Nesso causale tra esposizione ad asbesto e patologie non direttamente contemplate dall’Inail

Nesso causale tra esposizione ad asbesto e patologie non direttamente contemplate dall’Inail

Per quanto concerne le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro,  trova applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., ossia il principio dell’equivalenza delle cause. Per cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, a determinare l’evento e  solo qualora possa ritenersi con certezza che l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge (Cassazione civile 6105/2015).

Come funziona per le malattie non direttamente riconosciute dall’Inail (ad es. neoplasie vescicali)?

Innanzitutto, occorre far riferimento alla scienza medica la quale indica come periodo di esposizione un arco temporale minimo di 10 anni; per quanto concerne la latenza ovvero il periodo di esposizione e l’insorgere della neoplasia, si stima un periodo di almeno 20-25 anni; in particolare, un periodo mediamente più lungo, è valutato  nelle neoplasie vescicali  stimabile di 33 anni.

Siffatti dati emergono da una casistica  costituita da lavoratori con esposizione certa  e riconosciuta all’amianto; buona parte di loro ha lavorato direttamente  in ambito ferroviario, portuale e cantieri navali.

Invero, l’amianto è rappresentato da un insieme di minerali  del gruppo degli inosilicati. Il suo intenso utilizzo  era dovuto a peculiari caratteristiche quali la resistenza al calore, la struttura fibrosa nonché per proprietà fono assorbente ma la sua acclarata nocività ha portato a vietarne l’uso; tuttavia, il suo utilizzo è avvenuto fino agli anni ’90 per la coibentazione di edifici, tetti, navi come materiale da costruzione  per l’edilizia  sotto forma di un composito  fibro-cementizio (Eternit). Attualmente,l’individuazione dell’amianto come noxa patogena, capace di indurre la formazione  di neoplasie in persone ad esso esposto risulta un dato ampiamente comprovato dalla letteratura scientifica medica .

La patogenesi invocata, nelle persone esposte, risulta quella dell’inalazione di particelle fibrose di amianto attraverso le prime vie respiratorie.

Sempre più rilevante  risulta l’evidenza di un probabile nesso causale  tra le neoplasie dell’apparato urinario, tra cui il cancro alla vescica e l’esposizione professionale all’amianto.

In  tutti i casi, ad ogni modo, non solo la vittima ma anche i congiunti hanno diritto ad essere risarciti per il danno subito sia dal punto di vista patrimoniale che non patrimoniale, vista la lesione di diritti fondamentali della persona.

La giurisprudenza, ormai uniforme, è orientata verso il riconoscimento di patologie non ipotizzate, dall’Ente Inail, quali malattie professionali.


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