Obbligazione di mezzo nella responsabilità medica
Punto nodale nell’ambito della responsabilità medica è l’individuazione della tipologia di obbligazione intercorrente tra medico e paziente.
Sul punto è ampio il dibattito volto a comprendere se la suddetta obbligazione possa essere considerata di mezzo o di risultato.
Tra le due fattispecie la differenza è netta.
Con riferimento all’obbligazione di risultato, è noto che la stessa ha come oggetto il risultato del lavoro richiesto, con la conseguenza che il debitore non può dirsi adempiente fino a quando non abbia procurato il risultato prestabilito al momento dell’assunzione della obbligazione medesima.
A contrario, nell’obbligazione di mezzo oggetto dell’obbligazione è il comportamento diligente posto in essere dal debitore stesso; nello specifico, al fine del corretto adempimento, viene in rilievo l’impiego diligente dei mezzi idonei a realizzare un risultato e non, la realizzazione del risultato stesso.
Quel che maggiormente rileva è che mentre nelle obbligazioni di risultato vi è adempimento solo allorquando viene posto in essere un determinato risultato, nelle obbligazioni di mezzo la prestazione dovuta esula da un particolare esito positivo dell’attività posta in essere dal debitore, il quale adempie esattamente solo se svolge l’attività richiesta nel modo dovuto.
Le obbligazioni inerenti l’esercizio di una attività professionale, quale quella medica, sono senza dubbio qualificabili come obbligazioni di mezzo in quanto caratterizzata dalla aleatorietà; di fatto, l’adempimento della stessa dipende, oltre che dal comportamento del sanitario, da fattori esterni oggettivi e soggettivi dallo stesso non controllabili.
È gioco facile dedurne che il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera al fine di raggiungere il risultato desiderato dal paziente, ma non si obbliga al conseguimento dello stesso.
Pertanto, l’eventuale inadempimento del professionista con riferimento alla prestazione dovuta, non può essere desunto “ipso facto” dal mancato ottenimento del risultato utile voluto dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza fissato ex articolo 1176, comma secondo, c.c.; naturalmente tale parametro va commisurato alla natura dell’attività esercitata. [1]
In conclusione del suddetto ragionamento logico – giuridico, può affermarsi che la responsabilità del medico per gli eventuali danni cagionati al paziente postula, pertanto, la violazione dei doveri inerenti allo svolgimento della professione, tra i quali quello della diligenza professionale fissato dall’articolo 1176, comma secondo, c.c. la quale implica, necessariamente, una paticolare attenzione coadiuvata da una adeguata prestazione professionale. [2]
[1] Cass., 26.02.2002, n. 2836;
[2] App. Napoli, 22-10-2008.
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Gabriella Fabiani
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