Omesso consenso informato: criteri di liquidazione del danno

Omesso consenso informato: criteri di liquidazione del danno

In tema di responsabilità medica, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11112 del 12 giugno 2020, si è pronunciata circa la quantificazione del danno non patrimoniale da lesione del diritto di autodeterminazione per omesso consenso informato.

Omesso consenso informato

Nessuno può disporre di interventi che non siano stati ben illustrati ed espressamente accettati dal paziente. La violazione dell’obbligo di informare ed acquisire il consenso ha ad oggetto le principali caratteristiche e la natura del trattamento da eseguire, la determinazione di patologie e la prevedibilità di rischi annessi. Essa si configura non solo quando il sanitario ometta totalmente di riferire al paziente dette informazioni, ma anche quando sottoponga un consenso generico od incompleto.

Si ritiene che la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria, costituisca esercizio di autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione proprio della persona fisica(che in piena libertà e consapevolezza sceglie di sottoporsi ad esami clinici, farmacologici, strumentali che comportino costrizioni e lesioni fisiche o psichiche) che deve essere tenuto distinto, sul piano del contenuto sostanziale, dal diritto alla salute.

La violazione da parte del medico del dovere di informare il paziente può causare due tipi di danni: a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente – sul quale grava l’onere probatorio – se correttamente informato avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento;

b) un danno da lesione del diritto di autodeterminazione se il paziente abbia subito un pregiudizio patrimoniale diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Entrambi detti diritti, oltre che all’articolo 33 della legge n. 833/1978 (che esclude la possibilità di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente), trovano tutela agli artt. 13 (inviolabilità della libertà personale) e 32 (diritto alla salute) della Costituzione.

Possono, pertanto, prospettarsi le seguenti situazioni:

1. Omessa/insufficiente informazione che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi, in tal caso il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute;

2. Omessa/insufficiente informazione in relazione all’intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso il risarcimento sarà esteso alla lesione del diritto di autoderminazione del paziente;

3. Omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute (aggravamento delle condizioni preesistenti) a causa della condotta non colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto di autodeterminazione (valutata equitativamente), mentre la lesione del diritto alla salute andrà valutata in relazione alla condotta al maggior danno biologico differenziale conseguente all’intervento;

4. Omessa informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente, a cui egli avrebbe comunque deciso di sottoporsi, in questo caso nessun risarcimento sarà dovuto;

5. Omissione/inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato danno alla salute del paziente che gli ha impedito di accedere ad accertamenti più accurati ed attendibili.

Quindi, in base al diritto di scegliere in ordine alla propria esistenza, in caso di mancata informazione in astratto sussiste sempre l’illecito, ma se manca il pregiudizio in concreto non sussistono i presupposti per il risarcimento del danno.

La vicenda

Il caso in esame ha ad oggetto una richiesta di risarcimento dei danni richiesta da una paziente avverso sia il sanitario che l’aveva operata sia la struttura sanitaria ospitante. In particolare, seppur l’intervento fosse stato eseguito in modo corretto, era però assente un consenso informato correttamente acquisito, in ordine alle alternative terapeutiche, alle possibili conseguenze ed alla natura dell’intervento.

Pertanto, i convenuti venivano condannati dal Tribunale di Roma prima e dalla Corte d’Appello poiQuest’ultima, però, aveva riconosciuto il risarcimento al danno non patrimoniale per la lesione del solo diritto di autodeterminazione liquidando un risarcimento pari alla quantificazione del danno alla salute, ridotto del 20% in ragione della differenza che intercorre tra violazione del solo danno all’autodeterminazione e lesione del danno alla salute.

In Cassazione la struttura sanitaria eccepiva l’errore di calcolo, in quanto non erano state prese in considerazione le pregresse condizioni di salute della donna.

La decisione

Con l’ordinanza n. 11112/20 gli Ermellini, accogliendo la censura, hanno chiarito come si determina la liquidazione del danno per omesso consenso informato.

Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, il giudice nel determinare in via equitativa l’importo liquidabile, deve operare una prima riduzione del 20% del danno biologico, in considerazione delle patologie preesistenti della paziente, a cui va applicata unulteriore riduzione del 20% al fine di determinare la differenza tra il danno alla salute ed il danno al diritto di autodeterminazione.

La sentenza impugnata ha quindi omesso di applicare l’ulteriore riduzione del 20%, in tal modo il secondo abbattimento è stato assorbito dal primo, coincidendo con l’importo che sarebbe spettato alla paziente se fosse stato leso il diritto alla salute.

Nel caso di omesso consenso informato, se l’intervento è necessario ed eseguito secondo le legis artis, può essere riconosciuto anche il danno alla salute ma il paziente sarà comunque onerato della prova del nesso causale tra inadempimento e danno. In particolare, il fatto da provare è il rifiuto che il paziente avrebbe opposto al medico se fosse stato a conoscenza delle conseguenze ed il presupposto della domanda risarcitoria va individuato secondo il criterio della cosiddetta “vicinanza alla prova”; la prova va fornita con ogni mezzo, comprese anche le massime di esperienza e le presunzioni.


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