Nuova convivenza more uxorio: che ne sarà del mantenimento?
La formazione di una nuova famiglia di fatto è di per sé sufficiente a togliere all’ex coniuge l’assegno di mantenimento?
È l’interrogativo che si è posta la prima sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza interlocutoria 27 ottobre-17 dicembre 2020, n. 28995/2020, la quale ha rimesso il giudizio alle Sezioni Unite, in seguito alla vicenda che ha visto coinvolta una donna, beneficiaria dell’assegno di mantenimento a carico dell’ex marito, la quale aveva instaurato una convivenza more uxorio con il nuovo compagno.
Con la sentenza che dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio il giudice può porre a carico dell’ex coniuge l’obbligo di versare una cifra a favore dell’altro, oltre il mantenimento per i figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti.
In costanza di matrimonio accade con frequenza che la coppia si accordi sulla gestione della vita della famiglia e dei figli nel senso di lasciare che uno dei due coniugi (di solito la moglie) si dedichi interamente ai figli e alla cura della casa, attraverso la rinuncia all’attività professionale e alla carriera lavorativa. Spesso tale status quo si protrae anche in fase di separazione, in modo tale che diviene assai difficoltoso, se non impossibile, pe l’ex coniuge, che non è più in età lavorativa, raggiungere il successo professionale o una posizione lavorativa che garantisca almeno l’autosufficienza economica.
In materia di assegno divorzile, con la nota sentenza n. 18287/2018 le Sezioni Unite hanno rivoluzionato i criteri di determinazione dell’assegno, decretando il superamento del criterio, in passato prevalente, del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio come parametro di determinazione dell’assegno stesso. L’orientamento contrapposto (cfr. sentenza n. 11504 del 10/05/2017, “Grilli”) ha modificato i criteri di quantificazione dell’assegno di mantenimento, svincolandolo dal tenore di vita durante il matrimonio e richiedendo il requisito della non autosufficienza dell’ex coniuge richiedente, il quale al fine dell’ottenimento dell’assegno non doveva lavorare o, in ogni caso, avere un reddito sufficiente per provvedere a sé.
L’arresto delle Sezioni Unite del 2018 ha consolidato il carattere perequativo-compensativo dell’assegno divorzile finalizzato alla remunerazione dei sacrifici di carriera e professionali funzionali a contribuire alla vita familiare da parte di uno dei coniugi. Nella determinazione dell’assegno divorzile le Sezioni Unite hanno abbandonato entrambi i criteri utilizzati in passato dalla giurisprudenza (autosufficienza e tenore di vita). Il procedimento di determinazione del mantenimento non ha più una struttura bifasica, fondata sulla natura attributiva o determinativa in base ai criteri di cui all’art. 5, comma VI, L. 898/1970, i quali sono posti su un piano paritetico.
L’assegno ha perso la sua funzione meramente assistenziale a favore di una natura composita, la quale prevede anche la sopra menzionata natura perequativa-compensativa. L’adeguatezza dei mezzi, quale criterio di attribuzione e determinazione dell’assegno, assume una valenza concreta legata allo specifico contesto matrimoniale e che comporta necessariamente la valutazione complessiva della storia coniugale, tenendo altresì conto di fattori quali l’età, lo stato di salute dell’avente diritto, nonché la durata del matrimonio. Diviene fondamentale accertare il nesso causale tra le scelte effettuate di comune accordo dai coniugi in costanza di matrimonio e la situazione del richiedente al momento dello scioglimento del vincolo.
Con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno valorizzato il principio di solidarietà post coniugale nel rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione.
Una volta determinato secondo i nuovi criteri l’assegno di mantenimento, si tratta di comprendere se l’istaurazione di una nuova convivenza more uxorio da parte del coniuge beneficiario sia di per sé sufficiente a far venir meno il diritto all’assegno.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile viene meno quando il beneficiario contrae nuove nozze; in tal caso l’ex coniuge acquista il diritto all’assistenza economica nei confronti del nuovo coniuge.
La giurisprudenza più recente pone le stesse considerazioni a fondamento dell’estinzione del diritto all’assegno divorzile in caso di nuova convivenza more uxorio. La nuova convivenza determinerebbe la nascita di una nuova famiglia, sebbene di fatto, che ha lo stesso effetto di far venir meno ogni legame rispetto al precedente vincolo coniugale (Cass. civ. 2466/2016; Cass. civ. 6855/2015). Ciò è in linea con il fondamento della famiglia di fatto nell’art. 2 Cost. e con il principio di autoresponsabilità che implica che la persona, che abbia scelto di iniziare una nuova vita stabile con un altro soggetto, sia consapevole del venir meno di ogni forma di responsabilità post matrimoniale, legate al precedente vincolo.
L’orientamento più recente va nella direzione di riconoscere l’automatismo della cessazione del diritto all’assegno di mantenimento anche a seguito di nuova convivenza more uxorio. Tale tesi risulta, tuttavia, in contrasto con la lettera della legge ai sensi dell’art. 5, L. 898/1970, il quale fa riferimento esclusivamente alle nuove nozze.
Secondo la sezione rimettente è il carattere perequativo-compensativo dell’assegno divorzile a escludere l’automatismo estintivo dell’assegno come conseguenza della nuova convivenza. Difatti, è sempre richiesta e doverosa la valutazione discrezionale del giudice sul caso concreto. Il giudice, secondo la Corte, dovrebbe sempre accertare i caratteri della famiglia di fatto, quale formazione stabile e duratura e valutare la solidarietà economica della stessa. In caso di applicazione automatica della cessazione del dovere di corrispondere l’assegno divorzile in seguito alla nuova convivenza si applicherebbe cecamente il principio di autoresponsabilità, con il risultato del sacrificio totale dei criteri di determinazione dell’assegno sanciti, da ultimo, dalle Sezioni Unite.
Per tali argomentazioni la Sezione I della Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria 27 ottobre-17 dicembre 2020, n. 28995/2020. La Sezione I ritiene che il diritto all’assegno divorzile non venga meno per il solo fatto che l’ex coniuge beneficiario abbia scelto di formare una nuova famiglia di fatto. Occorrerà in ogni caso l’accertamento nel merito da parte del giudice delle condizioni per l’eventuale rimodulazione dell’assegno o la sua estinzione, quando la nuova convivenza migliori le condizioni economico-patrimoniali del beneficiario.
La Corte ha posto alle Sezioni Unite il quesito se “instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorziale si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento”.
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Martina Pernici
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