Nuovamente sul diritto all’oblio. Cass. Civ., sez. I, ord. 20 marzo 2018, n. 6919

Nuovamente sul diritto all’oblio. Cass. Civ., sez. I, ord. 20 marzo 2018, n. 6919

Cass. Civ., sez. I, ord. 20 marzo 2018, n. 6919

1. Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul controverso confine tra il diritto di cronaca e il diritto all’oblio, confine che, negli ultimi anni, è stato al centro di numerose controversie, anche in ragione del crescente utilizzo del web da parte di entrambi i poli dell’informazione, e cioè da parte di chi informa e di chi intende essere informato.

Plurime voci dottrinarie si sono espresse nel tentativo di individuare il giusto contenuto e la giusta collocazione del diritto all’oblio: per alcuni consisterebbe nel diritto ad essere dimenticato in relazione a fatti non più oggetto di cronaca, per altri nel diritto a non veder lesa la propria reputazione di fronte a eventi d’interesse pubblico non più attuali, per altri ancora rappresenterebbe una forma di manifestazione del diritto alla riservatezza.

In ogni caso, quale che sia la corretta definizione di diritto all’oblio, non sembra potersi revocare in dubbio la necessaria interdipendenza con il diritto di cronaca: quando ricorrono i presupposti del primo, mancano i presupposti del secondo, e cioè l’interesse pubblico alla divulgazione di una notizia appartenente al passato.

La dinamica in esame è al centro della recente decisione della Suprema Corte di Cassazione, esito di un contenzioso tra un noto cantautore italiano e un’altrettanto famosa trasmissione televisiva.

2. Con atto di citazione notificato nel luglio del 2005, A.V. conveniva in giudizio la R.A.I. – Radiotelevisione Italiana s.p.a. – poiché in un programma dell’aprile del 2005 veniva trasmesso un tentativo di intervista dello stesso cantautore, già mandato in onda nel dicembre del 2000, nel quale il protagonista – si legge nella sentenza – non nascondeva il proprio disappunto e rifiutava in modo secco e perentorio quanto richiestogli.

Respinte le domande attoree sia in primo che in secondo grado, A.V. ricorreva in Cassazione, lamentando, in particolare, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 Cost. e 97 della legge n. 633 del 1941 con riferimento alla seconda trasmissione della R.A.I., per pretesa lesione del diritto all’oblio.

3. Nella decisione della Corte è di primario interesse il richiamo alla Giurisprudenza sovranazionale e, per relationem, all’interpretazione degli articoli 8 Cedu, 7 e 8 della Carte di Nizza, e 12 e 14 della direttiva 95/46/CE, da considerarsi decisive, così come chiarito dagli stessi Ermellini, per tracciare le “linee direttrici” delle Corti nazionali nel complesso esercizio di bilanciamento tra il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza.

Ciò che emerge, in particolare, è la presenza di una casistica piuttosto varia, ove le Corti, in primis, qualificano come dirimente l’eventuale sussistenza di un particolare e preponderante interesse pubblico e, in secundis, la necessità che le modalità di diffusione dell’informazione non eccedano lo scopo informativo, sia nei toni che nel rispetto del diritto della persona coinvolta.

Sulla stessa direzione si è posta la Giurisprudenza nazionale richiamando, tra le tante, l’importante sentenza 13161 del 2016, nella quale si era chiarito quanto la mancanza di un interesse pubblico alla notizia fosse in contrasto con la pubblicazione e la diffusione della stessa, poiché lesiva del diritto all’oblio della persona, il cui fondamento era da rinvenire nel catalogo “aperto” dei diritti inviolabili di cui all’articolo 2 della Carta Costituzionale.

Naturale conseguenza del ragionamento della Corte è l’elencazione dei presupposti in presenza dei quali il diritto all’oblio può subire una compressione, che qui si riportano per completezza:

1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;

2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia;

3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;

4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse pubblico e scevra da insinuazioni o considerazioni personali;

5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o del’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della divulgazione al grande pubblico.

4. Valutati tali parametri rispetto alle circostanze fattuali del caso in esame, il Giudice di legittimità non ha potuto che accogliere il ricorso presentato, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando ad altra Corte di merito la decisione della questione.

Il Giudice del gravame, infatti, si era limitato ad escludere la lesione del diritto all’oblio sul rilievo della dimensione pubblica del personaggio coinvolto, senza fare buon governo dei principi di diritto di cui sopra e senza porre in essere quel necessario e ragionato bilanciamento tra i diritti coinvolti nella vicenda in esame.

5. Ciò che, pertanto, si ritiene di evidenziare della decisione in commento è l’importanza maggiore dei diritti di “ultima generazione”, sempre più coinvolti e suscettibili di lesione nell’utilizzo degli strumenti adoperati nella società moderna; tra questi, inoltre, il diritto all’oblio presenta la particolarità di poter aver riconosciuta la propria tutela soltanto una volta che sia stato pregiudicato.

Ne deriva, perciò, grande responsabilità, non soltanto in capo ai Giudici delle Corti di Giustizia, nelle cui decisioni non possono rinvenirsi valutazioni apodittiche fondate su mere presunzioni di interesse pubblico, ma soprattutto in capo agli operatori del cosiddetto “quarto potere”, e cioè ai giornalisti, il cui ruolo è sempre più centrale nelle dinamiche sociali del nuovo millennio.


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Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

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