Necessaria la messa in mora per la richiesta di decreto ingiuntivo?
Con una recentissima e coraggiosa pronuncia il Giudice di pace di Taranto ha affermato il seguente principio di diritto : Il Decreto ingiuntivo è nullo, se l’amministratore, prima di procedere al recupero delle spese condominiali, non diffida formalmente il comproprietario dell’appartamento cui si riferiscono gli oneri (Giudice di pace di Taranto, sentenza del 1° marzo 2016).
La vicenda trae spunto dall’atto di opposizione a decreto ingiuntivo presentato dal comproprietario di un’immobile a cui erano state ingiunte somme a titolo di quote e competenze condominiali non versate. Tra i motivi di opposizione, l’attore precisava che il decreto ingiuntivo emesso non era stato anticipato da alcuna formale lettera di diffida e messa in mora.
La difesa dell’opponente adduceva tale mancanza quasi ad assimilarla ad una vera a propria condizione di procedibilità della domanda, equiparabile alla mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010.
Sulla base di tale assunto l’opponente riteneva altresì inesigibile l’ammontare preteso a titolo di spese, richiamando a tal fine un orientamento della Suprema Corte, sentenza n. 15718/2001, che così statuiva: “qualora all’attività stragiudiziale segua quella giudiziale i compensi per la prima sono assorbiti da quelli previsti per la seconda e quindi, di fatto, non possono essere richiesti né tanto meno essere inseriti in un ricorso per decreto ingiuntivo ai fini della determinazione della sorte capitale”.
Infine, spiegava l’opponente, non essendo lo stesso proprietario esclusivo del bene cui si riferivano le spese reclamate, il Condominio, in persona dell’Amministratore, avrebbe dovuto fornire la prova documentale di aver eseguito la messa in mora non solo nei confronti dell’opponente ma anche nei confronti di tutti gli comproprietari delle unità immobiliari. E infatti, se la titolarità dell’immobile è in capo a più soggetti, detta diffida va inviata a tutti i comproprietari e non solo a uno di questi.
Il Giudice di Pace di Taranto, accogliendo le doglianze dell’opponente, ha spiegato: “il decreto non può essere confermato perché emesso da soggetto irregolarmente costituito contro l’odierno opponente, vista l’irregolarità della costituzione del condominio avvenuta tramite un avvocato diverso da quello munito del mandato a difendere il condominio stesso. In secondo luogo, non essendo l’opponente proprietario esclusivo del bene cui si riferiscono le spese reclamate, il condominio avrebbe dovuto fornire la prova documentale – non essendo ammessa, in tale evenienza, quella per testi – di aver eseguito la messa in mora nei confronti di tutti gli aventi diritti e comproprietari dell’unità immobiliare. Ciò, prima di chiedere il decreto ingiuntivo e notificare il precetto ad uno solo degli intestatari. Del resto, non si sarebbe neppure trattato di un’incombenza particolarmente complicata, bastando all’amministratore una semplice visura degli atti catastali per acquisire le intestazioni delle varie unità. Adempimento, che gli avrebbe evitato di «produrre atti del tutto annullabili».
A tale pronuncia del Giudice di Pace di Taranto si sono conformati numerosi Uffici Giudiziari, revocando innumerevoli decreti ingiuntivi precedentemente emessi in favore degli amministratori condominiali.
Non sono mancate tuttavia le critiche di chi ha considerato invece che, relativamente al pagamento delle quote condominiali alla scadenza, sia più corretto parlare di c.d. mora ex re e, conseguentemente, l’amministratore possa agire per ottenere decreto ingiuntivo al verificarsi dell’inadempimento, senza necessità di un atto di costituzione in mora.
Le recenti pronunce di legittimità paiono aderire a tale secondo orientamento.
A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione, con una recentissima pronuncia (Cass.civ. sez. II ord. 14 settembre 2017 n. 21313) ha rafforzato l’assunto secondo cui l’amministratore può agire direttamente alla scadenza delle quote dinanzi al giudice, senza necessità di alcun preventivo sollecito di pagamento.
La Corte invero ha affermato : “ Parimenti, il ricorso non spiega (quanto al terzo motivo) quale possa essere l’interesse concreto a dimostrare che non vi sia stata una regolare costituzione in mora del OMISSIS, posto che la ratio decisiva si basa sul rilievo che nessuna norma condiziona l’emanazione di un decreto ingiuntivo e tantomeno la proposizione di una domanda giudiziale alla messa in mora del debitore ex art.1219 c.c., atto che ha unicamente l’effetto di determinare il momento di decorrenza degli interessi” (cfr. Cass.civ. sez. II ord. 14 settembre 2017 n. 21313).
Con tale inciso la Corte ha inteso smentire in maniera netta e coincisa l’opinione di quanti intendevano conferire alla costituzione in mora dignità di condizione procedimentale della domanda monitoria.
Anche in passato gli Ermellini non hanno considerato necessaria la preventiva intimazione di pagamento, un esempio per tutti la nota pronuncia della Corte n. 9181/2013, la quale afferma testualmente che non sia fatto divieto all’amministratore di agire in via monitoria senza previa messa in mora.
Tuttavia, anche se non necessaria, la lettera di diffida e messa in mora rimane un valido strumento a disposizione dell’amministratore per procedere al recupero del credito senza locupletare inutilmente le spese in capo al condominio moroso, dando allo stesso notizia dell’intenzione di procedere con decreto ingiuntivo e mettendolo in condizioni di rivalutare l’adempimento o la richiesta di una eventuale rateizzazione.
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