Obbligazioni pecuniarie e luogo dell’adempimento

Obbligazioni pecuniarie e luogo dell’adempimento

Con sentenza n. 17989/2016, la Corte di Cassazione a sezioni unite ha risolto il contrasto interpretativo inerente al luogo dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie allorquando la somma di danaro, oggetto dell’obbligazione, non sia stata determinata dalle parti o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice.

Com’è noto, l’art. 1182 c.c. al comma terzo e al comma quarto sottende due tipi di obbligazioni pecuniarie in relazione al luogo dell’adempimento: le obbligazioni portable e le obbligazioni quèrelable.

Le obbligazioni portable (ex art. 1182 co.3 c.c.) sono soltanto le obbligazioni liquide. Pertanto ricorrono quando l’ammontare del debito sia stato puntualmente determinato dalle parti convenzionalmente o eventualmente in loro sostituzione dal giudice.

È altresì pacifico che l’obbligazione possa essere definita liquida allorquando l’ammontare del credito possa essere determinato con un semplice calcolo matematico e senza indagini o operazioni ulteriori.

Deve trattarsi, per vero, di criteri “stringenti”, tali, cioè, che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una e una soltanto.

Tali obbligazioni devono essere adempiute per legge presso il domicilio del creditore, determinando così il foro competente ex art. 20 c.p.c.

Inoltre, in tema di obbligazioni portable, l’art. 1219 co.2 n. 3 c.c. dispone che in caso di inadempimento del debitore la mora opera ex re.

Diversamente, le obbligazioni quèrable ricorrono quando l’entità del debito non è oggetto né di una convenzione tra le parti, né di una liquidazione ad opera dell’autorità giudiziaria.

Ai sensi dell’art. 1182 co.4 c.c., tali obbligazioni devono essere adempiute presso il domicilio del debitore.

Tuttavia, la questione ermeneutica posta al vaglio della Corte di Cassazione concerne un’ipotesi “ibrida” ovvero le obbligazioni pecuniarie il cui importo sia stato oggetto di una “autodeterminazione” del creditore, in assenza di un puntuale accordo o di una liquidazione ad opera del giudice.

Sul punto sono emersi nel tempo due impostazioni giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento (in particolare Cass. 22326/2007), ove la somma di danaro oggetto dell’obbligazione debba essere ancora determinata dalle parti o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione il quarto comma dell’art. 1182 c.c.

Secondo una diversa impostazione (tra cui Cass. 7674/2005, 12455/2010, 10837/2011), invece, l’art. 1182 co. 3 c.c. trova applicazione in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di danaro qualora l’attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata. Ciò in quanto nell’individuazione della competenza territoriale non incide la maggiore o la minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito.

In particolare, secondo quest’ultimo orientamento, è irrilevante che la prestazione richiesta non sia convenzionalmente prestabilita, essendo sufficiente che l’attore abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione conferma la validità dell’impostazione tradizionale secondo cui, in assenza di un titolo convenzionale o di un titolo giudiziale circa l’entità del debito, l’obbligazione pecuniaria debba essere qualificata come obbligazione quèrelable ex art. 1182 co. 4 c.c.

A sostegno di tale conclusione, la Corte adduce l’argomento già menzionato della mora ex re ai sensi dell’art. 1219 co. 2 n.3 c.c.

Invero, la giurisprudenza costante della Corte nega che la mora ex re si verifichi per le obbligazioni pecuniarie illiquide, in cui l’ordinamento tende inevitabilmente a tutelare la posizione del debitore rispetto a una pretesa economica non puntualmente definita.

Opinando diversamente, in caso di inadempimento scatterebbe automaticamente la responsabilità ex art. 1224 c.c. anche qualora la prestazione del debitore non sia in concreto possibile a causa dell’ammontare incerto e non definito.

Pertanto, una soluzione differente da quella prospettata si porrebbe in aperto contrasto con il principio sancito ex art. 1218 c.c., secondo cui è esclusa la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile.

Infine, a ulteriore sostegno della posizione assunta, la Corte precisa che l’interpretazione restrittiva della nozione di obbligazione portabile sia coerente anche con il principio del favor debitoris che ispira la regola generale di cui al n.4 dell’art. 1182 co. 2 c.c.

Per tali motivi, la Corte conclude affermando che “le indicate esigenze di protezione del debitore richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell’attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in assenza di indicazioni nel titolo. In tal modo non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale”.


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Rita Claudia Calderini

Avvocato abilitato presso la Corte di Appello di Napoli. Dottoressa in giurisprudenza con votazione 110 e lode presso l'Università Federico II. Specializzata in professioni legali. Attualmente risiede a Milano in quanto partecipante del master Diritto e Impresa presso la Business school del Sole24ore.

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