Niente diritto all’oblio per i casi giudiziari gravi

Niente diritto all’oblio per i casi giudiziari gravi

Nell’era in cui si vive constantemente connessi, sempre reperibili e sempre identificabili, quali diritti ha la mia immagine?

Basta un click per accedere a pagine con descrizioni puntuali del mio percorso di studi, lavorativo o famigliare.

Un costante Grande Fratello, che prende una piega ancor più inquietante se si pensa che, con lo stesso click, posso accedere ad informazioni ben più risalenti.

Magari ad un’indagine che mi ha coinvolto, o ad uno scandalo.

In questa zona grigia si colloca il diritto all’oblio, il diritto, dopo un considerevole lasso di tempo, a non apparire nei risultati di ricercam per fatti risalenti nel tempo.

Basta offrire un pratico esempio.

Poniamo che, negli anni ’80, Tizio sia stato indagato per un qualsiasi reato, di cui anche i media diedero notizia.

Mettiamo anche che il procedimento si sia concluso: o con l’archiviazione oppure con la condanna, e sua conseguente espiazione e riabilitazione.

Se digitassi ora il nome e cognome di Tizio su un motore di ricerca ci sarebbe da scommettere che mi apparirebbe associato a quella vecchia indagine, anche se negli anni ’80 Internet era un brodo primordiale.

Quid iuris?

Non avrebbe forse diritto, Tizio, a non essere più citato associato a quella vecchia indagine?

Anche se fosse stato condannato, egli avrebbe scontato la pena comminata e ripagato i propri debiti con la giustizia.

La giurisprudenza italiana ha da tempo riconosciuto il cd “diritto all’oblio”, cioè il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione

Il principio alla base, quindi, è che non sia più di interesse pubblico.

A riprova di ciò, nel dicembre 2016, il Garante della Privacy (autorità competente a pronunciarsi in merito) ha rigettato la richiesta di deindicizzazione di alcuni articoli riguardanti un processo appena concluso.

L’Autorità ha infatti escluso il diritto all’oblio per i fatti giudiziari particolarmente gravi, il cui iter processuale si sia concluso da poco, poichè l’interesse che questi rivestono per la collettività è ancora significativo.


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Avv. Camilla Fasciolo

Nata il 07.09.1987 a Finale Ligure (SV), ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel luglio 2011 con una tesi in procedura penale, "La disciplina del patrocinio a spese dello stato nei procedimenti penali". Nel giugno 2013 si diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell'Università di Genova, con una tesi in diritto di famiglia riguardante il nesso di causalità nell'addebito della separazione. Esercita la professione di avvocato dal Gennaio 2015.

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