Nuovo raffreddamento perequazioni: prime pronunce
Le prime pronunce della Corte dei Conti (così, Sez. Veneto, sentenze n. 54/2024 e n. 55/2024; Sez. Sicilia, sentenza n. 180/2024) hanno rigettato i ricorsi presentati dagli ex dirigenti scolastici in pensione, ritenendo legittima la normativa che ha introdotto il raffreddamento della perequazione (art. 1, comma 309, L. n. 197/2022).
Secondo tali pronunce, non è corretto applicare al raffreddamento della perequazione i principi che la Corte Costituzionale aveva affermato per la diversa ipotesi dell’incisione del trattamento pensionistico in sé e che non risultano sic et simpliciter riferibili alla disciplina del raffreddamento della perequazione di cui all’art. 1, comma 309, della legge n.197/2022.
In particolare, a dispetto della rilevante funzione perequativa, l’adeguamento delle pensioni all’inflazione non costituirebbe un diritto quesito e sarebbe soprattutto legittimo il suo raffreddamento essendo riconosciuta ampia discrezionalità al legislatore, da esercitarsi nella considerazione, da un lato, delle risorse disponibili, e, dall’altro, della garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona (v. Corte Cost. n. 316/2010 e n. 234/2020) permanendo un obbligo di motivazione che, nel caso di specie sarebbe stato assolto da parte della relazione tecnica al disegno della legge di bilancio 2023 (in termini, Corte dei Conti, Sez. Friuli-Venezia Giulia, sentenza n. 11/2024).
È chiaro, dunque, che la ratio sottesa al richiamato orientamento, consiste nel ritenere non fondata, allo stato, la questione di costituzionalità sollevata dai ricorrenti per violazione degli articoli 3, 36, primo comma, 38, secondo comma e 136 Cost., poiché la riduzione della perequazione dei redditi pensionistici più alti è contenuta nell’ambito di un biennio e non realizza una sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo (cfr. Corte dei conti, sez. Umbria, sentenze n. 20/2024 e n. 21/2024).
In definitiva, nell’ordinamento giuridico vigente manca un principio che renda cogente la cosiddetta “ riliquidazione automatica” delle pensioni con aggancio alla dinamica salariale dei dipendenti di pari grado in attività di servizio e che tale assetto risulta non incompatibile con i principi costituzionali consacrati negli artt. 3 e 36 Cost., dovendosi rimettere alla volontà del legislatore la previsione di periodici interventi perequativi (es. L.312/1980, DPR n.432/1981, art. 38 L.448/2001, così Corte dei Conti, sez. Lazio, sentenza n. 238/2024).
È stato pure escluso che il raffreddamento del meccanismo perequativo dia luogo di fatto ad una prestazione patrimoniale imposta di natura tributaria, realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio e destinata a reperire risorse per l’erario, come è tipico dei tributi; invero, il tributo consiste in un prelievo coattivo, finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva (Corte cost., sent. n. 102/2008), mentre le forme di raffreddamento o di esclusione della rivalutazione delle pensioni non prevedono una decurtazione o un prelievo a carico del titolare del trattamento pensionistico e quindi non rivestono natura tributaria (Corte cost., sent. n. 70/2015 par. 4, n. 234/2020 par. 16).
A parere di chi scrive le sentenze in commento non operano un giusto bilanciamento dei diritti dei pensionati, atteso che la mancata rivalutazione determina una vera e propria perdita per il potere di acquisto delle pensioni. Ogni mancato aumento, infatti, non ha effetto solo sull’anno di applicazione, ma perdura per sempre sulla pensione, diminuendone in modo permanente il valore.
Questo depotenziamento si aggiunge altresì ai tagli, blocchi e congelamenti che dal 2011 sono stati operati sulle pensioni sino al 2021, un decennio che ha impattato notevolmente sul potere d’acquisto dei pensionati, con gravi danni che aumentano al crescere del costo della vita.
Come era facile prevedere, le pronunce in esame hanno giustificato i tagli perché riguardano le pensioni considerate più elevate che presentano margini più ampi di resistenza all’erosione inflattiva, trascurando però che tali tagli si basano su calcoli operati sul lordo e non sugli importi netti con cui i pensionati devono far fronte all’aumento del costo della vita arrivato ormai ad altissimi livelli di inflazione.
Vedremo come si orienteranno gli altri giudici della Corte dei Conti, chiamati a valutare la legittimità dell’art. 1, comma 309, L. n. 197/2022.
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Avv. Giorgio Seminara
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