Nipoti mantenuti dai nonni: come e quando è possibile?
L’art. 316 bis c.c. disciplina un aspetto di particolare importanza per ciò che concerne il campo del diritto civile, ed in particolare il diritto di famiglia: l’obbligo al mantenimento dei nipoti da parte degli ascendenti.
Ovviamente, leggendo con attenzione la formulazione del suddetto articolo, si intuisce che ciò è possibile e doveroso solo laddove si configurino fattispecie aventi i requisiti prescritti dalla disposizione, la quale recita che “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
In primo luogo, perciò, è opportuno analizzare quali sono i casi in cui si configura il presupposto necessario affinchè si possa pretendere dai nonni (ma anche, ed eventualmente, dai bisnonni) il mantenimento del nipote: tali casi si sostanziano nell’ impossibilità oggettiva di provvedere al mantenimento della prole da parte dei genitori, e questa “oggettività” si ravvisa quando l’inadempimento dipende dalla mancanza di disponibilità finanziaria (ad es. per disoccupazione o assenza di ogni risorsa economica; omissione volontaria, e dunque rifiuto, da parte di entrambi i genitori; omissione anche solo di uno dei genitori, qualora l’altro non abbia i mezzi per provvedere da solo al mantenimento dei figli) [v. in tal senso, Trib. Parma 13 maggio 2014].
Del resto, già in passato, la Corte di Cassazione aveva ribadito più volte che l’obbligo di mantenimento da parte dei nonni è sussidiario e sussistente solo laddove vi siano tali condizioni, dal momento che in via primaria ed integrale il suddetto obbligo resta sempre a carico dei genitori [v. in tal senso la fondamentale pronuncia, Cass. n. 20509 del 30 settembre 2010].
Tale orientamento è stato rafforzato dalla recente sentenza n. 941/2017 del Tribunale di Lecce, il quale ha precisato che il decreto che impone questo obbligo di mantenimento può essere revocato anche se i genitori trovano un lavoro saltuario. Nel caso di specie la nonna era tenuta a corrispondere una somma per il mantenimento dei nipoti, stante l’indisponibilità economica dei genitori. La donna però, riuscendo a dimostrare che i genitori, oltre a percepire l’indennità di disoccupazione, riuscivano ad incassare qualche entrata extra da lavoretti saltuari, è riuscita ad ottenere una pronuncia giudiziale che le dava ragione, ritenendo la cifra sufficiente ad esonerarla dall’obbligo di mantenimento. La coppia, dal canto suo, ha cercato di obiettare che si trattava di redditi bassi e saltuari, ma i giudici hanno confermato l’obbligo di mantenimento, ricordando, appunto, che esso ricade sui nonni solo in via sussidiaria laddove non arrivino i redditi dei genitori.
Infatti, in virtù di questa linea di pensiero, è sempre la Suprema Corte a statuire che “L’obbligo di mantenere i propri figli ex art. 147 c.c., grava sui genitori in senso primario ed integrale, sicché qualora l’uno dei due genitori non voglia o non possa adempiere, l’altro deve farvi fronte con tutte le sue risorse patrimoniali e reddituali e deve sfruttare la sua capacità di lavoro, salva comunque la possibilità di agire contro l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizioni economiche. Solo in via sussidiaria, dunque succedanea, si concretizza l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli previsto dall’art. 148 c.c., che comunque trova ingresso, non già perché uno dei due genitori sia rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quanto, l’altro genitore non abbia mezzi per provvedervi”.
Ciò sta a significare, dunque, che se uno dei due genitori non presta il proprio contributo, dovrà farvi fronte in primo luogo l’altro con tutte le proprie risorse patrimoniali e reddituali, anche eventualmente agendo nei confronti del genitore inadempiente e, solo in via secondaria, se v’è totale assenza di mezzi, potrà agire affinchè siano gli ascendenti a prestare il mantenimento per il nipote.
Quanto abbiamo visto spiega il motivo per cui per ottenere un supporto economico da parte degli ascendenti, il/la ricorrente è tenuto a provare non solo l’inadempimento dell’altro genitore agli obblighi economici nei confronti del figlio, ma anche l’impossibilità di provvedervi autonomamente con mezzi propri. In secondo luogo, va constatato come la previsione dell’art. 316 bis c.c. non ha natura sanzionatoria, bensì trova ragione nella solidarietà familiare e nella necessita di tutelare i figli minori; tra gli ascendenti, poi, l’onere di mantenimento dei nipoti può essere ripartito in proporzione alle rispettive capacità economico patrimoniali, e può assolvere valore anche il mantenimento “indiretto” fornito ai nipoti (si pensi ad es. al caso in cui siano stati accolti in casa a vivere insieme al genitore) [v. in tal senso, Trib. Milano, sez. IX civ., decr. 18 dicembre 2015].
Infine, è da sottolineare che, in forza dell’art. 148 c.c. è possibile ottenere un decreto giudiziale, emesso dal giudice a seguito di procedura di tipo monitorio, che si svolge dinanzi al presidente del tribunale del luogo di residenza del genitore o degli ascendenti inadempienti. L’oggetto di tale decreto è il versamento di una quota dei redditi dell’obbligato direttamente al genitore o a chi sopporta le spese di mantenimento della prole. I soggetti che possono richiedere tale provvedimento sono il genitore, il figlio che ha raggiunto la maggiore età, gli istituti di assistenza ed i parenti che abbiano interesse. Il decreto, immediatamente esecutivo, va notificato alle parti ed al terzo debitore ed è opponibile nelle forme previste per l’opposizione a decreto ingiuntivo (con la necessaria partecipazione di tutte le parti interessate, sussistendo in tal caso una fattispecie di litisconsorzio necessario). In assenza di opposizione, il decreto diviene definitivo, passando in giudicato; ovviamente, le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, la modifica e la revoca del provvedimento per circostanze e motivi sopravvenuti con le forme del processo ordinario.
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Daria Mignacca
Dottoressa magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi Roma Tre.
Praticante avvocato presso studio legale Coen sito in Roma ed autrice di articoli giuridici inerenti principalmente le materie civilistiche.