Nuovi orizzonti in materia immobiliare: la vendita aliud pro alio

Nuovi orizzonti in materia immobiliare: la vendita aliud pro alio

L’intenzione di realizzare la funzione economico – sociale dei contratti  assieme all’esigenza di soddisfare l’equilibrio economico delle parti, hanno costituito terreno fertile per la creazione di un nuovo istituto giurisprudenziale: la vendita c.d. aliud pro alio, con la quale letteralmente si intende ‘’qualcosa per qualcos’altro’’.

Preliminarmente, il termine si riferisce all’ipotesi più comune di consegna di  una res, qualitativamente e quantitativamente, diversa da quella originariamente pattuita.

L’adozione di un similare sistema consente  di apprestare all’acquirente una specifica tutela nell’ipotesi in cui venga trasferita la proprietà di un bene, totalmente o parzialmente, privo delle qualità promesse nonché degli elementi essenziali che lo rendono idoneo all’uso a cui è destinato.

Per meglio comprendere il quadro normativo ove si colloca l’istituto, appare opportuno precisare che non semplici vizi di qualità sono sufficienti a richiamare la fattispecie de quo, essendo necessaria, al contrario, la sussistenza di difformità tali  da rendere la cosa del tutto inidonea all’uso originario.

Ciò che rileva è che debba trattarsi di un vizio che, pur non investendo geneticamente il contratto, ne inficia la validità incidendo, tra l’altro, sulla sua natura, individualità e destinazione originaria con effetti preponderanti sull’equilibrio economico.

Quanto detto, è sufficiente per affermare la diversità tra la mera mancanza di qualità della res dalla vendita aliud pro alio. Nella prima ipotesi si è in presenza di vizi redibitori, soggetti, tra l’altro, al termine decadenziale e prescrizionale ex art. 1495 c.c. ovvero agli otto giorni dalla scoperta; nella seconda ipotesi, si è in presenza di una difformità che non è né sanabile né soggetta ad alcun termine.

E’ invero che, da sempre, la giurisprudenza individua esempi di concreta realizzazione dell’istituto, dando origine ad una vera e propria categoria giurisprudenziale. Si pensi, prima facie, alla consegna di un dipinto attribuito ad autore diverso da quello originariamente dichiarato; ed ancora alla vendita di merce che, pur conservando la sua entità complessiva, contenga sostanze elementari che la rendano del tutto incommerciabile. Taluni riconducono la fattispecie anche alla vendita di un veicolo che circola con documenti contraffatti.

Agli effetti pratici, però, il problema si è posto con specifico riguardo alla consegna o vendita  di un immobile senza l’opportuno certificato di agibilità.

Tale è il documento che funge da requisito giuridico essenziale nella compravendita, non essendo sufficiente ricondurre la semplice difformità del progetto approvato nell’alveo della vendita aliud pro alio.

Come è ben noto, la materia è stata oggetto di uno travagliato iter legislativo culminato soltanto con l’approvazione del D.p.R 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia).

In sostanza, il rilascio di un siffatto documento, che deve avvenire entro il termine di 30 giorni dalla presentazione dell’apposita domanda, realizza la funzione di attestare sicurezza e salubrità agli edifici ed impianti  nonché la regolarità del bene sotto il profilo urbanistico.

Tradizionalmente, il possesso del certificato de qua  è  soggetto a quanto disposto nell’art. 1477 c.c. nella parte in cui prescrive all’alienante non solo un obbligo di consegna del bene ma altresì quello di trasferimento di tutti i documenti relativi all’uso della cosa.

E’ per questi motivi che, parte della giurisprudenza, avallava l’ipotesi di far scaturire dalla mancata consegna una forma di nullità ex art. 1346 c.c.  per contrarietà a norme urbanistiche.

Soluzione che non ha trovato alcun modo conforto, dato che nessuna norma imperativa impone il rilascio di un documento attestante l’agibilità di un immobile. Difatti, le norme che impongono siffatti obblighi hanno natura unidirezionale, essendo posti a protezione del solo acquirente, e non dell’interesse generale.

Per questi motivi si è fatta strada l’ipotesi di una vendita aliud pro alio con tutte le conseguenze che ne scaturiscono sotto il profilo della responsabilità dell’alienante.

In altri termini, la mancata consegna del certificato ovvero l’insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerlo equivale, ad una difformità incontrovertibile, non soggetta a sanatoria. Quanto detto trova, peraltro, conforto nella sentenza del 30 gennaio 2017,  n° 2294 ove  la  II sezione della Cassazione civile precisa che  «La violazione non è sanata dalla mera circostanza che il venditore al momento della stipula abbia già presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarità».

Conseguentemente, il mancato assolvimento degli adempimenti amministrativi inerenti l’agibilità dell’immobile, rende inadempiente il venditore, legittimando, tra l’altro, una richiesta di risoluzione del contratto con contestuale domanda di risarcimento dei danni.

Trova, pertanto, applicazione quanto disposto dall’art. 1453 c.c.  nella  parte in cui prevede che, nei contratti sinallagmatici «quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento  o la risoluzione del contratto».

La scelta tra le varie soluzioni pende, in tal modo, tra un’exceptio inadimpleti  contractus e una risoluzione  per inadempimento; resta salva, in ogni caso, la possibilità di esperire un’azione di risarcimento dei danni.

In definitiva, l’opportunità di far scaturire un ‘ipotesi di vendita aliud pro alio dalla  mancata consegna di un certificato di agibilità presuppone, ancora una volta, un’analisi ermeneutica sull’interesse concretamente violato. La mancata agibilità deve scaturire da elemento cardine del contratto  fino ad incidere pesantemente sull’uso che la parte acquirente si aspetta dal bene acquisito.

Il vizio che inficia il contratto incide sulla sua utilità giuridica impedendone, difatti, la commerciabilità.


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Federica Posta

Dott.ssa magistrale in Giurisprudenza. Specializzata in professioni legali presso la Scuola di specializzazione La Sapienza Roma

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