Opzione e contratto preliminare unilaterale: nota a Cass. 30.11.2017 n. 28762

Opzione e contratto preliminare unilaterale: nota a Cass. 30.11.2017 n. 28762

Sommario: 1. La formazione progressiva del consenso-2. Il patto di opzione (art. 1331 c.c.) -3. Il contratto preliminare-4. Contratto preliminare unilaterale e patto d’opzione: la Cassazione enuclea gli elementi comuni e i profili differenziali
di Renata Maddaluna[1]

 

Con la sentenza n. 28762 del 30/11/2017 la Corte di Cassazione ha individuato gli elementi comuni e i profili differenziali tra patto di opzione e contratto preliminare unilaterale.

1. La formazione progressiva del consenso

Preliminarmente, va rilevato che sia il contratto preliminare sia il patto d’opzione sono negozi preparatori, rientrando tra quegli strumenti di cui le parti possono avvalersi quando non intendano concludere immediatamente il contratto, ma manifestino progressivamente il consenso alla sua stipula[2].

Non è sempre, tuttavia, facile stabilire con precisione quando le trattative contrattuali possano ritenersi concluse perché a volte esse si svolgono attraverso un complesso iter, costituito da successivi accordi, anche scritti, cosicché si parla di formazione progressiva del consenso. In tal senso, si suole, allora, distinguere tra completezza e perfezionamento del contratto: il contratto può dirsi perfezionato solo quando le parti abbiano raggiunto l’accordo su tutti i suoi elementi essenziali, senza essersi riservate di decidere su quei punti[3].

Nel caso in cui le parti, invece, non abbiano raggiunto l’accordo su tutti gli elementi negoziali e non abbiano, così, esaurito le trattative, il loro consenso alla stipula si manifesta in modo graduale. Non è, dunque, raro il caso in cui la conclusione del contratto avviene mediante un elaborato procedimento di formazione: in questa ipotesi, l’autonomia negoziale si snoda attraverso l’imposizione di vincoli più o meno stringenti che possono essere assunti da una sola o da entrambe le parti. Ciò, come è intuibile, accade soprattutto per i contratti più complicati o di maggiore rilevanza economico-sociale, i quali sono, così, preceduti da una complessa attività di studio e di preparazione che non si esaurisce nelle semplici trattative.

Nella fase che precede la conclusione di un successivo contratto si collocano sia il patto d’opzione sia il contratto preliminare.

2. Il patto di opzione (art. 1331 c.c.)

Con il patto di opzione (art. 1331 c.c.) le parti convengono che una di esse (cosiddetto concedente) rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra (cosiddetto opzionario) abbia la facoltà di accettarla o meno. Si ritiene che il patto d’opzione determini in capo all’opzionario la nascita di un diritto potestativo alla conclusione del contratto[4]. Pertanto, in questo caso, il contratto non si perfeziona secondo il modello della proposta e dell’accettazione delineato dall’art. 1326 c.c., ma attraverso un negozio preparatorio, che è appunto il contratto di opzione, cui segue l’esercizio del diritto mediante dichiarazione unilaterale[5].

3. Il contratto preliminare

Il contratto preliminare può essere definito, invece, come quel negozio con cui le parti si impegnano a stipulare un successivo contratto, cosiddetto definitivo. Esso, dunque, contiene un obbligo a contrarre di carattere negoziale, così distinguendosi dalla figura, da taluni definita “contratto imposto“, che ricorre quando è la legge ad imporre un obbligo a contrarre[6]. La funzione del contratto preliminare viene comunemente ravvisata in dottrina nell’essere uno strumento di controllo e gestione delle sopravvenienze e, in tal senso, esso rientra, senza dubbio, nella categoria dei cosiddetti negozi preparatori, come l’opzione e la prelazione. Le parti, infatti, attraverso questo particolare congegno negoziale, hanno la possibilità di valutare la convenienza dell’affare oggetto del successivo contratto definitivo, così esercitando un controllo sulla conformità del bene o della prestazione.

Il codice non offre una puntuale definizione di tale contratto, limitandosi a disciplinarne alcuni aspetti[7].

Nel contratto preliminare si apprezza una dissociazione tra effetti obbligatori ed effetti reali[8], nel senso che con il contratto preliminare si producono soltanto effetti obbligatori: le parti si obbligano a prestare il consenso per la stipula del successivo contratto definitivo. Solo in seguito alla conclusione del definitivo si produrranno effetti reali o anche obbligatori[9].

Molto discussa è la natura giuridica del contratto preliminare, specie in rapporto al contratto definitivo.

Secondo una prima ricostruzione, il contratto preliminare è un negozio meramente preparatorio da cui deriva il solo obbligo di prestare il consenso alla stipula del definitivo, sicché è quest’ultimo che si pone come fonte dei diritti e degli obblighi per le parti. In tal senso, contratto preliminare e contratto definitivo differiscono non solo sul piano dell’oggetto, ma soprattutto sotto il profilo causale perché, mentre il preliminare è un mero negozio preparatorio, il definitivo ha una autonoma causa interna identificabile con la specifica causa di volta in volta posta in essere dalle parti.

Secondo opposta tesi, è il preliminare che è la fonte dei diritti e degli obblighi delle parti, sicché il definitivo è un mero atto attuativo ed esecutivo del preliminare, con causa esterna, meramente solutoria.

A fronte di tali teorie, la giurisprudenza tende a ritenere che il contratto preliminare abbia una duplice natura: da una parte contiene l’obbligo di prestare il consenso alla stipula del definitivo, dall’altra, quello di attuare quanto effettivamente programmato. Pertanto, poiché nel contratto preliminare all’obbligo di facere si accompagna l’obbligo di attuare quanto programmato, anche il definitivo avrà una duplice anima: per un verso, natura di atto dovuto (con causa esterna solvendi); per altro verso, natura di autonoma fattispecie negoziale con la causa specifica che di volta in volta le parti intendono realizzare[10].

In giurisprudenza, pertanto, si tende a svalutare il nesso che lega i due negozi a favore, invece, della piena autonomia degli stessi[11].

4. Contratto preliminare unilaterale e patto d’opzione: la Cassazione enuclea gli elementi comuni e i profili differenziali

Qualora l’obbligo di procedere alla stipula del contratto sia stato assunto da una soltanto delle parti, risulta, spesso, difficile distinguere il contratto preliminare dal patto d’opzione. In tal caso, però, si fa notare da parte di alcuni che sono diverse le modalità di conclusione del contratto: mentre nell’opzione l’effetto obbligatorio relativo alla conclusione del contratto consegue automaticamente all’esercizio di un diritto potestativo da parte dell’ opzionario, nel contratto preliminare, invece, è comunque necessaria una manifestazione di volontà di entrambe le parti per addivenire alla stipula del definitivo[12].

Peraltro, occorre considerare che sono diverse anche le conseguenze in caso di inadempimento. Infatti, mentre nel caso di inadempimento dell’obbligo di contrarre il definitivo soccorre il particolare rimedio disciplinato dall’art. 2932 c.c.[13], l’inadempimento del contratto d’opzione solleva, invece, particolari questioni ermeneutiche[14].

In ogni caso, con la sentenza n. 28762 del 30/11/2017 la Corte di Cassazione ha preso esplicita posizione sulle differenze tra contratto preliminare unilaterale e patto di opzione. La Suprema Corte ha chiarito che l’opzione ha natura contrattuale, “consistendo in un accordo in base al quale una parte si impegna a mantenere ferma una proposta per un certo tempo nell’interesse della altra parte“. In particolare, “il patto d’opzione ha in comune con il cosiddetto contratto preliminare unilaterale l’assunzione dell’obbligazione da parte di un solo contraente, ma se ne distingue per l’eventuale successivo iter della vicenda negoziale, in quanto, a differenza di detto preliminare unilaterale, che è contratto perfetto ed autonomo rispetto al contratto definitivo, l’opzione medesima configura elemento di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l’irrevocabilità della proposta e poi dall’accettazione del promissario, che, saldandosi con la prima, perfeziona il contratto“.

Pertanto, secondo i giudici di legittimità, sia con il preliminare unilaterale sia con l’opzione soltanto una delle parti assume l’obbligo; tuttavia, mentre il contratto preliminare è contratto perfetto e autonomo rispetto al definitivo, l’opzione è un elemento di una particolare fattispecie a formazione progressiva.


[1] Dottoressa in giurisprudenza con lode presso l’Università degli studi di Napoli Federico II con una tesi di laurea in storia del diritto romano dal titolo: “La constitutio Antoniniana“.

[2] Oltre al contratto preliminare e al patto d’opzione anche la prelazione rientra tra i negozi preparatori. Figure affini sono, altresì, quelle delle minute e puntuazioni, oltre che della prelazione e del negozio di ripetizione. Al di là di queste distinzioni, tuttavia, l’elemento comune che unisce tutte queste manifestazioni dell’autonomia negoziale è che le parti, nell’incedere delle trattative, devono comportarsi secondo buona fede (art. 1337 c.c.), con la conseguenza che ogni comportamento che si discosti da tali negozi preparatori può condurre, se non giustificato, alla responsabilità precontrattuale.

[3] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XVII edizione, Edizioni Scientifiche Italiane, 2015, p. 884.

[4] Poiché il contratto si conclude nell’eventualità in cui l’opzionario decida di esercitare il proprio diritto e per effetto della sua volontà, la dichiarazione del concedente deve già possedere tutti i requisiti di una ordinaria proposta contrattuale e, in particolare, deve rivestire la forma richiesta per il contratto da concludere, contenendone tutti gli elementi essenziali.

[5] F. GAZZONI, op. cit., p. 894.

[6] Cosiddetto obbligo a contrarre di carattere legale, previsto per esempio nei casi di cui agli artt. 2597 c.c. (obbligo legale a contrarre del monopolista) e 1679 c.c. (obbligo a contrarre nei pubblici servizi di linea).

[7] In particolare, l’art. 1351 c.c. disciplina la forma del definitivo a pena di nullità (cosiddetta forma per relationem); l’art. 2645 bis c.c. la trascrizione del preliminare e l’art. 2932 c.c. disciplina i rimedi nel caso in cui resti inadempiuto l’obbligo di contrarre il definitivo.

[8] Tale dissociazione rievoca la scissione tra titulus e modus adquirendi che era propria del diritto romano ed è ancor oggi propria di alcuni ordinamenti, per es.empio quello tedesco, ma che si fa fatica a riconoscere come propria anche del nostro ordinamento in cui vige il principio del consenso traslativo (art. 1376 c.c.). In qualche caso, però, gli effetti del contratto preliminare possono essere piegati per realizzare varianti obbligatorie di contratti ad effetti immediatamente reali; ciò avviene, per esempio nel preliminare di società, nel preliminare di vendita di cosa futura, con riserva della proprietà e di vendita di cosa altrui.

[9] Secondo V. ROPPO, Il contratto, Giuffré, Milano, 2011, p. 611, il meccanismo realizza così una sfasatura degli effetti contrattuali: prima gli effetti obbligatori prodotti dal preliminare e solo dopo gli effetti reali del definitivo cui i primi risultano strumentali.

[10] E’ evidente che, a seconda che si attribuisca rilevanza al profilo causale interno ovvero esterno del definitivo, discenderanno conseguenze diverse in punto di invalidità del preliminare e del definitivo. Infatti, qualora si accordi rilevanza al profilo causale interno, all’invalidità del preliminare seguirà, di necessità, l’invalidità del definitivo; in tal caso, l’invalidità del preliminare consisterà nel venir meno della giustificazione causale dello spostamento patrimoniale che legittimerà allora la ripetizione dell’indebito (oggettivo) ex art. 2033 c.c. Viceversa, qualora si attribuisca rilevanza al profilo causale esterno, ritenendo il definitivo un autonomo negozio, l’invalidità del preliminare non comporterà necessariamente l’invalidità del definitivo qualora esso sia stato validamente concluso.

[11] Cass. Sez. II Civ., 30 aprile 2013 n. 10209 ha chiarito che, qualora al contratto preliminare segua la stipula del definitivo, il contratto preliminare resterà superato dal definitivo, unica fonte dei diritti ed obblighi nascenti in capo alle parti, salvo diverso espresso accordo , altrimenti il definitivo assurgerebbe a mera ripetizione del preliminare, con ingiustificabile limite all’autonomia negoziale. Secondo la Corte, infatti, “le disposizioni contenute nel contatto preliminare restano superate da quelle previste nel definitivo, determinando il preliminare il mero obbligo reciproco tra le parti della stipulazione del successivo negozio, salvo diverso espresso accordo dei contraenti“. La Corte, dunque, espressamente ripudia quell’orientamento che vede la stipula del definitivo come l’adempimento delle obbligazioni assunte con il preliminare, in quanto il definitivo “assurgerebbe a mera ripetizione del preliminare, ponendosi in tal modo un limite ingiustificato all’autonomia privata“.

[12] M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto civile, II edizione, Giappichelli Editore, 2016 p. 504; in tal senso anche M. FRATINI, Compendio di diritto civile, III edizione, Nel diritto editore, 2015-2016, p. 488.

[13] Oltre ai tradizionali rimedi della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno.

[14] In particolare, occorre risolvere innanzitutto il problema della efficacia reale o solo obbligatoria dell’opzione. La tesi prevalente in dottrina propende per la natura solo obbligatoria del contratto d’opzione, il quale vincola il contraente ma non è opponibile a terzi che abbiano eventualmente acquistato dal concedente in contrasto col diritto dell’opzionario. In questi casi, pertanto, l’unico rimedio esperibile dall’opzionario è l’azione di risarcimento del danno per inadempimento. Sul punto si rinvia a M. FRATINI, op. cit., p. 488.


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Dottoressa in giurisprudenza con lode presso l'università degli studi di Napoli Federico II con tesi di laurea in storia del diritto romano dal titolo: "La Constitutio Antoniniana". Ha svolto con esito incondizionatamente positivo il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso gli Uffici Giudiziari di Napoli ed è iscritta al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli come praticante, svolgendo la pratica forense principalmente nel settore del diritto civile. Attualmente svolge uno stage all'interno della Segreteria Tecnica dell'Arbitro Bancario e Finanziario - Collegio Territoriale di Napoli.

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