Nuova giurisprudenza in materia di parto anonimo
Con Sentenza n.1946 pubblicata lo scorso 25 gennaio, le S.U. della Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso promosso dal Procuratore Generale presso la S.C. (ricorso ex art. 363, 1^ comma c.p.c.) hanno statuito che –in tema di parto anonimo- per effetto della Sentenza della Corte Costituzionale n. 278/2013, il Giudice – su richiesta del figlio- può interpellare la madre (che alla nascita abbia dichiarato di voler rimanere anonima) ai fini di un’ eventuale revoca di tale dichiarazione. Le modalità procedimentali, nella perdurante inerzia del Legislatore, saranno tratte dal quadro normativo vigente e del principio somministrato dalla Corte Costituzionale stessa.
VICENDA
In data 30 marzo 2016, in relazione al decreto della Corte d’Appello di Milano (emesso in data 10.03.2015 e recante n. Rg 649/2014 V.G.) ed alla successiva nota del Presidente dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia, il Procuratore Generale presso la S.C. ha richiesto alla Corte stessa l’enunciazione (ai sensi dell’art. 363, 1^ comma, c.p.c.) nell’interesse della legge del principio al quale la Corte d’Appello di Milano avrebbe dovuto attenersi nel decidere riguardo il reclamo, presentato da figlio maggiorenne nato da parto anonimo, il quale aveva presentato istanza al Giudice al fine di verificare –attraverso un interpello riservato-la persistenza della volontà della madre di voler rimanere sconosciuta. L’enunciazione di tale principio veniva richiesta al fine di sedare il contrasto esistente nella giurisprudenza di merito in materia di parto anonimo e ricerca delle proprie origini da parte dell’adottato a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 278/13.
Sentenza della Corte Costituzionale n. 278/13
Con la Sentenza n. 278/13 della Corte Costituzionale è stata dichiarata infatti l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 7, della legge n. 184/1983 (rubricata Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito dall’art.177, comma 2, del D.lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) nella parte in cui non prevede la possibilità per il Giudice di interpellare-su richiesta del figlio-la madre che alla nascita abbia dichiarato di voler rimanere anonima ai fini di ottenere una eventuale revoca di tale dichiarazione. La Corte ha censurato tale disciplina legislativa per la sua “eccesiva rigidità” poiché il diritto all’anonimato non può avere caratteristiche di irreversibilità tali da impedire allo stesso titolare del diritto di poterne ulteriormente disporre (anche ai fini di revocarlo). Poiché quindi tale norma è stata rimossa dall’Ordinamento in quanto dichiarata costituzionalmente illegittima, il Giudice non può più negare al figlio la possibilità di poter accedere ad informazioni circa la sua storia biologica.Si tratta quindi di una sentenza additiva di principio e l’addizione è rappresentata proprio dalla possibilità per il Giudice di interpellare la madre- su richiesta del figlio- ai fini della revoca della dichiarazione di anonimato resa alla nascita da quest’ultima. La Sentenza inoltre riservava al Legislatore il compito di introdurre le modalità del meccanismo procedimentale. Tuttavia in attesa che quest’ultimo adempia al suo dovere, le S.U. della S.C. stabiliscono proprio nella sentenza n. 1946/17 che il Giudice non è comunque esonerato dal dare applicazione diretta al principio costituzionale e non sussiste alcun “divieto di reperimento dal sistema delle regole più idonee per la decisione dei casi ad esso sottoposti”
CASSAZIONE: ragioni della decisione delle S.U.
Le S.U. hanno riconosciuto l’ammissibilità della richiesta del Procuratore Generale, (vedi anche Cass., Sez.U., n. 23469/16) sussistendo – ex art. 363, comma 1, c.p.c.- i due presupposti per l’enunciazione del principio di diritto,nello specifico:
l’avvenuta pronuncia di uno specifico provvedimento non impugnato o non impugnabile: difatti non è stato proposto ricorso-nei termini di legge- avverso il rigetto del reclamo reso dalla Corte d’Appello di Milano con decreto del 10.03.2015. Inoltre bisognerebbe verificare se in concreto il provvedimento non impugnato avrebbe potuto esserlo innanzi alla S.C. o se si tratti di un provvedimento non ricorribile per Cassazione ex art.111 Cost.;
l’interesse della legge, quale interesse generale all’affermazione di un principio di diritto per l’importanza sociale della sua formulazione espressa. Sussiste infatti una oggettiva necessità, soprattutto per il ruolo di garanzia che la giurisdizione comune è chiamata a svolgere, nel dare seguito, nella definizione dei casi concreti, alla pronuncia di incostituzionalità in difetto dell’intervento del legislatore.
Inoltre la richiesta del Procuratore Generale appare fondata.Difatti la Corte Costituzionale ha affermato -con la Sentenza n. 278/13 (anche alla luce della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 25/09/12 Godelli c. Italia)- il fondamento costituzionale del diritto all’anonimato della madre ma ha riconosciuto nel contempo che anche il diritto del figlio a poter accedere ad informazioni circa le proprie origini rappresenta un elemento di tutela della persona che va costituzionalmente garantito.
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Eleonora Contu
Nel dicembre 2011 consegue la laurea magistrale in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Teramo con una tesi in diritto sindacale dal titolo “le rappresentanze sindacali in azienda” relatore prof.ssa Paola Bellocchi.
Contestualmente alla pratica forense nel 2012 svolge un Master di II livello in diritto del lavoro e della previdenza sociale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (Direttore Prof. Santoro Passarelli).
Numerose le esperienze nelle aziende sia nell’area legale che in quella delle risorse umane (HR).
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