Omicidio preterintenzionale: in cosa consiste e cosa comporta?

Omicidio preterintenzionale: in cosa consiste e cosa comporta?

L’omicidio preterintenzionale è un reato disciplinato dall’art. 584 c.p. il cui dispositivo recita: “chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni“.

Gli articoli citati, regolano delle fattispecie di reato connesse, senza le quali il reato di cui si discute non si configurerebbe e sono rispettivamente: percosse e lesione personale.

Deve quindi sussistere un nesso di causalità tra questi atti e l’evento morte, intesa come momento in cui vi è la cessazione irreversibile delle funzionalità encefaliche. Anche recente giurisprudenza ha chiarito questo concetto, sancendo che “il delitto previsto dall’art. 586 cod. pen., (morte come conseguenza di altro delitto) si differenzia dall’omicidio preterintenzionale perché nel primo reato l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre nel secondo l’attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di percosse o lesioni” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 23606 del 25 maggio 2018).

Le percosse di cui all’art. 581 c.p. non devono essere considerate solo come colpi o come l’atto del picchiare qualcuno, ma anche come urti, spinte, afferramenti e simili.

Le lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., invece, sono strettamente connesse al concetto di malattia, considerata come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, anche se localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali.

Le lesioni, poi, si distinguono in lesioni lievissime, lievi, gravi e gravissime a seconda dell’entità e della durata delle stesse.

Quindi, in mancanza di questi atti lesivi, non si configurerà questa fattispecie di reato, ma semplicemente quella di omicidio, colposo o doloso (anche detto volontario).

Infatti, un’ulteriore differenza tra queste tre categorie risiede nella volontà o meno di cagionare il fatto.

Nel caso di omicidio volontario, l’elemento soggettivo del reato è il dolo e quindi l’intenzione di commettere il fatto come conseguenza di un’azione o di un’omissione.

Nel caso di omicidio colposo invece, l’elemento soggettivo è la colpa, e cioè un comportamento negligente, imperito e/o imprudente che cagiona la morte di una persona senza che il soggetto agente ne abbia avuto l’intenzione.

Infine, l’omicidio preterintenzionale presuppone solo la volontà di ferire una persona, senza però l’intenzione di ucciderla. È infatti anche detto “omicidio oltre l’intenzione”.

Da tali differenze deriva il trattamento diverso di queste fattispecie, anche se il risultato (l’evento morte) è lo stesso.

La pena può oscillare tra i dieci e i diciotto anni di reclusione, a discrezione del Giudice che procede, a seconda “della gravità del reato desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; 2) dalla gravità del danno o dal pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice poi deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo” (art. 133 c.p.).

Molteplici sono, comunque, i criteri su cui il Giudice procedente deve basarsi sulla valutazione agli effetti della pena, fra cui ci sono anche le circostanze attenuanti comuni (art. 62 c.p.) e generiche (art. 62-bis c.p.), le quali attenuano il reato e, di conseguenza, possono diminuire anche notevolmente la pena inflitta.

Non deve quindi stupire se, nonostante un reato possa sembrarci a primo impatto grave, sussistano comunque dei fattori che, analizzati a dovere, possano determinare la pena in maniera molto più favorevole al reo.


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Riccardo Polito

- Laureato in Giurisprudenza all'Alma Mater Studiorum di Bologna; - Praticante avvocato e consulente legale; - Appassionato di diritto, psicologia e musica.

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