Pactum fiduciae, trust e vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c.
Il negozio indiretto si configura quando si utilizza un tipo negoziale, già previsto dalla legge, per conseguire un risultato ulteriore e diverso da quello proprio del tipo stesso : si pensi alla stipula del contratto di mandato in virtù del quale il mandatario riceve l’incarico di alienare, senza obbligo di rendiconto, un immobile del mandante con il quale intercorre un preesistente rapporto giuridico obbligatorio di credito – debito.
Pertanto, é ravvisabile una causa concreta di garanzia che é la ragione pratica dell’affare e rende nullo il contratto a mente del combinato disposto degli artt. 1344 e 2744 c.c. : difatti, si ricorre al mandato che é un contratto tipico, in sé lecito, per realizzare un fine illecito quale é l’elusione del divieto di patto commissorio, ossia una frode alla legge della quale si rispetta la lettera, ma si tradisce lo spirito, riprendendo le parole del giureconsulto Paolo.
Parimenti ha un’illecita causa concreta di garanzia la vendita fiduciaria conclusa secondo lo schema della fiducia cum creditore, alienando il fiduciante al fiduciario un bene con l’intesa che questo dovrà essere ritrasferito, non appena il debito verso il fiduciario stesso sarà estinto.
Al contrario, é perfettamente lecita la fiducia cum amico la quale ricorre in occasione della stipula di una vendita cui accede un pactum fiduciae che da un lato obbliga il fiduciante ad alienare al fiduciario la proprietà di uno o più beni e, dall’altro, il suddetto fiduciario a ritrasferire i beni alla controparte, scaduto il termine del contratto.
Trattasi, allora, di una vendita fiduciaria, inquadrabile nell’alveo del negozio indiretto, atteso che la funzione economico – sociale o causa astratta della vendita é di realizzare lo scambio di una res verso una somma di denaro, ma nel caso specifico il risultato cui si ambisce, estraneo alla vendita stessa, é il ritrasferimento dei beni dall’alienatario all’alienante.
Vi é, allora, la combinazione di due effetti, l’uno reale e l’altro obbligatorio : agli occhi dei terzi, il fiduciario é il nuovo dominus dei beni a lui attribuiti, ma costui, allo stesso tempo, é tenuto a ritrasferirli al fiduciante che, all’occorrenza, potrà domandare ed ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.
D’altra parte, se la restituzione é impossibile poiché le res sono state frattanto aggredite con azioni esecutive dai creditori personali del fiduciario, questi potrà essere condannato solo al risarcimento del danno patito dal fiduciante cui, invece, é precluso il riscatto dei beni nei confronti di terzi, teoricamente possibile solo aderendo ad un modello di fiducia germanistica, del tutto estraneo alla tradizione giuridica italiana.
La particolarità, quindi, é che i beni alienati al fiduciario rientrano nel patrimonio aggredibile dai suoi creditori, quindi nella garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740, co. 1 c.c. ai sensi del quale il debitore risponde delle obbligazioni contratte con tutti i suoi beni, presenti e futuri, ragion per cui é da escludere che il pactum fiduciae possa annoverarsi tra le limitazioni, legalmente ammesse, alla predetta garanzia in base al secondo comma del medesimo articolo.
Una di queste limitazioni, invece, é certamente il trust con il quale, ad opera della legge n. 364/1989 di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente o settlor – con atto inter vivos o mortis causa – ponendo dei beni sotto il controllo di un trustee e nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.
In sintesi, il settlor incarica il trustee di gestire i beni del trust in favore di un terzo ed é questa la prima differenza rispetto alla vendita fiduciaria : difatti, se il fiduciario si obbliga verso il fiduciante, il trustee, viceversa, si impegna nei confronti del beneficiario.
Tuttavia, l’autentico elemento di differenziazione risiede nella intangibilità dei beni del trust, non escutibili dai creditori particolari del trustee, se non in relazione a debiti che costui ha contratto nell’ambito della sua attività di gestione dei beni del trust in oggetto.
Questo, peraltro, é un aspetto che accomuna il trust da una parte e, dall’altra, il negozio di destinazione concluso ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.
La peculiarità di tale negozio é senza dubbio la atipicità, a dispetto di fondo patrimoniale, patrimonio societario destinato ad uno specifico affare e trust che, invece, sono tipizzati dalla legge a livello contenutistico.
D’altro canto, se in base al predetto articolo un bene immobile ovvero un bene mobile registrato viene indirizzato dal disponente al perseguimento di un interesse meritevole di tutela ex art. 1322, co. 2 c.c. e facente capo ad una P.A., ad altro ente o ad una persona fisica, proprio la meritevolezza di questo interesse a livello sociale rende possibile una deroga al principio della par condicio creditorum, sottraendo agli atti esecutivi dei creditori particolari del conferente il bene di cui sopra, aggredibile, come nel trust, esclusivamente in ordine a debiti contratti nell’attività gestoria.
Vi sono comunque importanti differenze tra i due istituti.
In primis, ferma restando la facoltà di trascrizione, si prevede che il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. debba essere costituito con atto pubblico e, in secundis, che abbia una durata massima non superiore a 90 anni ovvero circoscritta alla vita del beneficiario, quando questi é una persona fisica, anziché un ente immateriale pubblico o privato.
Da ultimo, vi é la atipicità e, a tal proposito, mentre nel trust la disciplina normativa parla genericamente di un “interesse del beneficiario”, l’art. 2645-ter c.c. rinvia expressis verbis all’art. 1322, co. 2 c.c., ragion per cui é evidente che il fine perseguito dal conferente debba essere socialmente apprezzabile e compatibile con i diritti fondamentali della persona.
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Jacopo Bracciale
Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.