Nuova disciplina per la videosorveglianza sul posto di lavoro
Decreto legislativo, 14 settembre 2015, n. 151
a cura di Eleonora Contu
Con l’art. 23 del d.lgs 151/15 il legislatore rivoluziona il vecchio impianto normativo dell’art 4 dello st lav. Si inverte totalmente l’approccio alla tematica dei controlli a distanza sul posto di lavoro eliminando, anzitutto, l’originario divieto generale di controllo e prevedendo altresì novità importanti in tema di autorizzazioni da parte delle associazioni sindacali o, in mancanza, delle DTL.
Oggetto di forti polemiche è stata la modifica di un ulteriore articolo della l. 300/70, altrimenti nota come Statuto dei lavoratori. Dopo l’art. 13 (sulle mansioni) e l’art. 18 (sui licenziamenti individuali) è stato modificato anche l’art 4 sui controlli a distanza.
Difatti con l’avvento dell’art. 23 del d.lgs n. 151/15 del 14.09.2015 (S.O. n. 53 alla G.U. n. 221 del 23.09.2015) si rivisita, rivoluzionandola, l’intera disciplina dei controlli sul lavoro, ampliandone l’applicazione.
L’originaria ratio dell’ art. 4 era quella eliminare un tipo di controllo sull’attività lavorativa ritenuto lesivo della dignità e della riservatezza del lavoratore in quanto effettuato all’ insaputa dello stesso.
Quindi rispetto al testo previgente si evidenzia come la nuova normativa sulla videosorveglianza (così come modificata dall’art 23 del d.lgs n. 151/15) cancelli il divieto all’installazione ed uso di impianti audiovisivi e di altre di apparecchiature volte e finalizzate al controllo dell’attività lavorativa dei dipendenti.
L’attuale primo comma dell’art 4 recita infatti “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali” .
Grande novità della nuova normativa sono le esigenze di tutela del patrimonio aziendale che giustificano l’installazione di impianti audiovisivi, , tutela di natura civilistica e costituzionalmente riconosciuta dall’art 42 Cost. che, come noto, garantisce la proprietà privata.
Ulteriore conseguenza della tutela del patrimonio aziendale, attraverso l’installazione delle suddette apparecchiature, è l’introduzione di una nuova ipotesi di controllo.
Si tratta dei c.d. “controlli difensivi” che contemplano comportamenti illeciti dei lavoratori diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa. La legittimità di questi controlli è riconosciuta da tempo anche dalla giurisprudenza. Difatti la S.C. nella recente sentenza n. 10955/15 ha precisato che al titolare d’azienda è consentito l’utilizzo di mezzi di controllo a distanza ove siano utilizzati per tutelare “beni del patrimonio aziendale o impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti” ( Cass. civ. sez. lav. n. 4746/02; Cass. civ. sez. lav n. 20722/10;Cass. civ. sez. lav. n. 16622-1/12; Cass. civ. sez. lav. n. 3122/15; Cass. civ. sez. lav., n. 10955/15).
Ovviamente l’uso di tali impianti ha come conseguenza la possibilità di svolgere un effettivo controllo dell’attività dei lavoratori. Difatti ulteriore condizione posta dalla norma è che l’installazione di tali apparecchiature sia oggetto di specifico accordo tra l’azienda e le rappresentanze sindacali dei dipendenti della medesima (RSU/RSA). Inoltre, proseguendo la lettura del primo comma dell’art 4, si evidenzia che qualora non si raggiunga un accordo sindacale sarà possibile, in alternativa, installare tali strumenti “di controllo” a seguito di autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Inoltre l’23 del d.lgs n. 151/15 ha introdotto un’altra importante novità nel caso in cui l’azienda abbia dislocato più siti produttivi sul territorio (diverse province o/e diverse regioni). In questi casi l’accordo potrà infatti essere raggiunto con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In caso di mancato accordo l’azienda richiederà l’autorizzazione amministrativa al Ministero del lavoro.
Tuttavia la nuova disciplina, prevede due casi eccezionali che non richiedono la necessità di un preventivo accordo sindacale o in mancanza dell’autorizzazione del Ministero del lavoro per procedere all’installazione dei più volte menzionati impianti.
La garanzia procedurale contemplata dal primo comma, viene infatti esclusa, per “gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” e “per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.
In altre parole con la nuova normativa, viene riconosciuto al datore di lavoro il diritto di controllare, senza alcun preventivo accordo sindacale, ad esempio l’uso dei pc aziendali e dei cellulari in dotazione, per accertarne l’effettivo impiego a fini lavorativi.
Rispetto a queste due fattispecie, il secondo comma dell’art.4 (come modificato dall’art.23 d.lgs n. 151/15) prevede quindi una deroga al regime generale. Sussiste infatti in queste situazioni una presunzione legale di legittimità all’installazione ed impiego di tali apparecchiature. La norma in esame, al terzo comma, ha inoltre precisato che tutte le informazioni raccolte attraverso l’utilizzo di impianti di videosorveglianza potranno essere utilizzate “ a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” e di conseguenza anche a fini disciplinari col rischio di un notevole ampliamento degli illeciti disciplinari sul posto di lavoro. L’utilizzabilità di tali informazioni rimane subordinata alla circostanza che al lavoratore siano forniti adeguati chiarimenti circa la “modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli” e nel rispetto della normativa sulla privacy (secondo quanto disposto dal d.lgs n. 196/03), cosa che nel nuovo scenario legislativo appare di assai difficile applicazione.
Per quanto riguarda il regime sanzionatorio si rinvia all’art 171 del d.lgs. 196/03 così come modificato dal d.lgs n. 151/15, secondo il quale la violazione delle disposizioni di cui all’ art 4, primo e secondo comma, dello Statuto dei lavoratori è punita con le sanzioni di cui all’art 38 del medesimo Statuto.
Eleonora Contu
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