ad esigenze di previdenza complementare.
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Il prodotto finanziario era stato presentato o proposto come “piano pensionistico integrativo a profilo di rischio molto basso e con possibilità di disinvestire in qualunque momento, senza alcun onere”: ne discende il coinvolgimento di principi fondamentali dell’ordinamento quali gli artt. 38 e 47 della Costituzione, in punto di tutela del risparmio e di incoraggiamento delle forme di previdenza anche privata, che comporta anche la tutela dai caratteri decettivi o da rischi eccessivi rispetto alla finalità di assicurarsi un sostegno per il tempo in cui saranno venuti a cessare i redditi ordinari da attività di lavoro od impiego od impresa o professione
La Cassazione afferma che ritenere eliminata la passività dell’investitore per la sola facoltà di recedere integralmente in qualunque momento è un’evidente forzatura, attesa la rigidità ed il carattere complessivo dell’alternativa e la persistente impossibilità, per il cliente, di influire sulle concrete modalità di gestione, lasciate alla banca fin dal momento della composizione dei fondi di investimento e quindi di determinazione del relativo rischio con atto unilaterale del finanziatore anche in potenziale conflitto di interessi.
Un secondo monito della Cassazione è quello di inquadrare l’illecito non già nei due rispettivi scopi del contratto, ma nella commistione di entrambi.
Infatti, l’illecito non riguarda né il trasferimento del rischio dell’oscillazione del valore dei fondi né quello della insolvenza del cliente, in sé astrattamente legittimi, ma la commistione di essi e la finalizzazione dell’uno all’altro: combinazione che finisce con l’attribuire alla banca, a fronte della convinzione di controparte di avere assunto ragionevoli prospettive di investimenti a fini di previdenza complementare, appunto, il vantaggio della garanzia patrimoniale generale del cliente in ordine a quei titoli che essa stessa può avere individuato, soprattutto se in conflitto di interessi e se in concreto destinati ad esiti finanziari infausti o rovinosi.
A fondare il complessivo giudizio di non meritevolezza della causa concreta è la considerazione:
del prepotere della finanziatrice, consistente nella concessione ad essa della facoltà di unilaterale e discrezionale determinazione della composizione dei fondi, anche in posizione di conflitto di interesse e segnatamente, potendo così essa, in teoria o in astratto, includervi titoli di redditività particolarmente dubbia;
dell’evidente rigidità del contestuale finanziamento concesso, soprattutto se a tasso fisso e senza possibilità di modificarlo in corso di rapporto, per un tempo ragguardevole;
delle finalità della controparte del piano come sollecitazione o valida considerazione delle sue aspettative di natura lato sensu previdenziale.
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Avv. Giacomo Romano
Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.